Desirèe, vittima di un cuore assente

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Dove può arrivare la disperazione di un padre quando vede sua figlia, di appena sedici anni, uccisa e violentata? Un dolore e una disperazione infiniti. E più ancora che per la figlia morta per l’indifferenza e l’assenza di chi poteva aiutare tutti e due, padre e figlia, a farla finita con le sostanze della morte.

Non è il caso, ora, di fare i perbenisti e dire che quel padre la morte di sua figlia se l’è cercata. Non basta a farci stare con tutto noi stessi davanti a questo dramma e a non scappare, perché la tentazione di scappare e di sentirci così fuori dal gioco è sempre in agguato.
Non è la solita retorica del sentirsi responsabili di fronte a queste morti assurde e innocenti.

E neppure la retorica sempre ricorrente del cercare il capro espiatorio. Ce l’abbiamo ancora dentro il dramma di Pamela, la ragazza romana uccisa a Macerata e fatta a pezzi. Ora con Desirèe pare che questa furia di morte non si sia fermata. Dicevo che non è la solita retorica del sentirsi responsabili; è molto, molto di più e ci fa aprire gli occhi su una realtà che, se non siamo pronti ad affrontare da adulti, prima o poi ci sommergerà, se non ci sta sommergendo già fin da ora.

Cosa manca a noi adulti di oggi? Dove stiamo sbagliando?
Non vorrei che qualcuno tirasse fuori la questione della precarietà della vita che costringe tanti padri e madri a vendersi alla morte pur di sopravvivere. Sarebbe ancora più orribile tutto questo perché sarebbe il sintomo non di un semplice errore ma di una mentalità che tende a giustificare chi non ce la fa.

Gli uomini hanno vissuto tragedie più grandi di queste ma sono stati capaci di farvi fronte perché più maturi, più consapevoli. Consapevoli di che cosa? Consapevoli che la vita non presenta mai il destino su un piatto d’argento ma lo affida alla nostra libertà, a una libertà che sa spendersi e consumarsi per quello che vale e lo sa conquistare. Era così tanti anni fa per tanti nostri nonni che hanno affrontato la tragedia delle due terribili guerre mondiali.

E allora ritorniamo alla domanda: che cosa manca a noi adulti di oggi?
Manca la capacità di riflettere sulla durezza della vita, una capacità che ci è stata man mano sottratta dal benessere e dal mito del progresso e ora da quello dei soldi a tutti i costi, e ci ha fatto credere che quelli e solo quelli potevano salvarci e risolvere tutti i nostri problemi.

Adesso però la vita ci presenta il conto e ci chiede come e per che cosa l’abbiamo spesa. E vediamo che i conti non tornano. Non solo, ma ci mette davanti un carro pieno di adolescenti morti e di tanto cinismo. Abbiamo bisogno di guardare e abbracciare le crepe della vita perché da esse può penetrare una luce che le dia speranza. E questo non possiamo farlo da soli, ma affidandoci a chi già questo lo fa e sa vivere intensamente la vita.

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