In campo migrazioni la guerra catto-social

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Giorni di grande tensione internazionale, post scritti in preda a furori apocalittici, citazioni a sproposito del Magistero ecclesiastico: il fenomeno migratorio, sull’onda dei nuovi orientamenti politici, ha assunto (nuovamente) una dimensione mediatica eccezionale.

I social network, nuove piazze virtuali dove ognuno è libero di fare comizi, vedono contrapposti i sempre più numerosi sostenitori della politica dei ‘porti chiusi’ e dell’orgoglio antieuropeista e la minoranza, non meno agguerrita, di quanti appoggiano soluzioni di compromesso.

Le analisi sociologiche e le operazioni di fact checking coprono intere colonne di quotidiani e sono al centro delle trasmissioni televisive, pertanto, mi limiterò ad un solo aspetto di questa ‘crociata sul web’, cioè il rinnovato interesse per il magistero della Chiesa cattolica. Anzitutto, è bene precisare che non si tratta del magistero ufficiale, per come risulta dai documenti, visti nella loro interezza: posso scommettere che la maggior parte di coloro che ‘postano’ citazioni non sanno la differenza tra un’enciclica ed un discorso per l’Angelus…

Gli internauti si limitano a riportare quel distillato, spesso distorto, che le agenzie (più o meno ufficiali) di informazione propongono all’attenzione pubblica. Naturalmente, in quelle frasi, così condensate, così semplici, è facile trovare un argomento per le proprie tesi oppure un bersaglio dei propri attacchi contro il ‘Vaticano’.

E’ proprio la semplicità disarmante delle citazioni a dover mettere in guardia: la complessità della situazione migratoria richiede una complessità di pensiero e di approfondimento, che non può essere racchiusa in nessuno slogan. Quando parliamo di flussi migratori parliamo di persone, non di prodotti da pubblicizzare!

Un’ulteriore precisazione: grazie ai cosiddetti ‘tradizionalisti’ (come se la Tradizione apostolica fosse un prezioso fossile da ammirare e non un organismo che vive con e nella Chiesa) sta tornando in auge il pensiero del Papa Emerito. A prima vista, la riscoperta della profondità teologica e antropologica di Benedetto XVI dovrebbe essere la soluzione alla bassezza culturale del nostro tempo: invece, è stata creata una caricatura tragicomica di Ratzinger.

Il risultato è l’immagine di Benedetto XVI che, da buon ‘rottweiler di Dio’ (così era appellato quando ricopriva la carica di Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede), chiama i ‘veri credenti’ contro l’immigrazione e per la custodia delle radici cristiane d’Europa.

Naturalmente, in questa narrazione fanta-ecclesiastica, il primo antagonista è Papa Francesco, felicemente regnante, colpevole di aver sostituito la propria dottrina al deposito della fede. Così si scontrano coloro che gridano ‘prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare!’ (espressione tratta dal Messaggio di Benedetto XVI per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato del 2013) e quelli che rispondono ‘accogliere, proteggere, promuovere e integrare!’ (verbi tratti dal Messaggio di Francesco per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato del 2018).

Come affermavano i latini, però, ‘in medio stat virtus’: a leggere attentamente i due documenti, si comprende che né Papa Benedetto intendeva promuovere la chiusura delle frontiere, né Papa Francesco sta imponendo l’accoglienza indiscriminata e irrazionale. Le forme con cui si realizza la gestione dei flussi sono di competenza statale, ma gli Stati devono impegnarsi affinché siano tutelati due valori essenziali e immanenti al diritto: la dignità umana (di cittadini e migranti in pari grado) e l’integrazione nel tessuto sociale.

Non solo, si deve garantire a coloro che fuggono dalla guerra, dalla fame e dalle miserie un avvenire migliore nelle loro terre di provenienza. L’Occidente ha corresponsabilità nell’origine dei flussi: lo sfruttamento delle risorse, le mire geopolitiche, le alleanze con i dittatori locali hanno reso impossibile la vita di quanti affrontano i viaggi della speranza.

Ora è necessaria una presa di coscienza comune, anche per salvaguardare la difficile pace tra gli stessi Paesi dell’Europa: se gli strumenti giuridici attuali non sono adeguati, è bene che i nostri governanti ne predispongano di nuovi; ai proclami vuoti di senso, ma carichi di odio e paura, devono seguire proposte concrete; alla guerra di valori (quasi fossero totem) è da sostituire un cammino di formazione delle coscienze, che le orienti alla salvaguardia della dignità e della vita.

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