Il papa invita alla gioia della santità

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Il compito più urgente dei pastori è ‘quello della santità’, come ha detto papa Francesco ai vescovi di recente nomina che hanno partecipato al Corso promosso dalla Congregazione per i Vescovi:

“Nella prospettiva della gioia del Vangelo avete cercato di leggere il mistero della vostra identità appena ricevuta in dono da Dio. Avete scelto l’ottica giusta per addentrarvi nel ministero episcopale, per il quale nessun credito possiamo vantare e non ci sono titoli di proprietà o diritti acquisiti.

Abbiamo quasi ‘per caso’ trovato il tesoro della nostra vita e perciò siamo chiamati a vendere tutto per custodire il campo nel quale si nasconde questa inesauribile miniera. E’ necessario quotidianamente riprendere in mano tale prezioso dono, nella sua luce cercare la luce e dal suo volto lasciarsi trasfigurare”.

Papa Francesco ha invitato i vescovi ad ‘una obbedienza selettiva’: “Restare vigili anche quando sparisce la luce, o quando Dio stesso si cela nella tenebra, quando la tentazione di arretrare si insinua e il maligno, che è sempre in agguato, suggerisce sottilmente che ormai l’alba non verrà più.

Proprio allora, di nuovo prostrarsi con il viso a terra, per ascoltare Dio che parla e rinnova la sua promessa mai smentita. E poi rimanere fedeli anche quando, nel calore del giorno, vengono meno le forze della perseveranza e il risultato della fatica più non dipende delle risorse che abbiamo”.

Ciò è necessario per annunciare Dio al popolo: “E tutto questo non per alimentare la narcisistica pretesa di essere essenziali, ma per rendere il Padre propizio al vostro Popolo. Dio è già a favore dell’uomo. Il suo divino essere, che poteva anche esistere senza di noi, nel suo Figlio Gesù si rivela per noi.

In Lui, si offre la paternità di Dio che mai si rassegna; in Lui conosciamo il cuore divino che nulla e nessuno dà per perduto. E’ questo il messaggio che i fedeli hanno diritto di trovare sulle vostre labbra, nei vostri cuori e nella vostra vita”.

Ed ha invitato alla perseveranza dell’amore: “Non lasciatevi tentare da racconti di catastrofi o profezie di sciagure, perché quello che conta veramente è perseverare impedendo che si raffreddi l’amore e tenere alto e levato il capo verso il Signore, perché la Chiesa non è nostra, è di Dio! Lui c’era prima di noi e ci sarà dopo di noi!

Il destino della Chiesa, del piccolo gregge, è vittoriosamente nascosto nella croce del Figlio di Dio. I nostri nomi sono scolpiti nel suo cuore, scolpiti nel suo cuore!; la nostra sorte è nelle sue mani. Pertanto, non spendete le vostre migliori energie per contabilizzare fallimenti e rinfacciare amarezze, lasciandovi rimpiccolire il cuore e rattrappire gli orizzonti.

Cristo sia la vostra gioia, il Vangelo sia il vostro nutrimento. Tenete fisso il vostro sguardo solo sul Signore Gesù e, abituandovi alla sua luce, sappiate cercarla incessantemente anche dove essa si rifrange, sia pure attraverso umili bagliori”.

Ed infine li ha invitati a stare nelle Chiese: “Perciò vi raccomando di non vergognarvi della carne delle vostre Chiese. Entrate in dialogo con le loro domande. Vi raccomando una particolare attenzione al clero e ai seminari. Non possiamo rispondere alle sfide che abbiamo nei loro confronti senza aggiornare i nostri processi di selezione, accompagnamento, valutazione.

Ma le nostre risposte saranno prive di futuro se non raggiungeranno la voragine spirituale che, in non pochi casi, ha permesso scandalose debolezze, se non metteranno a nudo il vuoto esistenziale che esse hanno alimentato, se non riveleranno perché mai Dio è stato così reso muto, così messo a tacere, così rimosso da un certo modo di vivere, come se non ci fosse”.

Questi principi sono stati sottolineati anche nell’incontro con il clero a Palermo nel ricordo del beato Puglisi: “Il sacerdote è uomo di Dio 24 ore su 24, non uomo del sacro quando indossa i paramenti. La liturgia sia per voi vita, non rimanga rito. Per questo è fondamentale pregare Colui di cui parliamo, nutrirci della Parola che predichiamo, adorare il Pane che consacriamo, e farlo ogni giorno.

Preghiera, Parola, Pane; padre Pino Puglisi, detto ‘3P’, ci aiuti a ricordare queste tre ‘P’ essenziali per ciascun prete ogni giorno, essenziali per tutti i consacrati e consacrate ogni giorno: preghiera, Parola, Pane. Uomo del perdono, sacerdote che dà il perdono, cioè uomo di misericordia e questo specialmente nel confessionale, nel sacramento della Riconciliazione…

Credo che su questo punto della Confessione dobbiamo convertirci tanto: ricevere i penitenti con misericordia, senza scavare l’anima, senza fare della Confessione una visita psichiatrica, senza fare della Confessione un’indagine da detective per indagare. Perdono, cuore grande, misericordia”.

Ed infine il sacerdote deve accompagnare: “Accompagnare è la chiave di volta dell’essere pastori oggi. C’è bisogno di ministri che incarnino la vicinanza del Buon Pastore, di preti che siano icone viventi di prossimità. Questa parola bisogna sottolinearla: ‘prossimità’, perché è quello che ha fatto Dio. Prima lo ha fatto con il suo popolo”.

Prima del congedo li ha invitati a stare con i giovani attraverso la pazienza: “Prossimità, bisogna riprendere questa parola. Poveri di beni e di proclami, ricchi di relazione e di comprensione. Pensiamo ancora a don Puglisi che, più che parlare di giovani, parlava coi giovani.

Stare con loro, seguirli, far scaturire insieme a loro le domande più vere e le risposte più belle. E’ una missione che nasce dalla pazienza, dall’ascolto accogliente, dall’avere un cuore di padre, cuore di madre, per le religiose, e mai un cuore di padrone”.

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