Papa Francesco invita a pregare per la pace a Gerusalemme

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Nel Regina Coeli della festa di Pentecoste papa Francesco ha invitato a pregare per la pace in Terra Santa: “La Pentecoste ci porta col cuore a Gerusalemme. Ieri sera sono stato spiritualmente unito alla veglia di preghiera per la pace che ha avuto luogo in quella Città, santa per ebrei, cristiani e musulmani. E oggi continuiamo a invocare lo Spirito Santo perché susciti volontà e gesti di dialogo e di riconciliazione in Terra Santa e in tutto il Medio Oriente”.

Quindi il papa ha ricordato l’amore della Chiesa per Gerusalemme, come ha sottolineato anche il suo amministratore apostolico, mons. Pierbattista Pizzaballa, in occasione della veglia di preghiera per la pace a Gaza e in Medio Oriente che si è tenuta nella Città santa sabato scorso:

“Siamo qui riuniti innanzitutto per stringerci intorno al dolore di quanti in questi ultimi giorni hanno perso la vita. Purtroppo, dobbiamo ancora una volta constatare che nella nostra Terra la violenza e la forza sono considerate l’unico linguaggio possibile e che parlare di dialogo è diventato solo uno slogan. Lo abbiamo già detto altre volte e rilevato troppo spesso: nella nostra Terra la vita umana ha poco valore”.

Ricordando gli episodi di violenza avvenuti nelle settimane scorse mons. Pizzaballa ha esortato i propri fedeli ad attingere il coraggio di credere alla pace dalla preghiera: “Molto è già stato detto, e di fronte a queste tragedie pensiamo sia meglio non parlare troppo ma stare in silenzio di fronte al Signore per intercedere, pregare e chiedere il dono della fiducia e della pace.

Dopo questi ennesimi episodi di violenza, infatti, e di fronte alle minacce di guerra che ancora incombono, dobbiamo attingere dalla preghiera la forza di credere ancora e avere fiducia che possiamo cambiare e che la nostra Terra possa un giorno conoscere la giustizia e la pace, per la quale vale ancora la pena di operare”.

Ricordando la solennità della Pentecoste l’amministratore apostolico ha chiesto di sanare le relazioni sociali: “Forse non riusciremo a cambiare come vorremmo il mondo nel quale viviamo, ma possiamo e dobbiamo cominciare da noi, dalla nostra comunità e diventare per quanti vivono tra noi e attorno a noi attrazione alla verità e alla giustizia.

Nella vigilia della solennità di Pentecoste, dunque, chiediamo il dono dello Spirito, che ci faccia comprendere e illumini la nostra vocazione personale ed ecclesiale, in questo nostro conteso sociale così ferito e stanco; ci renda capaci innanzitutto di accogliere la nostra realtà senza menzogne e senza illusioni, metta sulle nostre labbra parole di consolazione, ci dia il coraggio della difesa della giustizia senza compromessi con la verità e nel rispetto della carità. Ci renda capaci di perdono.

Duemila anni fa, un piccolo gruppo di discepoli, illetterati e impreparati a tutto, ha ricevuto in eredità il mandato di cambiare il mondo. Ci sono riusciti e lo hanno cambiato. Possiamo farlo dunque anche noi, piccole gregge della Chiesa di Gerusalemme. Non guardiamo ai nostri numeri, e non confidiamo troppo nelle nostre forze e non presumiamo che le nostre strategie siano la risposta. Guardiamo a quei 12 illetterati. Lo hanno fatto semplicemente testimoniando Cristo risorto”.

Queste parole sono state raccolte dal vescovo di Clifton nel New Jersey, mons. Declan Ronan Lang, presidente del Coordinamento per la Terra santa, organismo che riunisce i vescovi rappresentanti di Stati Uniti, Canada, Unione europea e Sud Africa: “Centinaia di famiglie in tutta Gaza stanno piangendo i loro cari, morti e feriti. Ogni forma di violenza è distruttiva per gli sforzi di pace e il nostro grido è per una soluzione pacifica. Preghiamo per tutti coloro che soffrono di questo conflitto e per la pace di Gerusalemme”.

Ed in un incontro nella diocesi di Bergamo, qualche settimana precedente, p. Francesco Patton, custode di Terra Santa, aveva spiegato che i cristiani in Terra Santa sono circa 170.000, il 2% della popolazione e che dal 1948 a oggi la loro presenza è diminuita costantemente; 70 anni fa un abitante su cinque dello Stato d’Israele era cristiano:

“Una presenza minima, ma che vuole essere segno di speranza e di costruzione di pace… Una delle principali difficoltà di oggi è il muro, la barriera di separazione che divide lo stato d’Israele dai Territori palestinesi. Si deve cercare di superare il muro facendo incontrare e conoscere le diverse realtà di questa terra: cristiane, musulmane ed ebraiche.

Alcuni esempi: a Gerico, nella scuola francescana frequentata al 90% da musulmani, la Custodia sta compiendo piccoli passi affinché i due mondi tornino ad incontrarsi. Oppure ad Emmaus dove la comunità locale, con una sola famiglia cristiana, ha chiesto aiuto per costruire una scuola materna. La riconciliazione inizia quando si ricomincia ad incontrarsi, creando relazioni per sostenere realtà creative come il Magnificat, Scuola di musica della Custodia di Terra Santa aperta a tutte le confessioni.

Questo vale anche per il rispetto tra le diverse religioni, permettendo all’altro di esprimere la propria devozione nella preghiera”. Quindi custodire i Luoghi Santi significa anche prendersi cura delle persone: “La nostra presenza è comunque, e rimane, una presenza di minoranza, che richiede da parte nostra la consapevolezza di questa nostra condizione e la dedizione al servizio della minoranza cristiana”.

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