Papa Francesco affida la pace alle preghiere del mese mariano

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Per l’inizio del mese Mariano papa Francesco si è recato al Santuario della Madonna del Divino Amore, dove ha presieduto la recita del Rosario dinanzi alla immagine della Madonna del Miracolo, offrendo il Rosario per la pace nella ‘martoriata Siria’ e nel mondo.

Al suo arrivo al santuario papa Francesco è stato accolto dall’arcivescovo Vicario di Roma, mons. Angelo De Donatis, dal vescovo ausiliare per il Settore Sud, mons. Paolo Lojudice, da mons. Enrico Feroci, presidente degli Oblati Figli del Divino Amore, da don Luciano Chagas Costa, rettore del Santuario, da don Vincent Pallippadan, rettore del Seminario della Madonna del Divino Amore, e dal parroco, don John Harry Bermeo Sanchez.

Al termine della recita del Rosario, prima di lasciare il Santuario, papa Francesco ha incontrato gli anziani e gli ammalati ospiti della Casa di riposo del Divino Amore, ed un gruppo di mamme e bambini residenti nella Casa famiglia Mater Divini Amoris ed ha salutato i fedeli radunati nel piazzale: “Grazie tante adesso vorrei darvi la Benedizione e preghiamo insieme la Madonna. Per favore, non dimenticatevi di pregare per me!”.

Il mese di maggio è dedicato alla Madonna da quando Alfonso X, re di Castiglia, celebrava Maria come: ‘Rosa delle rose, fiore dei fiori, donna fra le donne, unica signora, luce dei santi e dei cieli via’. Le prime pratiche devozionali, legate al mese di maggio risalgono al XVI secolo, quando a Roma san Filippo Neri insegnava ai suoi giovani a cantare le sue lodi.

La devozione mariana diventa prassi con la proclamazione del Dogma dell’Immacolata Concezione (1854) e cresce grazie all’amore per la Vergine di santi come don Bosco, arrivando addirittura al magistero dei Papi con l’enciclica ‘Mense Maio’ datata 29 aprile 1965, in cui papa Paolo VI ha indicato maggio come “il mese in cui, nei templi e fra le pareti domestiche, più fervido e più affettuoso dal cuore dei cristiani sale a Maria l’omaggio della loro preghiera e della loro venerazione. Ed è anche il mese nel quale più larghi e abbondanti dal suo trono affluiscono a noi i doni della divina misericordia”.

In mattinata papa Francesco ha incontrato i dipendenti del quotidiano ‘Avvenire’ nel cinquantesimo della sua fondazione: “Sono contento di condividere questo momento con voi e di farlo nella giornata dedicata a san Giuseppe lavoratore. E’ facile affezionarsi alla figura di San Giuseppe e affidarsi alla sua intercessione. Ma per diventare davvero suoi amici occorre ricalcarne le orme, che rivelano un riflesso dello stile di Dio. Giuseppe è l’uomo del silenzio.

A prima vista, potrebbe perfino sembrare l’antitesi del comunicatore. In realtà, solo spegnendo il rumore del mondo e le nostre stesse chiacchiere è possibile l’ascolto, che rimane la condizione prima di ogni comunicazione. Il silenzio di Giuseppe è abitato dalla voce di Dio e genera quell’obbedienza della fede che porta a impostare l’esistenza lasciandosi guidare dalla sua volontà”.

Durante l’incontro il papa ha tracciato il profilo di san Giuseppe attento e premuroso: “Non a caso, Giuseppe è l’uomo che sa destarsi e alzarsi nella notte, senza scoraggiarsi sotto il peso delle difficoltà. Sa camminare al buio di certi momenti in cui non comprende fino in fondo, forte di una chiamata che lo pone davanti al mistero, dal quale accetta di lasciarsi coinvolgere e al quale si consegna senza riserve. Giuseppe è, quindi, l’uomo giusto, capace di affidarsi al sogno di Dio portandone avanti le promesse.

E’ il custode discreto e premuroso, che sa farsi carico delle persone e delle situazioni che la vita ha affidato alla sua responsabilità. E’ l’educatore che, senza pretendere nulla per sé, diventa padre grazie al suo esserci, alla sua capacità di accompagnare, di far crescere la vita e trasmettere un lavoro. Sappiamo quanto quest’ultima dimensione, a cui è legata la festa di oggi, sia importante.

Proprio al lavoro, infatti, è strettamente legata la dignità della persona: non al denaro, né alla visibilità o al potere, ma al lavoro. Un lavoro che dia modo a ciascuno, qualunque sia il suo ruolo, di generare quella imprenditorialità intesa come ‘actus personae’, dove la persona e la sua famiglia restano più importanti dell’efficienza fine a sé stessa”.

Ed ha paragonato i dipendenti del giornale alla figura del padre putativo del Figlio di Dio: “Lasciatevi interrogare da quello che accade. Ascoltate, approfondite, confrontatevi. State lontani dai vicoli ciechi in cui si dibatte chi presume di aver già capito tutto. Contribuite a superare le contrapposizioni sterili e dannose. Con la testimonianza del vostro lavoro fatevi compagni di strada di chiunque si spende per la giustizia e la pace.

Giuseppe, uomo del silenzio e dell’ascolto, è anche l’uomo che nella notte non perde la capacità di sognare, di fidarsi e di affidarsi. Il sogno di Giuseppe è visione, coraggio, obbedienza che muove il cuore e le gambe. Questo Santo è icona del nostro popolo santo, che in Dio riconosce il riferimento che abbraccia con senso unitario tutta la vita. Tale fede coinvolge nell’azione e suscita buone abitudini. E’ sguardo che accompagna processi, trasforma i problemi in opportunità, migliora e costruisce la città dell’uomo.

Vi auguro di saper affinare e difendere sempre questo sguardo; di superare la tentazione di non vedere, di allontanare o escludere. E vi incoraggio a non discriminare; a non considerare nessuno come eccedente; a non accontentarvi di quello che vedono tutti. Nessuno detti la vostra agenda, tranne i poveri, gli ultimi, i sofferenti. Non ingrossate le fila di quanti corrono a raccontare quella parte di realtà che è già illuminata dai riflettori del mondo. Partite dalle periferie, consapevoli che non sono la fine, ma l’inizio della città”.

E li ha invitati ad essere persone della misericordia: “Giuseppe, infine, è il Santo custode, l’uomo della concretezza e della prossimità. In fondo, proprio in questa disponibilità a prendersi cura dell’altro sta il segreto della sua paternità, ciò che lo ha reso davvero padre. L’esistenza dello sposo della Vergine è richiamo e sostegno a una Chiesa che non accetta la riduzione della fede alla sfera privata e intima, né si rassegna a un relativismo morale che disimpegna e disorienta.

Possiate anche voi esprimere una Chiesa che non guarda la realtà né da fuori né da sopra, ma si cala dentro, si mescola, la abita e, in forza del servizio che offre, suscita e dilata la speranza di tutti. Vi incoraggio a custodire lo spessore del presente; a rifuggire l’informazione di facile consumo, che non impegna; a ricostruire i contesti e spiegare le cause; ad avvicinare sempre le persone con grande rispetto; a scommettere sui legami che costituiscono e rafforzano la comunità”.

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