Rapporto Italiani nel mondo 2018: sempre più italiani in fuga all’estero

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E’ stato presentato a Roma la XIII edizione del ‘Rapporto Italiani nel mondo’, promosso dalla Fondazione Migrantes. Il Rapporto è l’unica pubblicazione, edita in Italia, che studia la mobilità degli italiani e rappresenta un ulteriore segno dell’impegno della Chiesa italiana per l’emigrazione. Infatti sono circa 500 i sacerdoti italiani al fianco degli italiani che vivono all’estero insieme alle religiose, ai religiosi e ai laici impegnati perché evangelizzazione e promozione umana continuino a essere binomio inscindibile anche nel sevizio degli emigrati.

Nei numeri il Rapporto della Fondazione Migrantes (Cei) certifica che aumentano gli over 50 che lasciano l’Italia in cerca di lavoro mentre sale il numero di pensionati che scelgono di trascorrere la vecchiaia in Paesi fiscalmente e meteorologicamente vantaggiosi come Portogallo, Thailandia, Cuba, o negli Stati del Maghreb.

Intervenendo alla presentazione mons. Guerino Di Tora, presidente di Migrantes, ha sottolineato che sulla realtà migratoria l’informazione appare ‘distorta’ e ‘fuorviante’: “In 13 anni sono cambiate tante cose e in peggio, sul tema della mobilità: parlo dell’immigrazione in Italia e dell’emigrazione dall’Italia. Siamo abituati a vedere le carrette del mare dall’Africa dimenticando che l’Italia agli inizi del ‘900 era luogo di partenza verso la Francia, il Belgio, gli Usa e l’Argentina.

Il nostro è sempre è stato un Paese di emigrati, con tutti gli aspetti positivi e negativi che questo comporta. Abbiamo in assoluto un rapporto distorto con il tema della mobilità: basti pensare che passiamo mediamente meno di due minuti al giorno sui siti d’informazione, da quel che risulta dai dati audiweb, mentre sui social media il tempo è addirittura di pochi secondi con utenti che commentano un articolo avendo letto soltanto il titolo. Viviamo nel tempo della ‘malinformazione’ che è una semplificazione della realtà, con una lettura emotiva che costruisce una realtà altra e distante da ciò che è vero”.

Dal documento emergono diversi dati: dai 422 italiani in Australia portati in centri di detenzione per immigrati irregolari negli ultimi sette anni, all’aumento degli italiani tra senzatetto e persone con problemi psichiatrici a Londra, dalla crescita del numero di studenti di lingua cinese già durante le superiori al crollo del Regno Unito del dopo Brexit tra le mete scelte per l’emigrazione (la Germania torna ad essere invece la prima scelta).

Molto interessante, quale strumento per fotografare l’attualità dell’emigrazione italiana, è la sezione dedicata alle indagini. Si parte dagli italiani a Valencia, con un picco di iscrizioni anagrafiche nel 2007 e nel 2015: una buona città per mettere su un’attività in proprio ma anche ottima per la vicinanza e per ragioni connesse alla mobilità sostenibile, alla qualità dei servizi pubblici, e alla massiccia presenza di aree verdi.

Di segno opposto è l’esperienza di alcuni italiani che hanno cercato di realizzare i propri sogni a Londra, ma ora dormono in strada. Dal 2015 al 2018 la presenza di emigrati italiani segue quella di rumeni, polacchi, indiani e lituani. Waterloo Bridge, Marble Arch e l’Hyde Park Corner sono solo alcuni dei punti in cui è possibile incontrare un centinaio d’italiani in stato di povertà, tra le migliaia di persone senza fissa dimora sparse per i quartieri londinesi.

Più tragica è l’esperienza di molti italiani in Australia (per lo più a Sydney e Melbourne), dove il Migration Act del 1958 prevede che tutti i cittadini non australiani illegalmente presenti sul territorio nazionale siano detenuti e successivamente espulsi. Inoltre nel rapporto si legge che dal 2006 al 2018 la mobilità italiana è aumentata del 64,7% passando, in valore assoluto, da poco più di 3.100.000 di iscritti all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (Aire) a più di 5.100.000, con un aumento di oltre 140.000 unità (variazione 2,7% rispetto al 2017).

Soffermandosi alla sola percentuale per espatrio (52,8%), si tratta in valore assoluto di 128.193 italiani partiti dall’Italia nel corso del 2017 spostando la loro residenza fuori dei confini nazionali. Le partenze, in questo ultimo anno, sono state generalmente più contenute in valore assoluto, ma resta un trend che merita attenzione e analisi in quanto, se nell’ultimo anno la crescita è stata del +3,3%, considerando gli ultimi tre anni la percentuale sale a +19,2% e per l’ultimo quinquennio addirittura a +36,2%.

A partire sono sicuramente i giovani (37,4%) e i giovani adulti (25,0%), ma le crescite più sostanziose si notano dai 50 anni in su: un fenomeno che Migrantes ha identificato come la risposta alle necessità di provvedere alla precarietà lavorativa di italiani over 50 rimasti disoccupati e soprattutto privi di prospettive in patria.

Inoltre i pensionati scelgono mete come Marocco, Thailandia, Spagna, Portogallo, Tunisia, Santo Domingo, Cuba, Romania, che sono luoghi in cui la vita è climaticamente piacevole, dove è possibile fare una vita più che dignitosa (affitto, bolletta, spesa alimentare) e dove a volte con il costo delle assicurazioni sanitarie private si riesce a curarsi (o almeno a incontrare un medico specialista rispetto al problema di salute avvertito) molto più che in Italia.

In generale, gli italiani partiti da gennaio a dicembre 2017 sono andati in 193 località del mondo di ciascuna realtà continentale ma soprattutto in Europa (70%) e in America (22,2%) e, più nel dettaglio, nel Sudamerica (14,7%). Tra le mete dell’America Latina, entro le prime dieci posizioni, vi sono il Brasile (9.016) e l’Argentina (5.458), rispettivamente in quinta e ottava posizione. La Germania (20.007) torna ad essere, quest’anno, la destinazione preferita distanziando, di molto, il Regno Unito (18.517), la Francia (12.870).

Per quanto riguarda i ragazzi, il Rapporto ha rilevato che i genitori dei giovani espatriati manifestano aspettative eterogenee rispetto al ritorno dei figli, in quanto la maggioranza dei genitori non augura loro di tornare, soprattutto nel breve periodo, rinunciando così all’aspettativa di una prossimità spaziale e di una convivenza diretta che non esclude, tuttavia, momenti di temporaneo ricongiungimento.

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