Papa Francesco agli anziani: raccontate ai giovani la speranza

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I giovani hanno partecipato insieme a papa Francesco nell’aula dell’Augustinianum di Roma alla presentazione di un libro che è una raccolta di voci si anziani che ‘dialogano’ con il papa: come di fa ad essere felici in un mondo di plastica?  A questa domanda di Federica Ancona il papa ha risposto:

“Su questo mi viene di dirti un gesto, un gesto per spiegare quello che voglio dirti con la mia risposta. Il gesto è questo: la mano tesa e aperta. La mano della competizione è chiusa e prende: sempre prendere, accumulare, tante volte a caro prezzo, a costo di annientare gli altri, per esempio, a costo del disprezzo altrui ma… questa è la competizione! Il gesto dell’anti-competizione è questo: aprirsi.

E aprirsi in cammino. La competizione generalmente è ferma: fa i suoi calcoli, tante volte incoscientemente, ma è ferma, non si mette in gioco; fa dei calcoli, ma non si mette in gioco. Invece, la maturazione della personalità avviene sempre in cammino, si mette in gioco. Per dirlo con un’espressione comune: si sporca le mani.

Perché? Perché ha la mano tesa per salutare, per abbracciare, per ricevere. E questo mi fa pensare a quello che dicono i santi, anche Gesù: ‘C’è più gioia nel dare che nel ricevere’. Contro questa cultura che annienta i sentimenti, c’è il servizio, servire”.

Ed ha invitato a rischiare la profezia, che è cultura del servizio: “Se tu nella vita non rischi, mai, mai sarai matura, mai dirai una profezia, avrai soltanto l’illusione di accumulare per essere sicura. E’ una cultura dello scarto, ma per coloro che non si sentono scartati è la cultura dell’assicurazione: avere tutte le assicurazioni possibili per essere a posto.

E mi viene in mente quella parabola di Gesù: l’uomo ricco che aveva avuto un raccolto così grande che non sapeva dove mettere il grano… La cultura della competizione non guarda mai la fine; guarda il fine che si è proposto nel suo cuore: arrivare, arrampicando, in ogni modo, ma sempre calpestando teste. Invece la cultura del convivere, della fraternità è una cultura del servizio, una cultura che si apre e si sporca le mani”.

Però il papa non ha risposte solo per i giovani, ma anche per i nonni, come Tony and Grace Naudi (71 e 65 anni), che hanno chiesto come trasmettere la fede ai nipoti: “La fede va trasmessa sempre in dialetto: il dialetto di casa. E anche il dialetto dell’amicizia, della vicinanza, ma sempre in dialetto.

Lei non può trasmettere la fede con il Catechismo: ‘leggi il Catechismo e avrai la fede’. No. Perché la fede non sono soltanto i contenuti, c’è il modo di vivere, di valutare, di gioire, di rattristarsi, di piangere…: è tutta una vita che porta lì… All’inizio voi avete trasmesso la fede, ma poi si vive, e il mondo fa delle proposte che entusiasmano i figli nella loro crescita, e tanti si allontanano dalla fede perché fanno una scelta, non sempre cattiva, ma tante volte inconsapevole, tra i valori, sentono delle ideologie più moderne e si allontanano”.

E li ha tranquillizzati chiedendo loro di fornire la testimonianza ai nipoti: “Ho voluto soffermarmi su questa descrizione della trasmissione della fede per dire il mio parere. La prima cosa è non spaventarsi, non perdere la pace… Tranquilli. Mai cercare di convincere, perché la fede, come la Chiesa, non cresce per proselitismo, cresce per attrazione (questa è una frase di Benedetto XVI) cioè per testimonianza. Ascoltarli, accoglierli bene, i nipotini, i figli, accompagnarli in silenzio… E sempre la testimonianza ‘in dialetto’, cioè con quelle carezze che loro capiscono”.

Mentre Fiorella Bacherini, reduce di guerra, ha chiesto con quale stile fare accoglienza ed il papa ha risposto partendo da un pensiero di Einstein: “L’Europa è stata fatta dai migranti, tante correnti migratorie nei secoli hanno fatto l’Europa di oggi, le culture si sono mischiate. E l’Europa sa bene che nei momenti brutti altri Paesi, dell’America, per esempio, sia del Nord che del Sud, hanno accolto i migranti europei, sa cosa significa questo.

Noi dobbiamo riprendere, prima di esprimere un giudizio sul problema delle migrazioni, riprendere la nostra storia europea. Io sono figlio di un migrante che è andato in Argentina, e tanti, in America, tanti hanno un cognome italiano, sono migranti. Accolti con il cuore e con le porte aperte. Ma la chiusura è l’inizio del suicidio…

La Svezia è stata un esempio da più di 40 anni, in questo. Io l’ho vissuto da vicino: quanti argentini e uruguayani, al tempo delle nostre dittature militari, sono stati rifugiati in Svezia. E subito li hanno integrati, subito. Scuola, lavoro… Ma, per favore, non seminare odio. E oggi, io chiederei per favore a tutti di guardare il nuovo cimitero europeo: si chiama Mediterraneo, si chiama Egeo”.

L’ultima domanda è stata fatta dal regista Martin Scorsese, che ha chiesto in quale modo gli anziani possano essere guide ai giovani: “Poi, condividere l’esperienza, e torno a parlare del dialetto e dell’empatia. Condividere l’esperienza con empatia, con i giovani: non si può avere una conversazione con un giovane senza empatia…

E poi, la vicinanza. La vicinanza fa miracoli. La nonviolenza, la mitezza, la tenerezza: queste virtù umane che sembrano piccole ma sono capaci di superare i conflitti più difficili, più brutti. Vicinanza, come Lei forse da bambino si è avvicinato a questa gente con tante sofferenze, e forse da lì ha incominciato a prendere la saggezza che oggi ci fa vedere nei Suoi film.

Vicinanza a coloro che soffrono. Non avere paura. Vicinanza ai problemi. E vicinanza tra giovani e anziani. Sono poche cose: mitezza, tenerezza, vicinanza. E così si trasmette un’esperienza e si fa maturare. I giovani, noi stessi e l’umanità”.

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