Cesare Bocci e Daniela Spada raccontano il loro ‘Pesce d’Aprile’

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18 anni dopo quell’1 aprile che poteva separarli per sempre, Cesare Bocci e Daniela Spada a Tolentino, in una serata a favore dell’Unitalsi, hanno raccontato la storia della loro unione, i pianti di una bambina che la mamma non poteva tenere in braccio e la ‘terapia Ikea’ per tornare in piedi.

Cesare e Daniela non sono sposati: a unirli, dal 1993, è ‘solo’ il sacro vincolo dell’amore. Ma la sorte provò a farsi beffe di loro proprio il 1° aprile: lo ‘scherzo’ era in realtà un ictus post-parto e colpì Daniela una settimana dopo la nascita della loro Mia. Daniela aveva 36 anni e con Cesare stavano insieme da otto: “Dany rimase in coma per venti giorni, poi due mesi in neurologia, infine in una clinica di riabilitazione: all’inizio non riusciva neanche ad alzarsi. Ma, a dispetto di ciò che dicevano i medici, io ero sicuro che si sarebbe ripresa: so che è una combattente”.

La loro storia è diventata un libro, ‘Pesce d’aprile: Lo scherzo del destino che ci ha reso più forti’. Infatti alcuni anni dopo Cesare Bocci raccontava così, per la prima volta a Vanity Fair, della malattia di Daniela, che dice “Dopo quell’articolo abbiamo capito che la nostra esperienza poteva essere utile. E noi non la raccontiamo perché gli altri dicano ‘poverini’, ma per dimostrare a chi è nelle mie condizioni…

Quando mi è successo questo, volevo morire. Ma per fortuna Dio non mi ha ascoltata e sto ancora qua”. L’embolia post-parto è un evento raro, ma in alcuni casi può avere conseguenze molto gravi: “Uscita dal coma non ricordavo nulla, ero in uno stato totale d’incoscienza. A Cesare domandavo ‘ma come si sveglia la gamba? E’ addormentata, perché?’ Non capivo. Ma è stata una fortuna, perché non rendendomi conto della situazione cercavo di reagire. Molte cose le ho scoperte quando lui le ha scritte per il libro. Come la parte iniziale, quando al pronto soccorso pensavano che fossi solo agitata”.

E Daniela ha raccontato anche il rapporto iniziale con la figlia, oggi diciottenne: “Il rapporto con Mia all’inizio è stato difficile. Io non c’ero e non sapevo neanche di essere mamma. Quando Cesare mi ha portato la prima foto della bambina, in ospedale, io l’ho guardata e ho detto: ‘Bella, ma chi è?’… Nelle mie condizioni non potevo prendere mia figlia in braccio, cambiarla, consolarla, darle il latte”.

Insomma due ore di commozione e risate e l’attesa delle firme del libro per scambiare due parole con Cesare Bocci che in città è sempre il benvenuto, facendoci raccontare l’idea del libro: “In realtà l’idea non è stata nostra. Da tempo gli amici sostenevano che essendo io un personaggio pubblico e la storia molto positiva, avremmo dovuto raccontarla.

Così, incontrammo una giornalista di Vanity Fair che realizzò uno splendido articolo. Una editor di Sperling & Kupfer lo lesse e ci contattò per proporci di scrivere il libro. Ne parlammo e Dany disse quello che poi ripete anche nel libro: ‘Se la nostra esperienza dovesse far bene anche a una sola persona, abbiamo vinto’. Alla fine, ha fatto bene anche a noi due”.

Quindi la scrittura è stata terapeutica?
“Assolutamente sì, perché, tra il coma iniziale durato un mese e i primi tempi di grande confusione dopo il risveglio, io ignoravo molte cose che erano accadute. Anche quando ho cominciato a stare meglio non parlavo del passato perché meno ci pensavo meglio era, volevo solo guardare avanti. Poi abbiamo cominciato a scrivere e ognuno di noi rileggeva le parti dell’altro. Così ci siamo conosciuti di più”.

E’ stato veramente un ‘pesce d’aprile’?
“Assolutamente sì! Quello che doveva essere uno scherzo goliardico è diventato uno scherzo della vita. All’inizio è stato brutto, ma poi ci ha dato l’opportunità di conoscere cose meravigliose, perché ci ha fatto piangere ed al contempo ridere; ci ha formato come famiglia e perciò lo abbiamo accettato. E siamo andati avanti”.

Nello scrivere quale è stata la parte più difficile?
“Quando abbiamo cominciato a scrivere ci siamo resi conto che dopo molti anni alcuni ricordi erano un po’ sbiaditi, perciò abbiamo parlato con le persone che avevano vissuto quei momenti con noi per schiarirci le idee. Parlando con mia sorella, ho scoperto che nei primi tempi io rifiutavo qualsiasi contatto che non fosse più che formale con mia figlia. Forse avevo paura di portar via qualcosa a Daniela che stava male, forse non mi sentivo capace di fare il padre da solo, non saprei, ma so che quando mia sorella me l’ha detto è stata una grande botta e che ammetterlo nel libro è stato molto duro”.

E non manca l’ironia?
“Non manca l’ironia, perché la vita è fatta da tante sfumature: sorriso, pianto, disperazione, gioia… E così bisogna fare”.
Un capitolo si intitola ‘Ehi, c’è qualcuno lassù?’ In quei momenti cosa si prova?
“In quei momenti si prova disperazione, perché uno non crede di trovare la forza di andare avanti. Crede che tutti lo abbiano abbandonato; eppoi succede che la forza si trova nelle amicizie e, per chi crede, in Dio… Si trova nel lavoro e nella famiglia…”.

Sei stato anche conduttore di un programma televisivo su Sat2000: come è stata questa esperienza?
“E’ stata un’esperienza positiva, perché non conoscevo approfonditamente gli argomenti storici. E’ stato bello portare la storia ed i grandi personaggi alla portata di tutti, perché a volte se la si insegna solo si trova la resistenza di chi ascolta. Invece la divulgazione rende la storia più accettata e conoscere la storia ci dà più forza, perché sappiamo dove viviamo”.

(Foto: Carlo Corvatta)

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