‘Cresce lungo il cammino il suo vigore’: la Lettera pastorale della diocesi di Milano

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Nel nuovo anno pastorale della diocesi di Milano alcuni pellegrinaggi diocesani esprimeranno in un concreto l’immagine di una Chiesa pellegrina, contenuti nel quarto capitolo della Lettera pastorale di mons. Mario Delpini, ‘Camminiamo insieme’: dal 14 al 16 settembre si terrà il pellegrinaggio a Lourdes, programmato insieme alle organizzazioni che provvedono al trasporto dei malati; dal 13 al 15 ottobre il pellegrinaggio a Roma per la canonizzazione di papa Paolo VI; inoltre, dal 25 febbraio all’1 marzo, è previsto il pellegrinaggio al Cairo dei preti del primo decennio di ordinazione.

Quindi quella di Milano sarà una Chiesa in cammino, che non teme di riformarsi e leggere i segni dei tempi per una testimonianza che si fa gioia e speranza per gli uomini di oggi. Una Lettera pastorale intrisa di ammirazione per il suo predecessore Giovanni Battista Montini, più volte richiamato come esempio da approfondire:

“Mentre ci prepariamo alla canonizzazione del beato papa Paolo VI chiedo la sua intercessione perché la sua preghiera ci accompagni. Invito a riprendere la sua testimonianza e a rileggere i suoi testi, così intensi e belli, perché il nostro sguardo su questo tempo sia ispirato dalla sua visione di Milano, del mondo moderno e della missione della Chiesa”.

La Chiesa presentata dall’arcivescovo della città di sant’Ambrogio è una Chiesa che si riforma sempre, che non si siede sul già sperimentato, ma che vive pienamente il tempo: “Siamo un popolo in cammino. Non ci siamo assestati tra le mura della città che gli ingenui ritengono rassicurante, nella dimora che solo la miopia può ritenere definitiva”.

Perciò è una Chiesa che invita anche a “pensare e praticare con coraggio un inesausto rinnovamento/riforma della Chiesa stessa, perché la Chiesa non assolutizza mai forme, assetti, strutture e modalità della sua vita… Non ha fondamento storico né giustificazione ragionevole l’espressione ‘si è sempre fatto così’ che si propone talora come argomento per chiedere conferma dell’inerzia e resistere alle provocazioni del Signore che trovano eco nelle sfide presenti”.

Nella lettera pastorale mons. Delpini lancia l’invito ad essere vigili ed ad essere pellegrini: “Viviamo vigilando nell’attesa. Viviamo pellegrini nel deserto. Non siamo i padroni orgogliosi di una proprietà definitiva che qualche volta, eventualmente, accondiscende all’ospitalità; siamo piuttosto un popolo in cammino nella precarietà nomade.

Possiamo sopravvivere e continuare la rischiosa traversata perché stringiamo alleanze, invochiamo e offriamo aiuto, desideriamo incontri e speriamo benevolenza. Perciò i pellegrini, persuasi dalla promessa, percorrono le vie faticose e promettenti, si incontrano con altri pellegrini e si forma un’unica carovana: da molte genti, da molte storie, da molte attese e non senza ferite, non senza zavorre”.

E non manca un riferimento al cammino che la chiesa ambrosiana sta compiendo in occasione del Sinodo ‘Chiesa dalle genti’, che si concluderà il 3 novembre, affrontando il tema della ricchezza anche ecclesiale che nasce dal dialogo di popoli e persone presenti nella diocesi:

“La Chiesa si riconosce ‘dalle genti’ non solo perché prende coscienza della mobilità umana, ma, in primo luogo, perché, docile allo Spirito, sperimenta che non si dà cammino del Popolo di Dio verso il monte dell’alleanza piena se non dove, nel camminare insieme verso la medesima mèta, si apprende a camminare gli uni verso gli altri. L’incontro, l’ascolto, la condivisione permettono di valorizzare le differenze, lo specifico di ciascuno, impongono di riconoscere i doni ricevuti dalla tradizione di ciascuno”.

Perciò ha invitato a mettere da parte le paure, le incomprensioni ed i muri che sembrano prevalere nel dibattito pubblico: “Non si può immaginare perciò che il popolo in cammino viva di nostalgia e si ammali di risentimento e di rivendicazioni, perché proprio per questo si è deciso il pellegrinaggio, per uscire da una terra straniera e da una condizione di schiavitù.

Perciò ci facciamo compagni di cammino di fratelli e sorelle che incontriamo ogni giorno nella vita; uomini e donne in ricerca, che non si accontentano dell’immediato e della superficie delle cose”.

Nella Lettera pastorale mons. Delpini dedica anche un’attenzione particolare ai giovani, nell’anno nel quale si celebra il Sinodo dei vescovi per loro: “E’ tempo, io credo, di superare quel senso di impotenza e di scoraggiamento, quello smarrimento e quello scetticismo che sembrano paralizzare gli adulti e convincere molti giovani a fare del tempo della loro giovinezza un tempo perso tra aspettative improbabili, risentimenti amari, trasgressioni capricciose, ambizioni aggressive: come se qualcuno avesse derubato una generazione del suo futuro. La complessità dei problemi e le incertezze delle prospettive occupazionali non bastano a scoraggiare i credenti”.

Un altro capitolo fondamentale è dedicato alla cura alla Messa domenicale, in particolare nell’annuncio della Parola, alimentata dalla preghiera: “Non si può essere ingenui o affidarsi all’emotività nell’accostarsi a quel libro straordinario che è la Sacra Scrittura. E’ quindi necessario che l’insegnamento catechistico, la predicazione ordinaria, il riferimento alla Scrittura negli incontri di preghiera, nei percorsi di iniziazione cristiana, nei gruppi di ascolto, negli appuntamenti della Scuola della Parola siano guidati con un metodo e condotti con sapienza.

Ma la guida del metodo deve essere adeguata agli interlocutori e soprattutto deve aiutare a riconoscere nella Sacra Scrittura quell’offerta di luce, di forza, di gioia, che viene dalla potenza della Parola di Dio”.

E dalla cura alla celebrazione eucaristica deriva la testimonianza per la nuova evangelizzazione, riprendendo la lezione montiniana della Missione del 1957: “Siamo chiamati a condividere lo spirito con cui ha promosso e vissuto la Missione di Milano del 1957 e le motivazioni che lo hanno convinto a visitare i continenti e a orientare il Concilio Vaticano II al confronto, al dialogo, alla simpatia per il mondo, per una responsabilità di evangelizzazione.

Come ci consiglia papa Francesco, rileggere l’esortazione apostolica ‘Evangelii nuntiandi’ sarà un modo per vivere la canonizzazione non solo come una celebrazione, ma come occasione per rendere ancora fecondo il magistero di Paolo VI”.

E con lo stile montiniano mons. Delpini invita i cristiani alla partecipazione alla vita sociale della città, che è stata costruita sull’umanesimo cristiano: “Sentiamo la responsabilità di custodire la preziosa eredità dei nostri padri, quell’umanesimo cristiano in cui si integrano la fede, il senso pratico e la speranza, la cura per la famiglia e per la sua serenità, la gioia per ogni vita che nasce, la responsabilità dell’amore, la serietà della parola data, la fierezza per il bene che si compie e insieme un senso del relativo che aborrisce ogni esibizionismo, una inclinazione spontanea alla solidarietà e una prontezza nel soccorrere, la serietà professionale e l’intraprendenza operosa, l’attitudine a lavorare molto e la capacità di fare festa, una radicata fiducia verso il futuro e una vigile capacità di risparmio e programmazione.

Avvertiamo tuttavia che l’evoluzione contemporanea sembra condannare all’irrilevanza quell’armonia di valori che forse descriviamo in modo un po’ idealizzato, ma che hanno offerto l’ispirazione a molte iniziative, istituzioni, forme di presenza nella vita sociale e politica”.

Ed ha proposto alcune strade percorribili per essere presenza viva nella vita quotidiana: “L’annuncio e la pratica dell’umanesimo cristiano non si traducono in un richiamo a leggi e adempimenti, non si intristiscono nella nostalgia di un’altra cultura e di un’altra società, come se rimpiangessimo un’egemonia, non si intimidiscono di fronte a stili di vita e a slogan troppo gridati e troppo superficiali.

Infatti, la proposta cristiana si offre come una benedizione, come l’indicazione di una possibilità di vita buona che ci convince e che si comunica come invito, che si confronta e contribuisce a definire nel concreto percorsi praticabili, persuasivi con l’intenzione di dare volto a una città dove sia desiderabile vivere. La dottrina sociale della Chiesa, il magistero della Chiesa sulla vita e sulla morte, sull’amore e il matrimonio, non sono una sistematica alternativa ai desideri degli uomini e delle donne, ma sono una benedizione”.

In questo modo è possibile essere presenti nella città tramite la profezia: “La presenza di molti cristiani in ogni ambiente di vita non può essere mascherata per timidezza, per un complesso di inferiorità, per la rassegnazione a una separazione inguaribile tra i valori cristiani e la logica intrinseca e indiscutibile della realtà mondana… I cristiani sono profeti, hanno proposte, hanno soluzioni, hanno qualche cosa da dire nel dialogo con tutti gli uomini e le donne di buona volontà”.

Infine la Lettera pastorale contiene in appendice un ampio esercizio di lectio su alcuni Salmi che trasformano il vissuto quotidiano in esperienza di preghiera: “Alcuni Salmi hanno accompagnato il pellegrinaggio del popolo di Israele al tempio nella Città Santa, Gerusalemme. Possono accompagnare anche la comunità dei discepoli di Gesù, pellegrini nella storia verso la nuova Gerusalemme…

La familiarità con i Salmi e con la loro spiritualità è salutare, perché consente al cammino di fede (di un singolo e/o di una comunità) di rimanere tale e di vincere la tentazione dell’immobilismo, compiaciuto o indolente, che rende impraticabile la ricerca (autentica) di Dio… Popolo di pellegrini, popolo in camminino, impariamo a pregare i Salmi per condividere la fede di fratelli e sorelle di epoche lontane che pregano con noi. Preghiamo per resistere alla tentazione di fermarci, di distrarci, di scoraggiarci”.

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