Card. Sandri: san Giovanni d’Acri esempio da seguire

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Lucantonio Falcone nacque ad Acri il 19 ottobre 1669 e fu istruito alla vita religiosa dallo zio prete dopo vari tentennamenti, esercitò la professione dei consigli evangelici, mediante voti accolti dalla Chiesa: “Io frate Angelo d’Acri, chierico cappuccino che nel secolo mi chiamavo Luca Antonio Falcone, colla presente dichiaro e faccio fede, qualmente oggi 12 novembre 1691 ad ore 18 ho finito l’anno di Probazione, essendo stato un anno intero continuo, così ho fatta la solenne Professione nelle mani del p. Giovanni d’Orsomarso maestro dei novizi”.

Il 18 dicembre 1694 nella cattedrale di Cosenza fu ordinato diacono e destinato alla predicazione e il 10 aprile 1700 fu ordinato sacerdote nella cattedrale di Cassano allo Ionio. La sua opera di divulgazione del Vangelo fu colta ma svolta con semplicità per il linguaggio comprensibile a tutti, predicando in quasi tutta l’Italia meridionale: a Salerno, Napoli, Montecassino e in quasi tutte le città o paesi di Calabria quali Cosenza, Catanzaro, Taranto, Reggio Calabria e Messina.

Si schierò dalla parte dei deboli contro gli abusi e le prepotenze dei potenti, castigando la corruzione del suo tempo e denunciando con passione e accanimento le ingiustizie sociali. E’ stato canonizzato da papa Francesco il 15 ottobre 2017 e la festa è ricorsa il 30 ottobre, la cui solennità è stata presieduta dal card. Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, alla presenza del vescovo eparchiale di Lungro, mons. Donato Oliverio, e molti fedeli, tra i quali il giovane che ottenne la guarigione nel 2010 per intercessione del santo, miracolo che ha portato alla canonizzazione.

Nell’omelia il pensiero del prefetto subito è ricorso alla Terra Santa per la coincidenza delle città: “Quel Gesù, la cui passione, morte e Resurrezione tanto hanno rapito il cuore di Sant’Angelo e hanno animato le sue parole durante l’instancabile predicazione di cui egli fu capace per ben trentotto anni. Spesso al termine delle missioni popolari egli amava costruire dei piccoli Calvari o innalzare delle Croci, perché all’interno dei paesi e delle comunità fosse ben piantato il segno dell’Amore di Dio e l’uomo sapesse di non essere solo, ma redento e rinnovato”.

Riprendendo le letture della festa ha ricordato il suo fervente amore per la Parola: “Le letture che sono state proclamate ci aiutano a leggere l’esistenza di sant’Angelo a partire dalla Parola e dallo sguardo del Signore. Il libro del profeta Isaia, nello stesso brano che Gesù proclamerà nella sinagoga di Nazareth, ci fa contemplare la missione ricevuta dal Signore: è l’iniziativa di Dio grazie al dono del Suo Spirito che costituisce l’uomo suo annunciatore.

Il contenuto di questo annuncio è riconoscibile nei segni che lo accompagnano: la libertà dei prigionieri, la vista ai ciechi, la gioia degli afflitti. Talora essi possono essere veri e propri miracoli, che i nostri sensi esteriori possono cogliere, e dobbiamo essere riconoscenti, ma molto più spesso sono indice di un cambiamento interiore, come pure è stata la predicazione di sant’Angelo”.

Infatti il santo di Acri ha sempre cercato il senso della vita: “Il predicatore però, stiamo bene attenti, è un uomo, un credente, che per primo è stato raggiunto dalla parola del Signore, e si è messo in cammino: non è nato santo, non era già al traguardo all’inizio del suo percorso.

Anche sant’Angelo infatti è stato uno che si è messo in cerca del Signore, e ha scoperto quanto Lui era vicino al suo cammino, come a quello di ogni uomo: è quanto abbiamo ripetuto nel salmo ‘Il Signore è vicino a chi lo cerca!’… Il santo patrono che oggi celebriamo in questa bella basilica ha attraversato la notte dei dubbi e dei ripensamenti, giungendo ad uscire dal convento per ben due volte prima della solenne professione, e anche all’inizio della sua predicazione ha assaggiato l’amarezza del fallimento.

Ma la sublimità dell’amore del Signore ha vinto le sue resistenze, gli ha fatto comprendere che la sua missione non sarebbe stata fruttuosa perché fondata sulla sua sapienza umana o sulla sua bravura e talento, ma soltanto sulla forza che emana dal Crocifisso”.

Ed al termine dell’omelia ha invitato i fedeli a seguire le sue ‘orme’ nel ricordo dei cristiani perseguitati, fra cui Asia Bibi, appena liberata: “Non possiamo essere qui a venerare sant’Angelo, a chiedere al Signore delle grazie tramite la sua intercessione, ma non seguire le sue orme: non possiamo permetterci di vivere la nostra fede che è cristiana nel nome, ma pagana nei fatti.

Questo accade quando ci dimentichiamo di quanto ci ha detto Gesù nel Vangelo: ‘non vi chiamo più servi, ma amici’, quando seguiamo un Dio padrone anziché il Padre rivelatoci da Gesù. Per Lui e solo per Lui vale la pena metterci in cammino, lasciandoci conquistare come sant’Angelo, senza temere anche il mistero della Croce e del dolore, se vissuti insieme a Cristo, sull’esempio di tanti nostri fratelli e sorelle, specie nel Medio Oriente, ma non voglio dimenticare per esempio Asia Bibi, prigioniera da anni in Pakistan per il nome di Gesù, che in carcere pur invocando la giustizia e la verità, ha già perdonato i suoi accusatori e coloro che la tengono prigioniera”.

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