Falciola, vice postulatore: la gioia di vivere di Frassati

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Mercoledì 4 luglio la diocesi di Torino ha celebrato la memoria liturgica del beato Pier Giorgio Frassati, che nella visita pastorale nel capoluogo piemontese nel 2015 papa Francesco lo indicò ai giovani come modello: “E qui il pensiero va spontaneamente a un giovane che ha davvero speso così la sua vita, tanto da diventare un modello di fiducia e di audacia evangelica per le giovani generazioni d’Italia e del mondo: il beato Pier Giorgio Frassati.

Un suo motto era: ‘Vivere, non vivacchiare!’. Questa è la strada per sperimentare in pienezza la forza e la gioia del Vangelo. Così non solo ritroverete fiducia nel futuro, ma riuscirete a generare speranza tra i vostri amici e negli ambienti in cui vivete. Una grande passione di Pier Giorgio Frassati era l’amicizia”.

Partendo da questa sollecitazione ai giovani al vice postulatore della causa di canonizzazione di Pier Giorgio Frassati e presidente dell’Opera Diocesana ‘Pier Giorgio Frassati’ di Torino, Roberto Falciola, già vice presidente nazionale dell’Azione Cattolica Italiana per il Settore Giovani e redattore editoriale e responsabile dell’Ufficio Stampa e Relazioni Esterne di ‘Effatà Editrice’, abbiamo chiesto di spiegarci l’importanza per Frassati del motto ‘vivere e non vivacchiare’:

“Per capirlo bisogna leggere per intero la frase scritta da lui a un amico il 27 febbraio 1925, quattro mesi prima di morire: ‘Vivere senza una Fede senza un patrimonio da difendere senza sostenere in una lotta continua la Verità non è vivere ma è vivacchiare’. Il collegamento che fa Pier Giorgio è tra vivere, avere fede e sostenere la Verità, che per lui era l’amore di Dio, cioè Gesù, come lui stesso ha detto nel Vangelo.

Qual è il patrimonio da difendere? E’ proprio la fede, cioè la consapevolezza che c’è un amore che ci precede, dentro cui siamo stati pensati, per il quale siamo stati creati, e la pienezza della nostra vita la possiamo raggiungere solo quando riconosciamo questo amore presente e dedichiamo la nostra esistenza a restituirlo, a Dio e ai fratelli.

E’ interessante questa idea del difendere e della ‘lotta’ da sostenere: significa che la vita va vissuta con pienezza, senza lasciarsela scivolare addosso; vuol dire che, una volta capito ciò che veramente conta, bisogna scommettere su di esso ogni istante che ci viene donato di vivere. Nella lettera continua così: ‘Noi non dobbiamo mai vivacchiare, ma vivere perché anche attraverso ogni disillusione dobbiamo ricordarci che siamo gli unici che possediamo la Verità, abbiamo una Fede da sostenere, una Speranza da raggiungere: la nostra Patria’.

E’ importante anche questo accenno alla disillusione: vivere da cristiani non significa avere un sorriso ingenuo e un po’ ebete stampato sulla faccia, ma sapere che la vita porta con sé dolore e sofferenza (Pier Giorgio li ha sperimentati sulla sua pelle, e li vedeva ogni giorno attorno a sé nella sua straordinaria opera di carità).

Ciò che conta è affrontare il lato oscuro della vita senza perdere mai la consapevolezza della presenza di Dio, e nutrendo una speranza che non si può spegnere: quella che l’amore di Dio, che ci ha fatti, ci attende per abbracciarci per l’eternità: è la Patria di cui parla Pier Giorgio. Per lui, vivere senza questo nel cuore non è vivere pienamente: è vivacchiare, cioè stare al mondo senza penetrarne il mistero, restando alla superficie, e perdersi il meglio della vita”.

Come viveva la fede Frassati?
“Pier Giorgio viveva la sua fede con estrema naturalezza: per lui era ‘ovvio’ che se Gesù è la Verità, ogni sua parola è vera. Perciò ogni indicazione, raccomandazione, comandamento che esce dalla bocca di Gesù è vero e va preso sul serio. Per questo Pier Giorgio amava profondamente la Parola di Dio, e leggeva la Bibbia in un tempo in cui non era data in mano a tutti, come invece è oggi, per fortuna.

Per questo con la stessa naturalezza viveva quello che la Chiesa gli proponeva per la vita di fede: i sacramenti, con l’Eucaristia quotidiana e la confessione frequente, la preghiera personale e comunitaria nei tanti modi di quel tempo (dal rosario all’adorazione notturna), l’appartenenza a tante piccole e grandi comunità ed associazioni.

Per questo ogni persona incontrata aveva per lui il volto di Gesù, e quindi la sua carità era senza confini. Per Pier Giorgio essere cristiano voleva dire vivere pienamente la fede, la speranza e la carità: in lui erano così compenetrate e la sua esistenza era così completamente vissuta in Dio da lasciare una traccia in tutte le persone incontrate”.

Perché aveva fondato una Società chiamata dei ‘tipi loschi’?
“Certo, gli amici e le amiche della FUCI con cui l’ha fondata erano tutto tranne che ‘loschi’: il nome che si sono dati è una classica ‘goliardata’, una specie di ossimoro, cioè di quella figura retorica che associa due termini di senso contrario. Anche il modo di chiamarsi tra di loro, ‘lestofanti’ e ‘lestofantesche’, appartiene allo stesso stile scherzoso, così come la scelta dei nomi di battaglia per i maschi (Pier Giorgio è Robespierre, un altro è Danton…) e delle cariche associative per le femmine (la Presidentessa, la Segretaria, la Direttrice di gita…).

E possiamo proseguire con il motto (‘Pochi ma buoni come i maccheroni’), con lo Statuto (‘capitale interamente versato, tanto versato che non c’è più’…), con i Proclami dedicati alle imprese alpinistiche eccetera. Ma la cosa fondamentale, che ci dice molto ancora oggi, era il tipo di legame instaurato tra di loro, soprattutto per opera di Pier Giorgio, che ne era l’anima profonda. I Tipi Loschi erano gente che si aiutava sul serio, e che pregava gli uni per gli altri. Quanti gruppi di giovani cristiani oggi fanno lo stesso? Allegria sana e cura reciproca, anche spirituale: una lezione da imparare!”

Ad ottobre si aprirà il sinodo dei giovani: quale santità trasmette Frassati ai giovani?
“La vita di Pier Giorgio Frassati dimostra, con la stessa evidenza di un teorema matematico o di un esperimento scientifico, che essere giovani cristiani fedeli, coerenti, felici, realizzati, gioiosi è possibile. Che la vita di un giovane cristiano non è legarsi a un palo e tapparsi le orecchie per resistere alle numerose e suadenti sirene che nel nostro mondo cercano di accalappiarsi la sua anima, ma è invece un’esplosione di libertà, capace di travolgere, sconvolgere, provocare, reinterpretare i canoni correnti, vivendo secondo ciò che si sente essere giusto, volgendo tutta la persona alla Verità come il girasole si volge alla luce.

Quella che emerge da Pier Giorgio è una santità adatta al nostro mondo e al nostro tempo, perché lui ha vissuto tutte le dimensioni che sono proprie della vita dei giovani di oggi e ha attraversato con coraggio e lucidità anche un tempo difficile, duro e provocatorio, testimoniando la fede e seminando speranza. E’ ciò di cui anche oggi abbiamo tanto bisogno, e ai giovani di oggi Pier Giorgio dice con la sua vita che lo Spirito fa cose meravigliose, in coloro che lo lasciano agire dentro di sé, e cambia davvero il mondo, perché lascia apparire il regno di Dio”.

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