Sarajevo: città dei ponti della riconciliazione

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‘Un momento critico per costruire ponti’: è il titolo della conferenza internazionale svoltasi dal 26 al 29 luglio a Sarajevo per iniziativa del ‘Catholic Theological Ethics in the World Church’, a cui hanno preso parte circa 500 studiosi, in particolare teologi moralisti, provenienti da 80 Stati, chiamati a confrontarsi su due questioni centrali: la crisi climatica e il suo impatto su ambiente e popolazioni più deboli, e la tragica superficialità che si riscontra nella leadership politica di troppe nazioni.

L’obiettivo prefissato è stato spiegato dagli organizzatori: “A mezzo secolo dalla ‘Gaudium et spes’ e dopo circa 15 anni di costruzione di una rete mondiale di 1400 studiosi di etica sentiamo che è giunto il momento di cercare di rispondere insieme ai segni dei tempi e alle sfide che essi sollevano… Come esperti di etica dobbiamo avanzare la richiesta di nuove modalità responsabili per trovare delle soluzioni a livello globale, perché questi problemi non possono restare confinati a un singolo stato”.

La città scelta come sede della conferenza, Sarajevo, ha una forte valenza simbolica, storicamente caratterizzata da una significativa realtà di convivenza e cooperazione tra le componenti musulmana, cattolica e ortodossa, e segnata dalla sofferenza della guerra, come sottolineato nel messaggio di saluto ai partecipanti da papa Francesco:

“Essa si tiene a Sarajevo, una città carica di valore simbolico per il cammino di riconciliazione e di pacificazione, dopo gli orrori di una guerra recente che tanta sofferenza ha portato alle popolazioni di quella regione. Sarajevo è città di ponti.

Anche il vostro convegno ha voluto ispirarsi a questo motivo dominante, preso a monito per ricostruire, in un clima di divisioni e di tensioni, cammini nuovi di avvicinamento tra popoli, culture, religioni, visioni della vita, orientamenti politici. Ho apprezzato questo vostro sforzo fin dall’inizio, in occasione della visita in Vaticano dei membri del vostro Planning Committee, nel marzo scorso”.

Poi ha evidenziato il valore della costruzione di ponti come strumento di dialogo: “Il tema del vostro convegno si muove in una prospettiva a cui molto spesso io stesso ho fatto riferimento: ‘ponti e non muri’, vado ripetendo nella viva speranza che da ogni parte si ponga attenzione a questo bisogno che sempre più avvertiamo, anche se a volte contrastato da paure e regressioni. Si tratta invece, senza rinunciare alla prudenza, di cogliere ogni segnale e mobilitare ogni energia per eliminare nel mondo i muri di divisione e costruire ponti di fraternità”.

Ha quindi affermato che la costruzione di ponti ha bisogno di una nuova visione: “I tre punti focali del convegno incrociano in profondità questo cammino di costruzione di ponti in un’epoca critica, come particolarmente si rivela essere la nostra. La sfida ecologica viene da voi posta al centro di speciale attenzione, perché essa contiene in sé aspetti che possono causare gravi squilibri, non solo sull’asse del rapporto tra l’uomo e la natura, ma anche su quelli delle relazioni tra le generazioni e tra i popoli.

Tale sfida, come emerge dall’enciclica ‘Laudato sì’, non è una tra le tante, ma è l’orizzonte di comprensione dell’etica ecologica e al tempo stesso dell’etica sociale. Per questo il richiamo che voi fate al tema dei migranti e rifugiati è molto serio e provoca una metanoia che riguarda la riflessione etico-teologica, prima ancora di ispirare atteggiamenti pastorali adeguati e prassi politiche responsabili e consapevoli”.

In tale ottica il papa ha sottolineato il ruolo fondamentale dell’etica teologica per una nuova visione del mondo: “Se mi chiedo come possa l’etica teologica offrire il proprio specifico contributo in tal senso, apprezzo l’intuizione che vi proponete di attuare: fare rete tra persone che, nei cinque continenti, con modalità ed espressioni diverse, si dedicano alla riflessione etica in chiave teologica e si sforzano di trovare in essa risorse nuove ed efficaci.

Con tali risorse si possono condurre analisi appropriate, ma soprattutto mobilitare energie in ordine ad una prassi compassionevole e attenta al dramma umano per accompagnarlo con cura misericordiosa. Per tessere questa rete, urge prima di tutto tra di voi costruire ponti, condividere percorsi, accelerare avvicinamenti. Non si tratta certo di uniformare i punti di vista, ma piuttosto di cercare con volontà sincera la convergenza negli intenti, nell’apertura dialogica e nel confronto sulle prospettive”.

Ed ha chiesto di approfondire la Costituzione apostolica ‘Veritatis Gaudium’: “Là richiamavo i criteri di fondo per un rinnovamento e un rilancio degli studi ecclesiastici e tra questi criteri sottolineavo l’importanza del ‘dialogo a tutto campo’, che sta alla base dell’apertura inter- e transdisciplinare, così vitale anche per la teologia e per l’etica teologica. E inoltre indicavo ‘la necessità urgente di fare rete tra le diverse istituzioni che, in ogni parte del mondo, coltivano e promuovono gli studi ecclesiastici’.

Faccio appello a voi, cultori dell’etica teologica, e vi incoraggio ad essere appassionati di questo dialogo e di questo fare rete. Dall’esercizio di tali atteggiamenti trarrete le vostre ispirazioni per analisi penetranti, attente alla complessità del fenomeno umano. E imparerete sempre meglio le forme della fedeltà alla Parola di Dio che ci interpella nella storia e della solidarietà con il mondo, sul quale non siete chiamati a emettere giudizi, ma a indicare strade, accompagnare cammini, lenire ferite, sostenere fragilità”.

Infatti nel proemio di questa costituzione apostolica papa Francesco che il cuore è inquieto finché non incontra Gesù: “E’ questa la gioia che la Chiesa è spinta da Gesù a testimoniare e ad annunciare nella sua missione, senza sosta e con sempre nuova passione. Il Popolo di Dio è pellegrino lungo i sentieri della storia in sincera e solidale compagnia con gli uomini e le donne di tutti i popoli e di tutte le culture, per illuminare con la luce del Vangelo il cammino dell’umanità verso la civiltà nuova dell’amore.

Strettamente collegato alla missione evangelizzatrice della Chiesa, scaturente anzi dalla sua stessa identità tutta spesa a promuovere l’autentica e integrale crescita della famiglia umana sino alla sua definitiva pienezza in Dio, è il vasto e pluriforme sistema degli studi ecclesiastici fiorito lungo i secoli dalla sapienza del Popolo di Dio, sotto la guida dello Spirito Santo e nel dialogo e discernimento dei segni dei tempi e delle diverse espressioni culturali”.

E più in là ha sottolineato il valore degli studi ecclesiastici per la cultura umanistica: “Gli studi ecclesiastici saranno così in grado di apportare il loro specifico e insostituibile contributo ispiratore e orientatore, e potranno enucleare ed esprimere in forma nuova, interpellante e realistica il proprio compito. E’ sempre stato e sempre sarà così! La teologia e la cultura d’ispirazione cristiana sono state all’altezza della loro missione quando hanno saputo vivere rischiosamente e con fedeltà sulla frontiera”.

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