Mons. Lorefice invita Palermo ad accogliere il papa

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Palermo si sta preparando ad accogliere papa Francesco il 15 settembre nella ricorrenza del 25° dell’uccisione di padre Puglisi, come ha ricordato mons. Corrado Lorefice nel messaggio alla città: “Il Santo Padre viene a sostenere la Chiesa di Palermo, nel cuore di questa meravigliosa città per chiamarla a ripartire. Carissimi fratelli e sorelle, ci stiamo preparando ad accogliere con spirito di fede, di profonda gioia e di filiale e fraterna gratitudine, il Vescovo di Roma, Papa Francesco, successore dell’Apostolo Pietro, che presiede nella Carità di Cristo tutte le Chiese, segno visibile e garante di unità. Lui viene a Palermo in visita pastorale nella ricorrenza del 25° dell’uccisione di padre Puglisi”.

Nel ricordo dell’uccisione da parte della mafia di padre Pino Puglisi, avvenuta il 15 settembre 1993, pochi mesi dopo il monito di papa san Giovanni Paolo II con l’invito ai mafiosi di conversione nella Valle dei Templi di Agrigento (9 maggio), mons. Lorefice ha scritto una lettera alla città: “La bellezza dell’impostazione pastorale di don Pino non sta nell’essere stato un prete antimafia. No, forte dell’eredità del Concilio, aveva compreso nel concreto, a Brancaccio, che il Vangelo doveva tradursi in promozione umana.

E aveva fatto fino in fondo quanto è chiamato a compiere ogni sacerdote: conoscere la sua gente e il territorio; leggerli alla luce della Parola di Dio; spronare la comunità affinché il messaggio di salvezza di Cristo diventi una proposta totale di vita, che riguarda lo spirito e il corpo, quindi anche la convivenza umana.

Se il cristiano spera in cieli nuovi e terra nuova, allora si indigna di fronte ai soprusi e all’emarginazione e percorre con tutto se stesso le vie della giustizia, della solidarietà, della pace. Questo è il lascito di padre Puglisi”.

Nella lettera aperta alla città mons. Lorefice ha tratteggiato i nuovi lineamenti di Palermo: “Il mondo è cambiato e continua a cambiare a ritmi vertiginosi. Ciò appare chiaro anche a Palermo e nei Comuni della nostra Arcidiocesi, come in tutta la nostra Sicilia. La città secolarizzata è sotto i nostri occhi.

La gente della nostra terra si muove ancora all’interno di un orizzonte religioso, che affiora soprattutto durante le processioni patronali, ma si fa ormai fatica a riconoscere collettivamente quei segni della fede che durante la cosiddetta ‘cristianità’ tutti sapevamo discernere quasi insensibilmente”.

Di fronte a tali cambiamenti l’anelito alla felicità delle persone non è cambiato: “Sembra che oggi si viva, inconsapevolmente, una sorta di attesa messianica. Essa può certo aprirci al Vangelo ma anche ai richiami mistificanti dei tanti ‘unti’ di turno, che come falsi messia approfittano del diffuso desiderio di salvezza per lanciare messaggi di divisione e di paura”.

Ed ecco la proposta del Vangelo, che è capace di dare ‘contenuto’ alla richiesta di felicità: “Si tratta allora di dare ‘carne’ e ‘storia’ al Vangelo, di ridare ‘contenuto’ ai segni religiosi che le nostre comunità cristiane continuano, spesso stentatamente, a porre in essere; di imparare nuovi linguaggi che, sensibili ai ‘vari modi di parlare del nostro tempo’, conservino la ‘sostanza’ della dottrina, come ci ricorderebbe san Giovanni XXIII.

Stando tra la gente si coglie un profondo desiderio di essere raggiunti da una bella notizia, da un e-vangelo appunto, che arrivi attraverso il profumo di un umanesimo bello, di quella bellezza originaria che lo stesso Dio contemplò nell’Adam terrestre e che è esplosa in Cristo, il più bello tra i figli dell’uomo, il vero Giusto, Colui che ci ama e ci invita a sperare”.

Ed ha invitato il popolo a riscoprire nei gesti quotidiani una ‘fede audace’: “Nella nuda e concreta storia della nostra gente si riconoscono segni, forse anche inconsapevoli, di una fede audace, di una carità feriale, di una speranza incrollabile. Penso pure alla pietà popolare, all’espressione religiosa che – a volte non senza equivoci e discutibili strumentalizzazioni – mostra la fede del popolo: una spiritualità che non ha l’ambizione di spiegare e di definire nulla, ma esprime un desiderio di vita in cui vibra il grido stesso della fede”.

Questo è il significato della visita papale alla città: “Il Papa viene per entrare nello spirito e nella ‘carne’ della nostra terra e del nostro popolo, per aiutarci ad essere Chiesa-casa tra le case, evangelizzatori prossimi e gioiosi, comunità cristiane capaci di riflettere la luce di Cristo che, come la luna, brilla di luce riflessa nella Chiesa.

Il Santo Padre viene a chiederci di essere una Chiesa ‘in uscita’ dalle proprie mura, una Chiesa che non annuncia una verità dall’alto delle proprie sicurezze, ma semplicemente il Vangelo di Gesù di Nazareth, Figlio di Dio fattosi carne, nell’umile consapevolezza di poter essere credibile solo camminando sulla strada di tutti”.

Il vescovo di Palermo ha chiuso la lettera ribadendo che il papa viene a ‘sostenere’ la città nel nome del beato Puglisi: “Il Papa viene a sostenere la Chiesa di Palermo, viene nel cuore di questa meravigliosa Città per chiamarla a ripartire con lo sguardo sempre acuto del Vangelo, con la parola della grazia di Dio per ogni uomo, con l’amore a noi donato, che dobbiamo offrire ad ogni fratello, dal più vicino al più lontano.

Quanta urgenza ha la nostra amata Diocesi di comunità discepole del Vangelo di Cristo Gesù!.. Vangelo di gioia, di speranza e di accoglienza, incarnato dal Beato Pino Puglisi fino all’ultima goccia di sangue versato per noi tutti, per la nostra Chiesa e per la nostra Città. Vorrei che il titolo di Beato attribuito dalla Chiesa a don Pino avesse tutta la fragranza della sua libera, quotidiana e radicale adesione alle Beatitudini evangeliche e al Beato per eccellenza, che è Gesù di Nazareth, Figlio di Dio”.

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