Il papa ai sacerdoti romani: lasciarsi scompigliare dallo Spirito Santo

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Incontrando i sacerdoti della diocesi di Roma a san Giovanni in Laterano papa Francesco ha indicato la prospettiva della ‘rivoluzione della tenerezza’ per combattere fenomeni come ‘l’individualismo, l’isolamento, la paura di esistere, la frantumazione e il pericolo sociale, tipici di tutte le metropoli presenti anche nella Capitale.

Inoltre il papa, nel discorso scritto e nelle risposte a braccio, ha raccomandato a sacerdoti e laici di ‘ascoltare senza timore il grido che sale dalla nostra gente di Roma’. Quindi dopo un primo momento di preghiera, ha ascoltato la sintesi dei lavori pervenuti dalle parrocchie, letta da don Paolo Asolan, professore al Pontificio Istituto Pastorale ‘Redemptor Hominis’ della Pontificia Università Lateranense, che, tra le malattie più segnalate, ha citato “una dimensione sociale tutta da ricostruire (molto è accentrato sull’individuo), un ripiegamento sulla propria comunità (si fa fatica a vedere un orizzonte più ampio, come quello della diocesi), le troppe iniziative pastorali, la mancanza di generatività spirituale, la frenesia e la schiavitù del tempo riempito di cose da fare”.

Alle domande poste dal vicario mons. De Donatis, a nome dei presenti, il papa ha proposto una ‘Chiesa in uscita’, che sappia curare la malattia: “Il Signore vuol farci crescere con l’esperienza della guarigione: non a caso nei Vangeli il Signore, senza essere un guaritore o uno stregone, guariva, guariva, guariva… E’ un segno della redenzione, un segno di quello che è venuto a fare: guarire le nostre radici. Lui ci ha guarito pienamente: la grazia guarisce in profondità. Non anestetizza, guarisce. E questa esperienza di guarigione che abbiamo visto nel Signore, nella sua vita guariva a fondo e con il dialogo spirituale, dobbiamo farla noi come Chiesa diocesana”.

Eppoi ha consigliato di farsi aiutare per guarire attraverso il dialogo con le persone e con la lettura di alcuni libri: “Parlare con Gesù, parlare con un altro, parlare con la Chiesa. E credo che questo sia il primo passo. Poi, aiuterà leggere qualcosa su quell’argomento. Ci sono cose belle, ci sono anche dei metodi per risolvere alcune di queste malattie. Due anni fa ho regalato ai cardinali, per gli auguri di Natale, una cosa molto bella che è stata scritta da padre Acquaviva: ‘Accorgimenti per curare le malattie dell’anima.

E’ stato pubblicato da mons. Libanori e padre Forlai… Anche questo aiuta, per vedere come sono le malattie: ‘Ah, io ho questa!’, e come guarirle; o leggere qualcosa che ti consigliano di leggere. Ma sempre guardare avanti. Posso fare tutto questo: pregare, parlare con un altro, leggere… Ma l’unico che può guarire è il Signore. L’unico”.

La seconda domanda riguardava il ‘popolo santo’ di Dio ed il papa ha invitato ad uscire dall’individualismo: “Questo individualismo che provoca frantumazione, la coscienza isolata, autoreferenziale, è sempre un ‘guardarsi l’ombelico’. Quelle persone che guardano sé stesse e cercano (questo è un pericolo grande) il menu personale: non quello di cui ho bisogno, quello che mi indica il medico, no, ma quello che mi piace. Oppure cercano novità. Quelli che cercano le novità, ansia di novità. Parlo di cristiani bravi, che vogliono darsi da fare ma sentono di quello, di quello, di quello… le novità…”.

Ed ha raccontato un aneddoto: “E l’altro aneddoto sugli esercizi ci dice che queste novità si ‘sciolgono’ soltanto con una buona dose di realismo, che con questa ansia bisogna che qualcuno mi dia uno schiaffo per svegliarmi. C’erano degli esercizi per religiose e il prete che dava gli esercizi era una persona che aveva una dottrina speciale sulla spiritualità, anche sulla consonanza con il mondo, col cosmo, insomma, cose del genere… E c’era una suora, sui 60 anni, che da 40 anni era in ospedale, una spagnola, di quelle brave. Quello era il periodo che aveva per gli esercizi e si era iscritta lì. Ma questo sacerdote aveva un metodo orientalistico per fare gli esercizi…

A volte, ci vuole gente che ci dia uno schiaffo, quando stiamo cercando le novità: cercare la panna senza la torta. Dobbiamo cercare quello che ci rende Chiesa, il nutrimento che ci fa crescere come Chiesa. E il pericolo in questo caso è uno dei due che ho segnalato nella Esortazione sulla santità: lo gnosticismo, che ti fa ricercare cose ma senza incarnazione, senza entrare nella vita tua incarnata. E così diventi più individualista, più isolato, con il tuo gnosticismo”.

Quindi riprendendo l’esortazione apostolica ‘Evangelii Nuntiandi’ di papa Paolo VI ha invitato a valorizzare sempre il ‘popolo di Dio’: “E’ l’unico modo: la comunità ci guarisce, la spiritualità comunitaria ci guarisce… Lo Spirito è quello che fa lo scompiglio e quello che fa l’armonia! Perché per fare scompiglio è proprio un campione, basta leggere il Libro degli Atti degli Apostoli. Tutto quello scompiglio che ha fatto all’inizio della Chiesa apostolica… Ma fa anche l’armonia.

E nella nostra vita è lo stesso: nella vita parrocchiale fa lo scompiglio che sempre va insieme con l’armonia, quando lo fa Lui. E quando lo scompiglio, cioè la quantità di cose che si fanno, sono dallo Spirito, diventa armonico, sempre, e questo non stanca, questo non esaurisce. Il discernimento va in quella direzione: l’armonia dello Spirito. L’armonia dello Spirito è una delle cose che dobbiamo cercare sempre, ma sempre con quella varietà. Lui è capace di unire tante cose diverse, che Lui stesso ha creato”.

Ed ha indicato alcuni punti concreti per aiutare a trovare l’armonia: “Primo, la Persona del Signore, Cristo, il Vangelo in mano. Dobbiamo abituarci a leggere un passo del Vangelo tutti i giorni: ogni giorno un passo del Vangelo, per arrivare a conoscere meglio Cristo. Secondo, la preghiera: se tu leggi il Vangelo, subito ti viene la voglia di dire qualcosa al Signore, di pregare, fare un dialogo con Lui, breve… E terzo, le opere di misericordia. Con questi tre punti credo che questo senso di fastidio sparisce e andiamo verso l’armonia che è tanto grande. Ma sempre bisogna chiedere la grazia dell’armonia nella mia vita, nella mia comunità e nella mia diocesi”.

Rispondendo all’ultima domanda sui giovani ha invitato i sacerdoti ad ascoltarli veramente: “Loro sono proprio una preda facile per l’alienazione culturale: le proposte che fanno ai giovani sono tutte alienanti, tutte alienanti. Quelle che fa la società ai giovani. Alienante dai valori, alienante dall’inserimento nella società, alienante pure dalla realtà: propongono una fantasia di vita. A me preoccupa che loro comunichino e vivano nel mondo virtuale. Vivono così, comunicano così, non hanno i piedi per terra…

Il mondo delle comunicazioni virtuali è una cosa buona, ma quando diventa alienante ti fa dimenticare di dare la mano… Dobbiamo fare ‘atterrare’ i giovani nel mondo reale. Toccare la realtà. Senza distruggere le cose buone che può avere il mondo virtuale, perché servono. E’ importante questo: la realtà, la concretezza. Per questo torno su una cosa che ho detto prima su un’altra domanda: le opere di misericordia aiutano tanto i giovani. Fare qualcosa per gli altri, perché questo li concretizza, li fa ‘atterrare’. Ed entrano in un rapporto sociale”.

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