Gariwo alla plenaria IHRA: raccontare i Giusti

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Nel mese di maggio anche Gariwo ha partecipato alla plenaria dell’International Holocaust Remembrance Alliance, organizzata a Roma nel mese di maggio dalla delegazione italiana IHRA. In particolare, Gariwo ha presentato la propria attività davanti ai delegati dei 31 Paesi IHRA e delle associazioni che si occupano di memoria, all’interno del Comitato su Olocausto, genocidi e crimini contro l’umanità presieduto da Klaus Mueller, rappresentante per l’Europa del Museo dell’Olocausto di Washington.

L’IHRA già nel 2010 aveva prodotto delle linee guida su Olocausto e genocidi, ma in questa occasione è sorta la necessità di rivederle alla luce di cambiamenti e progressi nell’educazione a questi temi e di un confronto con esperienze locali, proprio come quella di Gariwo. In particolare, negli ultimi anni si sono moltiplicati gli studi comparativi sui genocidi non solo per comprendere genocidi passati e presenti, ma anche per analizzare razzismo, xenofobia e eventi presenti.

Dall’incontro tra i membri fondatori (Gabriele Nissim, Pietro Kuciukian, Ulianova Radice e Anna Maria Samuelli) l’anima di Gariwo è sempre stata quella di diffondere le storie dei Giusti per dare vita a una memoria educativa: una riflessione sul passato in grado di far comprendere i meccanismi che hanno portato a guerre, crimini contro l’umanità e genocidi, con l’obiettivo di educare alla responsabilità personale e prevenire così nuove atrocità di massa.

Ecco il ruolo degli esempi positivi dei Giusti: mostrare che, anche di fronte a genocidi e totalitarismi, è sempre esistito qualcuno che ha scelto di difendere la dignità umana. L’intuizione di Gariwo è stata quella di partire dal termine biblico, usato poi in Israele dopo la Seconda guerra mondiale per definire chi ha aiutato gli ebrei durante la Shoah, renderlo universale e onorare chi (durante i genocidi in Armenia, Rwanda, Cambogia, Guatemala, durante i totalitarismi o la pulizia etnica nei Balcani, così come nei conflitti attuali e di fronte alle sfide del proprio tempo) si è opposto ai crimini contro l’umanità in ogni parte del mondo. Per ogni momento storico o nuovo genocidio possono esserci nuove sfumature del termine; per questo non può esistere una rigida classificazione in tipologie di figure esemplari.

Ecco così che nei Giardini dei Giusti i nomi di Primo Levi, Giorgio Perlasca, Jan Karski e Irena Sendler sono scolpiti accanto a quelli di Etty Hillesum, Sophie Scholl, Yolande Mukagasana, Claire Ly, Svetlana Broz, Enrico Calamai, Andrej Sacharov, Hrant Dink, Nelson Mandela, Alganesh Fessaha, Lassana Bathily e molti altri.

Tutti questi Giusti sono coloro che Gabriele Nissim, nel suo ultimo libro ‘Il bene possibile’, chiama i ‘guardiani dell’umanità’, ovvero quanti, indipendentemente dalle proprie posizioni politiche e sociali, non possono accettare che nel mondo ci siano esseri umani considerati inutili o addirittura dannosi, e per questo non si arrendono alla disumanizzazione, salvaguardando la propria dignità e difendendo così la comune umanità.

Ed, alcuni giorni prima, nella presentazione del nuovo libro di Gabriele Nissim, ‘Il bene possibile’, lo psicanalista Massimo Recalcati ha chiarito il significato di ‘giusto’: “Quando la politica si allontana da tutto questo diventa una politica infernale, totalitaria, che sacrifica il diritto del particolare in nome dell’universale. Il Giusto invece ragiona ribaltando il rapporto, mettendo in primo piano la dimensione insacrificabile della vita.

Il Giusto nel suo atto mostra che non c’è mai una ragione necessaria per sacrificare una vita, nemmeno per un sommo ideale, perché altrimenti entriamo in una contraddizione assoluta: l’ideale è infatti rendere la vita insacrificabile… In questo senso la ‘politica’ del Giusto si ispira a una definizione che Lacan dà dell’amore che mi ha sempre molto convinto: non esiste amore per la vita.

Io direi anche che non esiste amore per l’altro in generale, l’amore è sempre amore per il nome, anzi per il nome proprio. Questo significa evitare quel binomio folle, che ispira ogni politica dell’odio, cioè l’opposizione tra la superiorità del puro e l’inferiorità dell’impuro (tra casta e anticasta, se dovessimo fare una declinazione politica elementare). Allora il giardiniere totalitario, ci dice nel suo libro Nissim, elimina le erbe infestanti per valorizzare nel giardino solo la parte pura dei fiori che hanno diritto di esistere.

Noi, chiaramente in un’altra forma, siamo di fronte a una vento simile che soffia dagli Stati Uniti alla nostra Europa. La tentazione del muro, della separazione manichea tra puro e impuro: questa è la tentazione del male, perché quando uno si muove nel mondo pensando di essere un puro, non c’è più limite al male che può compiere”.

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