Juri Camisasca: un incontro con la mistica attraverso la musica

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Juri Camisasca ritorna a suonare in Toscana dopo 15 anni con il suo progetto live ‘Adunanza mistica’, lunedì 30 aprile al Teatro Odeon di Firenze, in un concerto che è una ‘adunanza di anime’, viaggio tra suoni e parole provenienti da spazi interiori e culture diverse.

Un percorso che attraverserà l’intero mondo poetico del musicista lombardo, con brani estratti dai suoi rari e preziosi album e composizioni rese note da interpreti capaci di dare voce al suo intimo: artisti del calibro di Franco Battiato, Giuni Russo ed Alice.

Un’occasione rara per ascoltare dal vivo le sue ultime canzoni, quelle contenute nell’album ‘Spirituality’, uscito nel 2016, realizzato in tandem con Rosario Di Bella. Non mancheranno esecuzioni di brani appartenenti alla tradizione gregoriana. Ad accompagnare Camisasca, Erika Lo Giudice al pianoforte e alle tastiere e il percussionista Peppe Di Mauro. All’attrice Laura Cardillo il compito di leggere brani della tradizione spirituale. Mario Barzaghi sarà l’ospite d’eccezione di questa adunanza mistica con la sua performance di teatro kathakhali:

“L’adunanza ha un valore di coinvolgimento generale verso il raccoglimento interiore, più che verso lo svago. L’intento della performance è un richiamo alla vita interiore”. Forse i più giovani non lo sapranno ma Juri Camisasca è noto al grande pubblico per il suo sodalizio artistico con Franco Battiato per il quale ha composto ‘Nomadi’ e interpretato opere e film (‘Genesi a Telesio’, ‘Niente è come sembra’, ‘Musikanten’ e ‘Perduto amor’).

Nato a Melegnano in provincia di Milano Juri Camisasca è stato uno degli artisti più originali e misteriosi degli anni ‘70 ed, in particolare della musica ‘progressive’ italiana, nella quale ha innestato elementi spirituali. Proprio l’interesse per la spiritualità lo spingerà nel decennio successivo, a soli 25 anni, ad abbracciare la vita monastica e ad approfondire gli studi teologici e filosofici apprendendo anche l’arte dell’icona.

Dopo una parentesi dedicata all’insegnamento, Camisasca ritorna a produrre dischi e concerti convertendosi ad una forma di vita ‘solitaria’ alle pendici dell’Etna, dopo aver vissuto una vita monastica nelle Marche.

Ma chi è Juri Camisasca? Ce lo siamo fatto spiegare da lui, raggiunto telefonicamente alcuni giorni prima del concerto: “Sono vissuto per undici anni in un monastero benedettino dove, dopo un periodo da eremita sull’Etna, farò certamente ritorno. Ho sentito la necessità di compiere questo cambiamento che non ha toccato il mio stile di vita.

Mi sono calato in un’altra parte del mondo per portare avanti il mio progetto della canzone. Fuori dal monastero conduco una vita anche più dura, sto da solo, e dalla mia esperienza eremitica nascono anche le canzoni. Prima di convertirmi al cristianesimo ero uno che seguiva Kerouac, Hendrix, la beat generation, il mito di Woodstock.

Poi è accaduto un fatto concreto nella mia esistenza: l’incontro con Cristo che ha capovolto tutto. L’essere monaco benedettino è una conseguenza della mia scelta: trovare lo spazio adatto per uno stile di vita cristiano”.

Il suo cambiamento di vita a cosa è dovuto?
“Il mio cambiamento di vita è dovuto ad un atto totalmente gratuito di Dio. Noi parliamo di Dio, ma sono soltanto parole. Però c’è una realtà che supera l’infinito, ed è Amore assoluto. A volte questo Amore si fa sentire bene, come è capitato a me. A 25 anni questo Amore mi ha letteralmente sconvolto; ha capovolto i miei valori sbagliati della vita. Ho iniziato a vedere la vita in un’altra maniera: non più come sofferenza, ma come dono, come bellezza e come miracolo, perché la vita stessa è miracolo.

Questo intervento gratuito mi ha fatto capire questa dimensione. Quindi ho avvertito il bisogno di vivere ancora di più nel silenzio e nella solitudine. La cosa che mi interessa è solo la ricerca di Dio. E’ una ricerca non facile e la mia paura è che per molti sia soltanto una questione concettuale, di intelletto.

Invece c’è un’ascesi ben precisa da fare: questo Dio che noi cerchiamo dobbiamo conoscerlo realmente, dobbiamo lasciarci conoscere da Lui. O viviamo sul serio questa esperienza, e per viverla ci devono essere determinate condizioni, oppure si rischia di imparare il catechismo a memoria credendo di aver concluso tutto, ma non è così. Come non è sufficiente entrare in monastero per considerarsi santi. La strada è lunga e dura. Ecco allora il senso della mia scelta personale di vivere nel silenzio e nella solitudine”.

A proposito di vita interiore come coniugare musica e silenzio?
“La musica è l’esternazione di quello che noi siamo. Se tu vivi una vita nel silenzio nel momento in cui suoni comunichi questa dimensione di silenzio, perché il silenzio non va inteso come mancanza di parola o di comunicazione. Il silenzio è una dimensione della nostra vita interiore.

Il suono è un modo di comunicare questa dimensione silenziosa. In questo senso si coniuga silenzio e musica. Il silenzio è alla base della comunicazione, perché se nella nostra mente non facciamo silenzio non siamo capaci di ascoltare le parole degli altri. Quindi è importante saper ascoltare gli altri. Una parola che nasce dal silenzio ha un’incisività più pesante di una parola che nasce dal kaos. Il silenzio è anche preghiera”.

A tale proposito san Giovanni della Croce ha affermato che occorre ‘abbandonare tutto per avere tutto’: cosa significa per chi ha scelto una vita eremitica?
“Sono perfettamente d’accordo! Occorre avere il senso delle cose. Stando alla mia esperienza quello che dobbiamo abbandonare è l’idea di possesso delle cose. In realtà noi siamo ‘posseduti’ perché la vita non è nostra, ma siamo un’emanazione della vita stessa. Invece diciamo che la vita è nostra; quindi dobbiamo abbandonare l’idea del possesso. Niente ci appartiene, ma noi siamo parte dell’universo, creato da Dio. Credo che san Giovanni della Croce intendesse questo: finché tu hai un possesso come entità autonoma sei fuori strada. Dobbiamo capire che siamo strumenti nelle mani di un amore infinito, che è Dio”.

Ritiene possibile evangelizzare attraverso le canzoni?
“Lo si può fare solo se si è incarnazione del Vangelo. Credo che tutti gli uomini abbiano bisogno di un’ancora di salvezza e la possono trovare anche nei messaggi delle canzoni. Le mie canzoni sono frutto di una ricerca e non di un calcolo studiato a tavolino. Sono provocatorio, è vero.

Ma a essere provocatoria è la mia vita perché è orientata verso Cristo. La vita dei cristiani è ‘contromano’ perché tesa a inseguire la fede, la preghiera e la povertà. Con umiltà cito una frase di san Paolo: la perdita è il mio vero guadagno. Quello che il mondo vede come una perdita per me è una conquista”.

Che cosa si aspetta di ottenere scrivendo questo genere di canzoni?
“Se, una volta che sarà concluso il mio iter discografico, non avrò venduto dischi e di conseguenza il mio messaggio sarà arrivato a poche persone, mi accontenterò di quel poco. Di certo non mi dispero, perché ho ben altre risorse nella vita e non aspiro a diventare un cantante famoso. Indubbiamente sarei felice se una canzone come ‘Le acque di Siloe’ l’ascoltassero in tanti.

Questo sì. Quella canzone è la mia testimonianza di fede, esprime la verità di essere stato concepito nella mente di Dio prima dell’esistenza del mondo. Dio è eterno. Risalendo al momento del nulla cosmico, in Dio c’era il pensiero di creare l’uomo, c’eravamo anche noi concepiti per venire al mondo. La prima strofa parla della preesistenza nella mente di Dio; la seconda è la creazione, la nostra è la nascita, la terza è la vocazione sacerdotale che hanno tutti i battezzati, è l’incarnazione di Cristo, l’offerta di se stessi a Dio, è un’esplicitazione del Sacrificio Eucaristico. La quarta e ultima strofa è il ritorno dell’anima a Dio”.

Ad ottobre si svolgerà il sinodo dei vescovi sui giovani: oggi cosa cercano?
“Innanzitutto occorre far capire loro che la bellezza è in noi. Purtroppo i giovani di oggi sono in balia di un meccanismo, che tende a darti una gratificazione esterna; quindi è difficile per loro trovare una dimensione interiore, perché tutto è proiettato verso l’esterno, facendo provare insoddisfazione verso l’interno.

Non so se essi cerchino qualcosa fuori del solito ‘tran-tran’ quotidiano: moto, stadio, discoteca… Però alcuni giovani cercano altre cose, perché sono insoddisfatti dalle proposte di questa vita consumistica e cercano altre cose; ma non sanno cosa cercare. Ecco perché è importante dire ai ragazzi che esiste una ricchezza straordinaria che è in noi. Bisognerebbe far capire loro che la vita è un grande dono a prescindere da ciò che possiedi, perché nell’effimero non trovi la bellezza, ma quando scopri l’orizzonte di Dio”.

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