Mario Borzaga, un cristiano a ‘tutto tondo’

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E’ arrivato da poco nelle librerie ‘Mario Borzaga. Dirsi tutto, Darsi tutto’ (Effatà Editrice) scritto con grande abilità e passione da Lorenzo Cuffini. All’autore torinese, padre, marito e imprenditore, da qualche anno scrittore, abbiamo posto alcune domande per aiutarci a capire chi sia stato questo cristiano a ‘tutto tondo’.

Chi è stato Mario Borzaga?
“Mario Borzaga è stato un giovane sacerdote trentino, missionario OMI, (Oblati di Maria Immacolata) in Laos, morto in un agguato per mano dei guerriglieri comunisti nel 1960 e proclamato martire a Vientane nel dicembre del 2017. Nato a Trento nel 1932, bruciato fin da giovane dalla passione per l’esperienza missionaria, ci si dedicò con entusiasmo e convinzione, mettendo al suo servizio non solo la propria fede e la propria preparazione, ma anche i doni non da poco che lo caratterizzavano umanamente.

Ottimo e appassionato scrittore, sportivo e pazzo per la montagna, musicista suonatore di pianoforte, con un senso dell’umorismo e della battuta spiccati, personali e originalissimi. A tutti questi ‘numeri’ si potrebbe dire che avesse rinunciato, con la sua partenza per il Laos, in una condizione di isolamento e solitudine crescenti e probabilmente inattese nella loro crudezza.

In realtà non è così, perché se ne trovano ottima e abbondante traccia in tutti i suoi scritti di vario genere, e sopratutto in quella esperienza personale, intima e infuocata che ce lo consegna in tutta immediatezza e sincerità: si tratta del ‘Diario di un uomo felice’, che ci riporta, autentica e intonsa, la sua voce e la sua storia”.

Perché scrivere un libro su questo uomo, su questo credente?
“Non ho voluto scrivere una biografia di Mario. Volutamente. Il suo Diario parla abbondantemente per lui. Poi sono un poco allergico alle ‘storie dei santi’ in quanto tali, perché il rischio di sconfinare nel celebrativo e nel devozionale, è altissimo. Il che andrebbe anche bene, se non fosse che il pericolo è quello di fare del santo un santino, di una persona a tutto tondo una immaginetta, insomma di allontanare da noi, magari per collocarlo nell’alto di un altare, una figura che è come me e te, come tutti quelli che le si accostano.

In fondo, col nostro dire di noi ‘ io son mica un santo!’ noi diciamo una mezza verità soltanto: l’altra è che certamente non lo siamo, ma potremmo benissimo esserlo, dal momento che tanti, tantissimi altri, fatti esattamente come noi, lo sono stati. Con la vicenda di Mario sotto il naso, e raccontata come la racconta lui, parlare di questo risulta particolarmente facile, i paragoni ( i richiami, i parallelismi, le provocazioni) si moltiplicano e saltano fuori spontaneamente.

In fondo, questo librino è come una piccola indagine moderna sulla santità, sul cosa vuol dire essere santo, e, soprattutto, su cosa vuol dire per me essere santo: qui, adesso, senza tante storie. Perché di una cosa possiamo tutti essere certi: questa è una questione che ci riguarda tutti personalmente e da vicinissimo, se cristiani. Anzi, è la questione!”

Quali sono state le tappe fondamentali dell’itinerario esistenziale di Mario Borzaga?
“Riassumendole in estrema sintesi, potremmo dire: la vocazione, la formazione, la missione. Ok: dette così, mi rendo conto che possono sembrare tutto e niente. Troppo generiche e troppo vaste, come tappe. Eppure, se uno entra nell’ottica di Mario, e vede le cose come le ha viste lui, con quel misto di concretezza assoluta e assoluta fede in Gesù Cristo accanto a sé, capisce subito che non c’è nulla di troppo generale, vago o indistinto in esse.

La vocazione, precoce, maturata progressivamente, mai data per scontata, continuamente ecocciutamente ribadita, è una presenza fondamentale e irrinunciabile in Mario Borzaga. Son convinto che avrebbe avuto le utilità per riuscire ottimamente in una mezza dozzina di professioni almeno, eppure, accostandosi a Mario, si ha netta la sensazione che lui era di Cristo, e basta. In modo piano, acquisito, definitivo.

Senza che questo togliesse nulla alla vivacità, alla difficoltà e al calore della scelta, naturalmente. La formazione è una specie di strada continua, che Mario percorre senza sosta e senza vederne la fine, ma avendo ben presente che ‘la meta’, l’incontro finale con il Nostro Amico comune, potrebbe avvenire in qualunque momento e in qualunque modo.

Mario si forma con tenacia, con fatica, con alterne fasi, attraverso successi e scoramenti interiori, e con impegno costante sia dal lato spirituale che dal lato tecnico e pragmatico. Teologia e studio del dialetto hmong , ad esempio, potrebbero sembrare ai due poli opposti di una scala formativa: eppure in Mario una compenetra, vivifica, giustifica e spiega l’altra, che ne risulta così ispirata, spiritualizzata, spirito incarnato nella realtà. La missione è il mondo di Mario; prima come desiderio, poi come sogno magari eroico e idealizzato, poi come vita scelta, vissuta in concreto, centellinata, bevuta fino all’ultimo goccio.

Mario si sente chiamato ad essere missionario, sceglie la missione, la sperimenta nella sua realtà più ‘terra terra’, prosaica e ci si dedica con tutto se stesso, muore da missionario: mentre passa tra piccolissimi villaggi della boscaglia laotiana, solo con il suo catechista laotiano (proclamato martire insieme a lui), fatto fuori lontano dagli occhi di tutti, il copro gettato chissà dove e mai più ritrovato.

Mario è missione, anzi Missione, come speso scrive nel suo diario, usando una maiuscola nobilitante e sacralizzante, così come fa con Amore, vocabolo altrettanto frequente nel suo fraseggiare, eppure del tutto lontano da ogni romanticheria e sdilinquimento”.

Quali sono gli elementi caratteristici della sua spiritualità?
“C’è una cosa che colpisce a fondo e per sempre, conoscendo Mario. La sua fede è ‘per davvero’. Mario ci crede davvero. Ci sono molti passi del suo Diario in cui uno ha veramente l’impressione che Gesù Cristo sia lì, a un centimetro da Mario. Per come, quando e per il perché Gli parla. Uno ha la certezza che Gesù, in quel momento, sia lì con lui.

Un rapporto prima di tutto reale e tra due persone, il loro. Mai banalizzato, mai standardizzato, mai rinchiuso in formule e schemi. Ma nemmeno a rischio fanatismo, o eccessivamente spiritualista: non c’è nulla di eccessivo, di smodato, in Mario.Nemmeno nei momenti, e non sono pochi, in cui, quasi di colpo, il suo colloquio raggiunge in poche parole vertici mistici, infiammati, di profondità o altezza improvvise. Subito ancorate a terra dalla consapevolezza di sé, dei propri limiti, della propria debolezza.

Ma quest’ultima invece che farsi zavorra parolaia, o motivo di alibi per rifugiarsi nella comoda mediocrità, resta sempre ed esclusivamente un antidoto alla fuga in avanti, garanzia di solidità, pragmatismo, concretezza. La vita spirituale di Mario, in questo senso, ci provoca e ci sfida integralmente: senza nascondersi nulla delle difficoltà, delle delusioni, delle demoralizzazioni, senza indorare nessuna pillola, Mario ci fa toccare con mano che essere cristiano è per tutti: appetibile per tutti, sconvolgente per tutti,faticoso per tutti, bellissimo per tutti, alla portata di tutti.

Ma esclusivamente se aggrappati ‒ con ogni briciolo delle pochissime forze che abbiamo ‒ alla mano crocifissa e forte che troppo spesso noi confiniamo nei recinti della ‘fede d’ordinanza’, rendendone prive tutte le restanti ore della nostra vita”.

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