Missionari in digiuno per denunciare le politiche sulla pelle dei migranti

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Alcuni missionari e religiosi che lavorano al fianco dei più poveri hanno organizzato una manifestazione permanente davanti alla Camera per denunciare le politiche contro chi è costretto a migrare: “Proponiamo un piccolo segno visibile, pubblico: un digiuno a staffetta con un presidio davanti al Parlamento italiano per dire che non possiamo accettare questa politica delle porte chiuse che provoca la morte nel deserto e nel Mediterraneo di migliaia di migranti”, hanno spiegato padre Alex Zanotelli, il vescovo emerito di Caserta, mons. Raffaele Nogaro, suor Rita Giaretta di ‘Casa Ruth’ e padre Giorgio Ghezzi, religioso sacramentino.

I religiosi hanno ricordato le 33.000 vittime accertate (il giornale inglese Guardian che ne ha pubblicato i nomi) perite nel mar Mediterraneo per le politiche restrittive della ‘Fortezza Europa’: “E’ il naufragio dei migranti, dei poveri, dei disperati, ma è anche il naufragio dell’Europa, e dei suoi ideali di essere la ‘patria dei diritti umani’. La Carta della UE afferma: ‘La dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata’.

E’ un crimine contro l’umanità, un’umanità impoverita e disperata, perpetrato dall’opulenta Europa che rifiuta chi bussa alla sua porta… Un rifiuto che è diventato ancora più brutale con lo scorso vertice della UE dove i capi di governo hanno deciso una politica di non accoglienza. Anche l’Italia, decide ora di non accogliere, di chiudere i porti alle navi delle ONG ed affida invece tale compito alla Guardia Costiera libica, che se salverà i migranti, li riporterà nell’inferno che è la Libia”.

A partire dalle proprie esperienze di vita, i religiosi si rifiutano di ‘accettare questa politica delle porte chiuse che provoca la morte nel deserto e nel Mediterraneo di migliaia di migranti’, ricordando quello che disse il profeta Isaia a nome di Dio: “Il digiuno che voglio non consiste forse nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo senza trascurare i tuoi parenti?”.

Ed in un’intervista ad InBlu Radio, il network delle radio cattoliche della Cei, il medico di Lampedusa, dott. Pietro Bartolo, ha affermato la sua difficoltà a sentirsi ancora italiano: “Mi viene difficile dire oggi di essere orgoglioso di essere italiano. Prima mi sentivo orgoglioso, oggi non lo posso dire più… Per oltre 25 anni non abbiamo mai messo un filo spinato o un muro. E in questo abbiamo fatto la storia e siamo diventati veramente campioni del mondo.

Ma da circa un anno abbiamo alzato due muri: uno in Libia con gli accordi di governo e un altro monumentale quello della paura e dell’odio che ci ha fatto alzare un muro peggiore del muro di cemento o di filo spinato. Questo mi dispiace perchè l’Italia non è questa. L’Italia è un popolo accogliente che ha vissuto la migrazione sulla propria pelle. Spero di tornare a dire al più presto di essere orgoglioso di essere italiano”.

Ed ha raccontato alcune storie di migranti dalla Libia: “Quindici giorni fa attraverso un’evacuazione medica da una nave militare che aveva recuperato 120 persone mi hanno portato qua a Lampedusa alcuni migranti che avevano bisogno di cure. Erano veramente in condizioni disastrose quello che stava meglio pesava 30 chili. Altro che Auschwitz.

Queste persone non vengono dalla luna ma dalla Libia. I corpi dei migranti parlano da soli. Ultimamente abbiamo avuto un calo drastico degli sbarchi. Questo non ci fa piacere perchè purtroppo sappiamo in che condizioni e in quali lager vengono tenuti. Qualcuno addirittura mi ha raccontato che è stato costretto a seppellire i propri morti”.

Ed infine è stata scritta una lettera aperta per esprimere dissenso e preoccupazione sui contenuti della circolare emessa dal ministro Salvini, relativa al permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, firmata da 15 associazioni italiane: “La protezione umanitaria prima ancora di costituire forma residuale di tutela rispetto alla protezione internazionale, è un istituto giuridico a sé, in cui è la stessa legge che prevede il suo riconoscimento in presenza di ‘seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano’.

E’ un diritto, pertanto, il cui riconoscimento può essere chiesto direttamente al Questore, il quale è tenuto a verificare l’esistenza dei presupposti della legge. In caso di diniego, è possibile presentare ricorso all’autorità giudiziaria ordinaria, sottendendo la sua natura di diritto soggettivo. Di fronte a questa premessa un esercizio rigoroso della funzione delle Commissioni e Sezioni Territoriali presuppone che ciascun caso venga valutato nel merito e individualmente: sorprende dunque che il Ministro dell’Interno richiami, nell’esame dei casi, la ‘salvaguardia di interessi primari della collettività’, subordinando a questa i diritti dei richiedenti.

Si ritiene inoltre che le decisioni non debbano essere orientate da considerazioni meramente numeriche, se non addirittura da presunzioni circa la maggiore o minore ‘difficoltà di inserimento’ di chi negli anni è stato o è ancora titolare di permesso di soggiorno per motivi umanitari”.

Anche la Società di San Vincenzo De Paoli ha espresso un monito sull’accoglienza, ricordando l’opera del suo fondatore: “Eppure c’è un’Italia ancora bella, pronta ad accogliere, ad integrare, a dare lavoro, ad aiutare queste persone, che siano rifugiati, richiedenti asilo o, semplici ‘migranti economici’. Un’Italia che funziona anche grazie al loro lavoro, alla volontà, al sacrificio che s’impongono.

Sono uomini e donne proprio come noi, differenti solo per cultura, per vissuto, con tante ferite che si portano addosso e dentro, ma con gli stessi bisogni e sogni nostri. La Società di San Vincenzo De Paoli si è sempre presa cura dei poveri, dei più deboli, operando per costruire la giustizia sociale, dentro un ideale di carità.

Per questo non può tollerare quanto oggi sta accadendo in Italia e in Europa sulla politica delle migrazioni, un fenomeno destinato a durare negli anni, e per gestire il quale non servono chiusure, ma scelte condivise e intelligenti, che sappiano coniugare regole e diritti con il senso di umanità”.

Anche gli scalabriniani chiedono, sull’esempio di mons. Scalabrini, di leggere la storia dei popoli: “La storia dei popoli è stata fatta da grandi ondate migratorie, e noi oggi abbiamo la possibilità di viverne una, con il vantaggio di poterne leggere a livello mondiale le cause e gli effetti e quindi anche di ricavarne un surplus di umanità…

Riteniamo che sempre di più acquistano attualità i quattro verbi con cui papa Francesco, nella giornata mondiale del migrante di quest’anno, ha chiesto ai popoli e alle nazioni di affrontare il tema dei migranti: accogliere, proteggere, promuovere, integrare”.

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