In nome del beato Rivi il grande gesto di perdono e di riconciliazione

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Domenica 15 aprile nella pieve di San Valentino di Castellarano, in diocesi di Reggio Emilia, mons. Massimo Camisasca ha celebrato nel santuario del beato Rolando Rivi, in cui sono conservate le sue spoglie, la messa di riconciliazione tra Meris Corghi, la figlia del partigiano che uccise il giovane seminarista, ed il cugino del beato Rolando, Alfonso Rivi, insieme ad altri familiari, suggellato da un caloroso abbraccio al termine della celebrazione eucaristica.

Il gesto, compiuto dopo 73 anni dal delitto, è stato un evento per potere iniziare a chiudere definitivamente le vecchie ferite. Infatti il 13 aprile 1945, in un momento della storia italiana nel quale prevalsero odio e violenza, il quattordicenne seminarista proclamato beato da Papa Francesco nel 2013, fu rapito e brutalmente assassinato.

Giuseppe Corghi era a capo del battaglione ‘Frittelli’ della divisione ‘Modena Montagna’ appartenente alla Brigata Garibaldi. Il 10 aprile 1945 sequestrò Rivi assieme al compagno partigiano Delcisio Rioli. Tolsero l’abito al giovane seminarista e lo sottoposero a torture, umiliazioni e sevizie. Dopo tre giorni lo portarono in un bosco, lo costrinsero a scavarsi la fossa e lo uccisero. Il giorno successivo, il padre del ragazzo assieme al cappellano don Alberto Camellini trovarono il corpo dopo aver seguito le indicazioni degli stessi assassini.

Corghi e Rioli vennero processati e condannati a 22 anni di carcere, ma ne scontarono soltanto 6 anni grazie all’amnistia decisa da Alcide De Gasperi e Palmiro Togliatti. Alcuni anni dopo la figlia Maris ha ricevuto da una zia le parole pronunciate dal padre in punto di morte: si diceva pentito del delitto che aveva commesso.

Prendendo spunto dal vangelo domenicale mons. Massimo Camisasca nell’omelia ha affermato che Gesù ‘attrae’ le persone attraverso il perdono: “La sua è una presenza totale, viva, senza confini. Soprattutto egli attrae a sé i cuori degli uomini. Ha attratto il cuore di Rolando, che ha espresso il suo amore per Gesù con l’unica frase che conosciamo di lui: ‘Io sono di Gesù’. Attrae oggi i cuori di coloro che chiedono e danno il loro perdono. Non c’è luogo, tempo o persona che non possa essere raggiunta da Cristo.

Egli è il sole che sorge da un estremo dell’universo all’altro. Nulla si può sottrarre al suo calore. Tutto è ambito della sua azione, della sua parola, della sua luce”.

La Resurrezione è la vittoria sulla morte che permette la presenza di Gesù nel mondo: “La presenza di Cristo, assieme alla pace, dona la forza del perdono. Nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati. Il perdono, umanamente impossibile, diventa realtà sotto l’azione dello Spirito. L’eucarestia è veramente la medicina che guarisce le nostre radici di male e ci porta dentro la vita di Dio. Egli è infatti assoluta comunione, unità e carità”.

Ed ha concluso l’omelia ricordando che il gesto della riconciliazione è una vittoria sul male: “Il perdono che oggi avviene è il segno che Dio è presente, che sta in mezzo a noi così come stava in mezzo ai suoi discepoli. Egli agisce per l’intercessione di Rolando. Assieme a lui, qui voglio ricordare gli 11 preti della nostra Chiesa uccisi fra il ’44 e il ’46.

Essi, con il loro sacrificio e il loro sangue versato, partecipano di questo stesso evento di riconciliazione. La potenza vittoriosa di Dio ha riunito ciò che il male ha temporaneamente separato. Attraverso un’azione paziente e tenace, il Signore ha saputo farsi spazio nei cuori delle persone e arrivare a questo miracolo”.

E dopo la deposizione di una corona sulla tomba del beato Rolando insieme ad Alfonso Rivi ed il gesto della riconciliazione con Rosanna, sorella di Rolando e Maria, moglie del fratello Guido, Meris Corghi, al termine della messa, ha letto una lettera in cui ha spiegato il gesto intrapreso:

“Ho sempre pensato a mio padre come ogni figlia dovrebbe pensare a un padre: una forza, un pilastro, un punto di riferimento. Da lui ho saputo sempre molto dell’amore e molto poco della guerra. Lui era mio padre, il mio esempio. Mi faceva ballare, mi faceva girare sulle punte come una ballerina. Era tutto. E’ impegnativo per me essere qui ora, quello che ha stravolto la vita di mio padre e ha travolto la vita di Rolando è l’odio che cresce tra gli uomini e si trasforma nella guerra”.

Poi ha spiegato il significato della sua presenza nel santuario: “Quello che sono venuta a dire qui oggi è che l’unico movimento che può invertire questo processo è l’unione. Se gli uomini si uniscono nel cuore diventano forti, diventano una grande anima, diventano davvero la manifestazione del creatore.

E come la luce si è propagata da un solo punto nel cuore di Dio in tutto l’universo, ognuno dei nostri sacri cuori può diffondere questa luce sulla terra. La fiamma può essere accesa da un’emozione profonda, un’emozione che si trova solo quando ci si arrende alla Grazia. Arrendiamoci a Dio nel perdono e mettiamo una fiamma di luce, diventiamo esempi della Grazia. Gesù è la strada e noi siamo la sua pace”.

Infine ha spiegato il gesto della riconciliazione: “Questa stretta di mano tra le nostre due famiglie sia il simbolo della giusta espiazione per l’odio fraterno per ogni padre, per ogni nonno, per ogni bisnonno che ognuno ha nella nostra famiglia tornato vivo dalla guerra. Che questa stretta di mano possa essere la mano tesa di Gesù sulla genealogia di tutte le nostre famiglie annullando i conflitti, che ognuno di noi oggi possa andare a casa libero, risorto”.

Ha concluso la sua lettera, chiedendo ai familiari del beato Rolando di concederle la ‘stretta di mano’: “Ognuno ha un compito nella vita, una missione, la mia era fare ritrovare la pace a mio padre e tentare di riconciliare i nostri cuori. Con l’aiuto di Dio oggi si compirà dentro una stretta di mano.

Trasformati nella morte e riuniti dall’amore e dal perdono del Padre, che il sorriso di Rolando possa risplendere su tutti voi e accanto a lui anche quello di mio padre. Ciò che l’odio del separatore ha diviso possa riunirsi nell’amore del sacro Cuore di Gesù e nell’amore del Padre. Vi imploro a nome di tutte le vittime di tutte le guerre: pace, pace, pace.

Ringrazio profondamente i famigliari del Beato Rolando, che hanno accolto questa richiesta di riconciliazione aprendo il loro cuore in questo giorno speciale. E ringrazio tutti, ma proprio tutti voi che siete qui. Grazie a tutti. Una stretta di mano a volte non basta, altre volte è un’esplosione di amore che può trasformare il mondo, questa è una di quelle volte. Prego Rosanna Rivi, sorella di Rolando e Maria moglie di Guido, suo fratello, di avvicinarsi e a voi di unirvi a noi in questa stretta di mano”.

Dopo l’abbraccio Alfonso Rivi ha ricordato che nei cuori dei familiari rimaneva una speranza: “Anche la violenza usata contro Rolando fosse in qualche modo redenta, perché la vittoria del bene sul male potesse giungere alla sua pienezza. Per questo oggi abbiamo accolto con gioia la presenza di Meris Corghi tra di noi, come fosse una sorella, e alla sua domanda di perdono rispondiamo di cuore con il dono del perdono”.

(Foto: settimanale diocesano La Libertà)

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