Beatificata suor Leonella Sgorbati: una vita per l’Africa

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Il martirio di suor Leonella Sgorbati “invita a deporre le armi e a trasformarle in strumenti di lavoro e di pace nella terra somala, prima pacifico territorio dell’Africa orientale, oggi luogo di desolazione e di morte”: così ha detto il card. Angelo Amato alla beatificazione della suora missionaria della Consolata uccisa in odium fidei a Mogadiscio 12 anni fa.

Nell’ultimo sabato di maggio, nella cattedrale di Piacenza, il prefetto della Congregazione delle cause dei santi ha presieduto il rito per la prima beatificazione nella diocesi di Piacenza-Bobbio, dove Rosa, questo il suo nome al secolo, era nata il 9 dicembre 1940. Tra i 150 concelebranti, ecclesiastici legati alle Chiese in cui la religiosa ha vissuto, l’ordinario locale mons. Gianni Ambrosio, l’arcivescovo di Milano mons. Mario Delpini, il cardinale di Nairobi John Njue, il vescovo di Gibuti e amministratore apostolico di Mogadiscio mons. Giorgio Bertin e numerose missionarie della Consolata, guidate dalla superiora generale, suor Simona Brambilla.

Nell’omelia il prefetto della Congregazione per le cause dei santi ha ricordato il significato del martirio cristiano: “Il martire cristiano non è un fanatico distruttore, ma un messaggero di fraternità umana, di carità, di perdono”. In proposito il card. Amato ha ricordato come negli ultimi decenni la presenza della Chiesa cattolica in Somalia “sia stata brutalmente cancellata: con la cacciata dei missionari, con la repressione dei fedeli e con le uccisioni cruente e ingiustificate di testimoni della fede”.

Ed ha ricordato i cristiani che sono stati uccisi in terra somala: “Mons. Salvatore Colombo, primo vescovo di Mogadiscio; il missionario francescano Pietro Turati; il medico Graziella Fumagalli, direttrice del centro antitubercolare della Caritas italiana; la missionaria laica Annalena Tonelli, fondatrice di opere a favore di sordomuti e di bambini disabili. Suor Leonella fa parte di questo corteo di benefattori dell’umanità povera e bisognosa, uccisi in odio alla fede cristiana. Proprio lei che aveva sempre desiderato si avverassero le parole del canto: Signore con cuore semplice e gioioso ho dato tutto”.

Il celebrante ha rievocato quel pomeriggio di domenica 17 settembre 2006, quando la missionaria morì alle 13.45, dopo essere stata gravemente ferita con colpi di fucile sparati “da un fanatico integralista. Le sue ultime parole furono: ‘perdono, perdono perdono’. Erano le parole stesse di Gesù quando perdonò i suoi crocifissori.

E costituiscono la carta d’identità del martire cristiano che non è un assassino ma una vittima inerme e innocente della cattiveria altrui: riceve male per bene, morte per vita; al rancore risponde con l’amore, e non si vendica delle offese ricevute, ma perdona, prega e fa del bene a quanti lo perseguitano”. Ecco allora che il martirio di suor Leonella diventa ‘un seme di speranza; un dono che genera pace e fratellanza’.

Come dimostrano la testimonianza di un fedele anglicano riportata dal celebrante e una lettera del settembre 2006 scritta dall’allora superiora generale delle missionarie della Consolata, madre Gabriella Bono: ‘Il martirio di suor Leonella non fu un evento improvvisato, ma il frutto di una vita spesa perché ogni persona conoscesse l’incredibile amore di Dio per ogni creatura’.

Infine, riguardo all’eredità di suor Leonella, il card. Amato ha evidenziato come a tutti abbia lasciato “un messaggio di vita, che in famiglia e nella società apre strade di comprensione e di dialogo, di accoglienza, di amore, di perdono”. Al termine della celebrazione suor Simona Brambilla, superiora generale delle Missionarie della Consolata ha ringraziato chi ha partecipato alla cerimonia religiosa:

“Oggi è veramente un giorno di gioia e di rendimento di grazie per la Famiglia della Consolata e per la Chiesa tutta. Oggi abbiamo celebrato la bellezza, la fecondità, la profondità e la radicalità della nostra vocazione cristiana. Il martirio di Suor Leonella ci riporta infatti alle radici profonde del nostro essere cristiani, ossia persone appassionate di Cristo, appartenenti a Cristo, conquistate da Cristo e da Lui e in Lui trasformate.

La celebrazione odierna quindi è essenzialmente una festa vocazionale, un’occasione preziosa di fare memoria grata dell’essenza più vera e cristallina della vocazione cristiana. Desidero ringraziare con tutto il cuore Dio che ci dona di celebrare assieme la nostra vocazione, riconoscendo in Ssor Leonella una testimone, ossia una persona che, con la sua vita, racconta, ridice, fa memoria di Cristo.

Desidero ringraziare la nostra Madre tenerissima, la Consolata, che è alla radice dei nostri Istituti Missionari e che, quale vera mamma, accompagna e sostiene ciascuno dei suoi figli e figlie nel cammino di santità missionaria che il beato Giuseppe Allamano, nostro fondatore, trasmettendoci il carisma, ci ha indicato. Diceva il beato Allamano alle Sorelle: ‘Voi dovreste venir tutte sante, non dico tutte sugli altari sebbene qualche martire mi piacerebbe pure averla’.

Oggi abbiamo una martire riconosciuta tale dalla Chiesa: suor Leonella, missionaria della Consolata! Il riconoscimento del martirio di suor Leonella ha un senso forte e profondissimo per noi: si tratta di un ulteriore sigillo della Chiesa sul cammino di santità che il nostro carisma ci propone, nel vivere la missione ad gentes, tra non cristiani, nel segno della Consolazione.

Leonella consuma la sua vita proprio così, quale mediazione umile e fragile della consolazione di Dio, tra i non cristiani, tra i fratelli e le sorelle somali di fede islamica, che amava con tutto il suo cuore di sorella e di madre”. E non si può dimenticare il ritratto tracciato da papa Benedetto XVI, nella preghiera dell’Angelus il 24 di settembre 2006: “Questa Suora, che serviva i poveri e i piccoli in Somalia, è morta pronunciando la parola ‘Perdono’: ecco la più autentica testimonianza cristiana, segno pacifico di contraddizione che dimostra la vittoria dell’amore sull’odio e sul male”.

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