Ginevra: papa Francesco chiede un cammino comunitario

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L’aereo Alitalia AZ4001-A321 che portava Papa Francesco di rientro in Vaticano da Ginevra è atterrato sulla pista principale dell’aeroporto romano di Ciampino alle ore 21.14, iniziata con un tweet che ha scandito questa giornata: “Camminare insieme, pregare insieme, lavorare insieme: ecco la nostra strada maestra verso l’unità dei cristiani”.

E l’intensa giornata ecumenica di papa Francesco si è conclusa con le parole di ringraziamento da parte del vescovo di Ginevra, Losanna e Friburgo, mons. Charles Morerod, al termine della celebrazione eucaristica nel Palaexpo della città elvetica: “L’annuncio della fede, e un annuncio comune da parte dei cristiani, richiede più che mai quel ritorno alla semplicità del Vangelo a cui i santi hanno fatto appello nel corso della storia.

E’ a tale semplicità evangelica che Lei ci chiama, ed è questa che Lei ci mostra. Noi ci portiamo dietro il fardello delle nostre contro-testimonianze passate e presenti, ma d’altro canto la scoperta del Vangelo è per molti una meraviglia profonda e duratura. Il Vangelo ci fa toccare l’eterna novità di Cristo, il ringiovanimento permanente operato dallo Spirito Santo”.

Nell’omelia papa Francesco ha esortato gli svizzeri a non rimanere indifferenti davanti al grido dei più deboli: “Nessuno di noi è figlio unico, ciascuno si deve prendere cura dei fratelli nell’unica famiglia umana, perché non vi sia indifferenza nei riguardi del fratello, di ogni fratello”.

Papa Francesco ha incentrato l’omelia intorno a tre parole, Padre, pane e perdono: “Da Lui discende ogni paternità e maternità. In Lui è l’origine di tutto il bene e della nostra stessa vita. ‘Padre nostro’ è allora la formula della vita, quella che rivela la nostra identità: siamo figli amati. E’ la formula che risolve il teorema della solitudine e il problema dell’orfanezza. E’ l’equazione che indica cosa fare: amare Dio, nostro Padre, e gli altri, nostri fratelli.

E’ la preghiera del noi, della Chiesa; una preghiera senza io e senza mio, tutta volta al tu di Dio e che si coniuga solo alla prima persona plurale. ‘Padre nostro’, due parole che ci offrono la segnaletica della vita spirituale”.

La seconda parola collegata al Padre è pane: “Gesù dice di domandare ogni giorno al Padre il pane. Non serve chiedere di più: solo il pane, cioè l’essenziale per vivere. Il pane è anzitutto il cibo sufficiente per oggi, per la salute, per il lavoro di oggi; quel cibo che purtroppo a tanti nostri fratelli e sorelle manca. Per questo dico: guai a chi specula sul pane!

Il cibo di base per la vita quotidiana dei popoli dev’essere accessibile a tutti… La vita è diventata tanto complicata. Vorrei dire che oggi per molti è come ‘drogata’: si corre dal mattino alla sera, tra mille chiamate e messaggi, incapaci di fermarsi davanti ai volti, immersi in una complessità che rende fragili e in una velocità che fomenta l’ansia”.

Per questo ha proposto di seguire l’esempio di san Luigi Gonzaga: “Scegliamo la semplicità del pane per ritrovare il coraggio del silenzio e della preghiera, lievito di una vita veramente umana. Scegliamo le persone rispetto alle cose, perché fermentino relazioni personali, non virtuali. Torniamo ad amare la fragranza genuina di quel che ci circonda. Quando ero piccolo, a casa, se il pane cadeva dalla tavola, ci insegnavano a raccoglierlo subito e a baciarlo”.

Il pane porta come conseguenza il perdono: “Il perdono rinnova, fa miracoli. Pietro sperimentò il perdono di Gesù e diventò pastore del suo gregge; Saulo diventò Paolo dopo il perdono ricevuto da Stefano; ciascuno di noi rinasce creatura nuova quando, perdonato dal Padre, ama i fratelli. Solo allora immettiamo nel mondo novità vere, perché non c’è novità più grande del perdono, che cambia il male in bene. Lo vediamo nella storia cristiana. Perdonarci tra noi, riscoprirci fratelli dopo secoli di controversie e lacerazioni, quanto bene ci ha fatto e continua a farci! Il Padre è felice quando ci amiamo e perdoniamo di vero cuore. E allora ci dona il suo Spirito”.

In mattinata il papa ha fatto visita e pranzo all’Istituto Ecumenico Bossey, centro internazionale di dialogo e formazione del Consiglio mondiale delle Chiese; poi ha partecipato all’incontro ecumenico nella Visser’t Hooft del Centro ecumenico ginevrino. Alle parole del segretario generale del Consiglio, Olav Fykse Tveit e a quelle della teologa anglicana Agnes Aubom, la riflessione del Papa si è soffermata sul motto scelto per questa giornata: ‘Camminare-Pregare-Lavorare insieme’ in occasione del 70 anniversario del WCC:

“Spinti dall’accorato desiderio di Gesù, non si sono lasciati imbrigliare dagli intricati nodi delle controversie, ma hanno trovato l’audacia di guardare oltre e di credere nell’unità, superando gli steccati dei sospetti e della paura… Siamo i beneficiari della fede, della carità e della speranza di tanti che, con l’inerme forza del Vangelo, hanno avuto il coraggio di invertire la direzione della storia, quella storia che ci aveva portato a diffidare gli uni degli altri e ad estraniarci reciprocamente, assecondando la diabolica spirale di continue frammentazioni.

Grazie allo Spirito Santo, ispiratore e guida dell’ecumenismo, la direzione è cambiata e una via tanto nuova quanto antica è stata indelebilmente tracciata: la via della comunione riconciliata, verso la manifestazione visibile di quella fraternità che già unisce i credenti”.

Il papa, nell’intervento, ha sollecitato i cristiani a camminare: “Non porteremo frutto senza aiutarci a vicenda a rimanere uniti a Lui. In uscita, verso le molteplici periferie esistenziali di oggi, per portare insieme la grazia risanante del Vangelo all’umanità sofferente. Potremmo chiederci se stiamo camminando davvero o soltanto a parole, se presentiamo i fratelli al Signore e li abbiamo veramente a cuore oppure sono lontani dai nostri reali interessi. Potremmo chiederci anche se il nostro cammino è un ritornare sui nostri passi o un convinto andare al mondo per portarvi il Signore”.

Ed a pregare: “Quando diciamo ‘Padre nostro’ risuona dentro di noi la nostra figliolanza, ma anche il nostro essere fratelli. La preghiera è l’ossigeno dell’ecumenismo. Senza preghiera la comunione diventa asfittica e non avanza, perché impediamo al vento dello Spirito di spingerla in avanti”.

Infine a lavorare insieme: “l variegato e intenso servizio delle Chiese-membri del Consiglio trova un’espressione emblematica nel Pellegrinaggio di giustizia e di pace. La credibilità del Vangelo è messa alla prova dal modo in cui i cristiani rispondono al grido di quanti, in ogni angolo della terra, sono ingiustamente vittime del tragico aumento di un’esclusione che, generando povertà, fomenta i conflitti.

I deboli sono sempre più emarginati, senza pane, lavoro e futuro, mentre i ricchi sono sempre di meno e sempre più ricchi”. Ed ha ricordato di pregare per i cristiani del Medio Oriente: “Guardiamo anche a tanti nostri fratelli e sorelle che in varie parti del mondo, specialmente in Medio Oriente, soffrono perché sono cristiani. Stiamo loro vicini.

E ricordiamo che il nostro cammino ecumenico è preceduto e accompagnato da un ecumenismo già realizzato, l’ecumenismo del sangue, che ci esorta ad andare avanti. Incoraggiamoci a superare la tentazione di assolutizzare determinati paradigmi culturali e di farci assorbire da interessi di parte. Aiutiamo gli uomini di buona volontà a dare maggior spazio a situazioni e vicende che riguardano tanta parte dell’umanità, ma che occupano un posto troppo marginale nella grande informazione”.

Iniziando la giornata con la preghiera ecumenica aveva sottolineato il valore dell’unità: “Guardando al nostro cammino, possiamo rispecchiarci in alcune situazioni delle comunità della Galazia di allora: quant’è difficile sopire le animosità e coltivare la comunione, quant’è ostico uscire da contrasti e rifiuti reciproci alimentati per secoli! Ancora più arduo è resistere alla tentazione subdola: stare insieme agli altri, camminare insieme, ma con l’intento di soddisfare qualche interesse di parte.

Questa non è la logica dell’Apostolo, è quella di Giuda, che camminava insieme a Gesù ma per i suoi affari. La risposta ai nostri passi vacillanti è sempre la stessa: camminare secondo lo Spirito, purificando il cuore dal male, scegliendo con santa ostinazione la via del Vangelo e rifiutando le scorciatoie del mondo”.

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