In Lettonia papa Francesco invita a scommettere sull’accoglienza

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“Cari fratelli e sorelle, al termine di questa celebrazione, ringrazio il vostro Vescovo per le parole che mi ha rivolto. E voglio dire grazie di cuore a tutti coloro che in diversi modi hanno collaborato per questa visita. In particolare, esprimo viva riconoscenza al Presidente della Repubblica e alle Autorità del Paese per la loro accoglienza. Offro in dono alla Santa Madre di Dio, in questa ‘Terra Mariana’, una speciale corona del Rosario: la Vergine vi protegga e vi accompagni sempre”.

Con queste parole papa Francesco ha salutato il popolo lettone, che lo ha accolto con grande entusiasmo, come ha detto mons. Janis Bulis,vescovo di Rēzekne-Aglona e presidente della Conferenza episcopale lettone: “La Sua visita capita nel 100° anniversario dell’indipendenza del Paese. Il cammino del nostro popolo è stato un cammino molto difficile.

Pur essendo stati privi di libertà, siamo rimasti fedeli alla nostra fede cristiana. E’ stato per noi un grande onore e un’immensa gioia poterLa accogliere. Grazie per essere venuto, per aver visitato il popolo dei fedeli, per averci incoraggiato a guardare al futuro con speranza e per averci avvicinato a Dio”.

Una giornata trascorsa dal papa in Lettonia con molti incontri e conclusasi con la celebrazione eucaristica nella grande piazza del Santuario Internazionale della Madre di Dio, in cui ha sottolineato la fermezza della Madre di Dio nello stare ai piedi della croce:

“Con loro c’è anche la Madre, inchiodata sulla croce dell’incomprensione e della sofferenza. Maria ci mostra anche un modo di stare accanto a queste realtà; non è fare una passeggiata o una breve visita, e nemmeno è un ‘turismo solidale’. Occorre che coloro che patiscono una realtà di dolore ci sentano al loro fianco e dalla loro parte, in modo fermo, stabile; tutti gli scartati della società possono fare esperienza di questa Madre delicatamente vicina, perché in chi soffre permangono le piaghe aperte del suo Figlio Gesù.

Lei lo ha imparato ai piedi della croce. Anche noi siamo chiamati a ‘toccare’ la sofferenza degli altri. Andiamo incontro alla nostra gente per consolarla e accompagnarla; non abbiamo paura di sperimentare la forza della tenerezza e di coinvolgerci e complicarci la vita per gli
altri”.

Ed ha ricordato il martirio di mons. Sloskans sull’esempio di Maria: “Maria e i discepoli di queste terre ci invitano ad accogliere, a scommettere di nuovo sul fratello, sulla fraternità universale. Ma Maria si mostra anche come la donna che si lascia accogliere, che accetta umilmente di diventare parte delle cose del discepolo.

In quel matrimonio che era rimasto senza vino, col pericolo di finire pieno di riti ma arido di amore e gioia, fu lei a ordinare che facessero quello che Lui avrebbe detto loro. Ora, come discepola obbediente, si lascia accogliere, si trasferisce, si adatta al ritmo del più giovane”.

E nella cattedrale di san Giacomo a Riga il papa ha ricordato l’epistola dell’apostolo sulla costanza cristiana: “Vi incoraggio ad essere anche voi, in seno alle vostre famiglie e alla vostra patria, esempio di entrambi questi atteggiamenti: sopportazione e speranza, tutt’e due impregnate di pazienza.

Così continuerete a costruire il vostro popolo. Voi, che avete attraversato molte stagioni, siete testimonianza viva di costanza nelle avversità, ma anche del dono della profezia, che ricorda alle giovani generazioni che la cura e la protezione di quelli che ci hanno preceduto sono gradite e apprezzate da Dio, e che gridano a Dio quando sono disattese. Voi che avete attraversato molte stagioni, non dimenticatevi che siete radici di un popolo, radici di giovani germogli che devono fiorire e portare frutto; difendete queste radici, mantenetele vive perché i bambini e i giovani si innestino lì…”.

Il papa nell’incontro ecumenico ha chiesto unità ai cattolici dalla cattedrale evangelica luterana, partendo dall’armonia musicale: “Se la musica del Vangelo smette di essere eseguita nella nostra vita e si trasforma in una bella partitura del passato, non saprà più rompere le monotonie asfissianti che impediscono di animare la speranza, rendendo così sterili tutti i nostri sforzi.

Se la musica del Vangelo smette di vibrare nelle nostre viscere, avremo perso la gioia che scaturisce dalla compassione, la tenerezza che nasce dalla fiducia, la capacità della riconciliazione che trova la sua fonte nel saperci sempre perdonati-inviati. Se la musica del Vangelo smette di suonare nelle nostre case, nelle nostre piazze, nei luoghi di lavoro, nella politica e nell’economia, avremo spento la melodia che ci provocava a lottare per la dignità di ogni uomo e donna di qualunque provenienza, rinchiudendoci nel ‘mio’, dimenticandoci del ‘nostro’: la casa comune che ci riguarda tutti.

Se la musica del Vangelo smette di suonare, avremo perso i suoni che condurranno la nostra vita al cielo, trincerandoci in uno dei mali peggiori del nostro tempo: la solitudine e l’isolamento. La malattia che nasce in chi non ha alcun legame, e che si può riscontrare negli anziani abbandonati al loro destino, come pure nei giovani senza punti di riferimento e opportunità per il futuro”.

Ed in mattinata, salutando le autorità civili al suo arrivo, papa Francesco aveva ricordato l’indipendenza del Paese: “Sono lieto di sapere che nel cuore delle radici che costituiscono questa terra si trova la Chiesa Cattolica, in un’opera di piena collaborazione con le altre Chiese cristiane, il che è segno di come sia possibile sviluppare una comunione nelle differenze.

Realtà che si verifica quando le persone hanno il coraggio di andare al di là della superficie conflittuale e si guardano nella loro dignità più profonda”.

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