Gerusalemme: mons. Pizzaballa invita a non temere la morte

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Mentre a Gaza la tensione era alta a Gerusalemme i cristiani hanno celebrato la Pasqua con l’augurio espresso dall’amministratore apostolico del Patriarcato Latino di Gerusalemme, mons. Pierbattista Pizzaballa, durante la messa celebrata al Santo Sepolcro: “Cristo è risorto, è veramente risorto! Saluto tutti voi qui raccolti intorno al sepolcro vuoto di Cristo, il ‘segno’ che da duemila anni annuncia la risurrezione e la vita”.

Commentando il vangelo di Giovanni mons. Pizzaballa ha sottolineato il trionfo della vita sulla morte: “Gesù promette la Vita. Lo ha detto per la prima volta a Nicodemo, quando ha affermato che è proprio necessario che il Figlio dell’uomo sia innalzato, perché chiunque crede in Lui abbia la vita eterna. Lo ha ripetuto alla donna samaritana, parlando della sete dell’uomo e dicendo che chiunque beve dell’acqua che Lui dona non ha più sete in eterno…

Non c’è pressoché capitolo di Giovanni in cui non risuoni questa promessa, nelle sue varie sfumature. Nei discorsi d’addio di Gesù ai suoi discepoli, questa promessa assume un volto e dei contorni più chiari e definiti, assume il volto della comunione piena, quella tra Gesù e il Padre. Una relazione d’amore, cioè di reciproco dono della vita; una relazione non chiusa in se stessa, ma aperta a tutti i credenti, chiamati ad entrare e a vivere in questo stesso flusso di vita”.

La promessa di vita percorre tutta la Bibbia per compiersi nel Figlio di Dio: “Oggi tuttavia vediamo che Maria di Magdala va al sepolcro per piangere su una promessa non mantenuta: Colui che aveva promesso la Vita giace in un sepolcro da tre giorni, prigioniero della morte. Ogni speranza, questa volta, sembra davvero finita.

Ma quando è ancora buio, Maria vede che non è così, che qualcosa di nuovo è accaduto, che la storia non è finita, che il sepolcro non è più chiuso. La promessa di vita, infatti, poteva compiersi solo se anche la morte fosse stata vinta. E non c’era altro modo di superare l’ostacolo della morte se non attraversandola completamente, fino ad uscirne vittoriosi, aprendo un varco per tutti. Fino a quando questo non fosse accaduto, la promessa di vita non poteva essere mantenuta: la morte stava lì a ricordare che lei aveva il potere di dire il suo ‘no’.

E nessuno poteva sfuggirle. Ma questo mattino, primo giorno della settimana, è anche il primo giorno di un’era nuova, l’era in cui si può vivere senza paura della morte, per cui ci si può davvero affidare alla promessa di vita, e affidarcisi sempre. Questa è la Pasqua”.

Ed ha invitato i fedeli a vivere il cristianesimo con lo sguardo delle donne: “Come le donne del Vangelo, come i discepoli, anche per noi è necessario mettersi in cammino per entrare nel sepolcro, cioè per entrare lì dove la morte ha regnato, dove vediamo ancora i segni della sua presenza. E poi è necessario uno sguardo di fede, cioè uno sguardo capace di guardare la vita alla luce della promessa, uno sguardo capace di ricordare la promessa di Vita che ci attira a Sé.

Ecco, questo vuole essere il mio augurio per la Pasqua quest’anno. Non temere la morte, non fuggire dal Sepolcro, ma al contrario metterci in cammino, e andare senza paura ciascuno nei propri sepolcri, ossia dove la morte sembra regnare. Questo nostro tempo è segnato dalla morte. La vediamo ovunque attorno a noi. La vita ha poco valore dalle nostre parti.

Qui si muore facilmente. Lo vediamo attorno a noi, nei paesi che ci circondano e lo vediamo anche a casa nostra. Non voglio ripetere ancora una volta la ormai consueta litania di morte che ci avvolge, come i teli che avvolgevano il corpo di Gesù. Le guerre e i conflitti politici li conosciamo bene per nome. Ma ciò a cui assistiamo è solo la conseguenza e non l’origine della morte.

Prima ancora che i conflitti e le tensioni, ombra di morte è l’uso cinico del potere che decide la sorte di popoli interi, che decide le guerre e manda a morire migliaia di persone e che crea i conflitti e le tensioni; morte è seminare sfiducia e odio; morte è la frustrazione che porta a non avere più speranza in una vita vera, a smettere di sognare. Ombra di morte è anche credere che la propria famiglia non possa vivere riconciliata; che la nostra comunità non abbia futuro; che la nostra vita, insomma sia segnata per sempre…

Pasqua è la capacità di tornare a guardare la nostra storia alla luce della promessa di vita che proprio oggi si compie. Si, oggi a Pasqua noi annunciamo una Vita che nessuna morte può più spegnere. Annunciamo una speranza che già ci abita e che ci dà la forza di correre fuori dai nostri sepolcri e annunciare la vita che ci ha conquistato”.

Anche nella Veglia pasquale aveva sottolineato l’esigenza di una uscita per comunicare la novità: “Abbiamo invece qualcosa di grande, di immenso da comunicare: ‘non è qui… andate in Galilea, la vi precede’. Dire che ovunque andremo, la lo troveremo, perché già ci precede. Che non vi è nulla dell’esperienza umana che non possa essere toccato e segnato dalla Speranza. Che vi è una gioia che abita il nostro cuore e che può abitare nel cuore di ognuno.

Che viviamo in cieli e terra nuovi, non perché siano cambiati, ma perché siamo cambiati noi e ora vediamo tutto in maniera nuova. Il cristianesimo non porta nulla di nuovo ma legge, vede in modo completamente nuovo la realtà del mondo, lo interpreta diversamente. I cieli e terra nuovi sono in realtà quelli di sempre, ma diventano nuovi, perché chi li vede è nuovo. E diventa nuovo chi sa accogliere l’amore che si dona, sa accogliere Cristo nostra Pasqua”.

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