La cooperazione fa rinascere l’Italia

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Nell’ultima settimana di giugno è stata eletta, nella sede nazionale della Coldiretti, la giunta esecutiva nazionale di ‘Ue.Coop – Unione Europea delle Cooperative’, la centrale cooperativa nata per segnare una forte discontinuità rispetto al vecchio mondo della cooperazione, da parte dei delegati delle 4.000 cooperative associate che operano in ogni settore e sono dislocate in tutte le regioni italiane con oltre 600.000 soci.

E nello statuto sono precisate le finalità di Ue.Coop per sostenere i valori ed i principi del modello cooperativo, che si fondano sulla solidarietà, la sussidiarietà e la sostenibilità con l’obiettivo principale di essere uno strumento a favore delle proprie coop associate, puntando sulla centralità dei soci a favore del territorio in cui le imprese operano. All’unanimità è stato eletto presidente Gherardo Colombo, ex giudice della Corte di Cassazione, componente del pool di Mani Pulite e magistrato protagonista di importanti inchieste della storia repubblicana, dalla P2 all’omicidio Ambrosoli.

Come vice presidenti sono stati eletti: dal Veneto Paolo Bedoni, presidente della Cattolica Assicurazioni; dalla Puglia Angelo Maci, presidente della Cantina Due Palme, una delle più affermate realtà italiane del vino; dal Lazio Enrico Luciani, presidente della Compagnia Portuale di Civitavecchia, strategico punto logistico commerciale italiano e dall’Emilia Romagna Claudio Gallerani, presidente di Coprob, cooperativa leader nel settore dello zucchero.

Sono inoltre entrati a far parte della giunta: dalle Marche, Maria Letizia Gardoni per la cooperativa sociale Albero delle Coccole; dal Lazio, Sara Nardini della coop sociale Risorse; dalla Sicilia, Francesco Ferreri della FCM Consulting per il settore lavoro; dal Piemonte, Giuseppe Avolio della FIR (Filiera italiana riso); David Granieri della OP Latium del Lazio; Primo Barzoni di Palm & Work della Lombardia; Ettore Prandini della cooperativa La Vanga della Lombardia; e Roberto Moncalvo della Agricoltori Consapevoli e presidente nazionale della Coldiretti.

E da una ricerca di Ue.Coop/Ixe’, presentata durante il congresso, è risultato che 8 italiani su 10 (79%) hanno chiesto di far lavorare gratuitamente in attività di pubblica utilità gli immigrati in cambio dell’accoglienza, anche se per un periodo limitato. Il fattore determinate nello scatenare l’ostilità degli italiani nei confronti degli immigrati è proprio il fatto di essere assistiti senza lavorare che infastidisce ben il 30% dei cittadini, prima della paura per la delinquenza (29%), mentre non si riscontrano discriminazioni razziali con solo il 4% che dice di essere preoccupato perché sono diversi e ben il 26% che non si ritiene per nulla disturbato dalla loro presenza.

Il lavoro è la leva principale dell’integrazione con molteplici attività di pubblica utilità ritenute necessarie per compensare l’aiuto ricevuto con il vitto e alloggio nell’accoglienza. Nell’ordine, a giudizio degli italiani, potrebbe essere utile impiegare il lavoro degli immigrati accolti nella cura del verde pubblico (57%), la pulizia delle strade (54%), l’agricoltura (36%), la tutela del patrimonio pubblico (30%), la cura degli anziani (23%).

Analogamente, due terzi dei cittadini vedono con favore l’ipotesi di tirocini gratuiti, predefiniti nel tempo, in aziende private nell’ottica di ‘imparare un mestiere’. Più di 1 italiano su 2 sarebbe inoltre favorevole a coinvolgere gli immigrati nel recupero dei piccoli borghi abbandonati e per combattere lo spopolamento dei territori. Inoltre l’83% dei cittadini ritiene peraltro che gli immigrati, durante la loro permanenza in Italia, dovrebbero frequentare obbligatoriamente un corso di lingua italiana durante la fase di accoglienza.

Diffuso è invece il disappunto rispetto all’attuale forma di gestione dell’immigrazione con appena il 33% degli italiani che giudica positivamente l’operato delle cooperative di accoglienza e ben il 60% che ritieni opportuno distribuire i nuovi arrivati sul territorio nazionale in strutture di piccole o medie dimensioni, con un sistema di ospitalità diffuso piuttosto che in grandi strutture concentrate (come vorrebbe il 32%) per l’identificazione, per le procedure di protezione internazionale, richiesta asilo o l’eventuale espulsione.

Ma la ricerca ha rilevato anche le buone pratiche che le cooperative realizzano, come quella cooperativa che con i migranti fa rinascere un piccolo comune della Calabria, Camini, in provincia di Reggio Calabria, con poco più di 250 abitanti, quasi tutti anziani dove la cooperativa Eurocoop insegna loro mestieri come muratore, falegname, fabbro e inserendoli nella comunità locale.

Ed anche in Toscana, nel borgo medioevale di Rondine, in provincia di Arezzo, la cooperativa ‘La Rondine’ ospita studenti che, arrivando da zone di guerra come Balcani, Caucaso, Medio Oriente e Africa, studiano insieme, sperimentano la convivenza e la pace e poi tornano nei loro Paesi di origine per costruire un futuro per le loro comunità nazionali.

Ma fra le cooperative c’è anche chi, come la ‘Patchanka’ di Torino, ha anticipato i progetti nazionali di riforma dei centri per l’impiego passando dalla semplice ricerca di occupazione con l’incrocio di domande e offerta, alla creazione di occasioni di lavoro anche per disabili e soggetti disagiati con attività che vanno dalla sartoria di qualità al ristorante a km zero con una mensa sociale per chi è in difficoltà.

Quindi la cooperazione che fa bene all’Italia riguarda anche il recupero degli sprechi come la coop sociale ‘Felici da matti’ attiva in Calabria nei territori della Locride, nel Crotonese e nella Piana di Gioia Tauro, dove raccoglie indumenti usati da trasformare in salviette di cotone per la pulizia di macchinari industriali in cantieri navali, industrie grafiche, tipografie, autofficine o fabbriche di marmi, ma, coinvolgendo i migranti, si occupa anche della raccolta di olio esausto vegetale che unito al bergamotto grazie a un’antica ricetta crea un sapone naturale, il ‘Bergolio’.

Ed in Piemonte la cooperativa ‘Chicco Cotto’, creata all’interno dell’Istituto Cottolengo di Torino, coinvolge ragazzi disabili psicofisici nella gestione dei distributori automatici di caffè, snack e bevande, insegnando loro non solo a rifornire le macchine, ma anche a tenere la contabilità dei prodotti inseriti e gli intervalli di intervento sui distributori.

Sempre in Piemonte la cooperativa ‘Magazzini di Oz’ si occupa di ristorazione impegnando e valorizzando giovani under 30 allo scopo di sostenere l’associazione ‘Casa di Oz’ che si occupa di dare sollievo e assistenza con ospitalità di lungo termine e assistenza psicologica alle famiglie con bambini gravemente malati e ricoverati all’ospedale Regina Margherita di Torino.

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