Pinerolo: mons. Olivero illustra la Pasqua con l’arte

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‘Imparare è un’esperienza, tutto il resto è solo informazione’: con questo aforisma di Albert Einstein, nell’ambito degli incontri quaresimali intitolati ‘Fede con arte’, il vescovo della diocesi di Pinerolo, mons. Derio Olivero, ha introdotto la presentazione del quadro di Caravaggio ‘La conversione di san Paolo’, affermando che, per apprendere, dobbiamo emozionarci, essere coinvolti, toccati nell’animo, altrimenti aggiungiamo solo dati:

“Siamo convinti che con l’informazione diventiamo saggi, in realtà le conoscenze nei vari campi ci servono per tirare avanti. Capire la vita è un’altra cosa e, per comprenderla, ogni giorno dobbiamo rinascere, rimetterci in moto, ripartire, alzarci dal letto al mattino. Quando siamo venuti al mondo siamo stati accolti, curati, altrimenti non saremmo sopravvissuti, ma le relazioni sono essenziali sempre e non solo al momento della nascita. Rinascere è il tema di questo primo incontro, per aiutarci a capire la nostra vita”.

Secondo il vescovo per trasmettere i contenuti, due sono le forme artistiche: la musica e la pittura: “Una sfrutta l’udito e l’altra la vista, entrambi sensi sottoposti a un uso pressoché continuo nell’arco della giornata. In una conferenza, l’ascolto è fondamentale e, per favorire la concentrazione, i presenti sono stati invitati all’ascolto, con gli occhi chiusi, di un brano musicale di circa due minuti, durante i quali dovevano chiedersi ‘Come sto veramente? Di cosa ho bisogno?’”

Partendo da una frase del suo insegnante di arte (‘Quando vai a vedere una mostra, portati a casa un quadro’) il vescovo di Pinerolo ha sottolineato che bisogna soffermarsi, analizzare l’opera nei particolari, perché rimanga impressa nella mente: “Michelangelo Merisi, nato a Caravaggio in Lombardia, quando si è trasferito a Roma amava frequentare più le osterie di Trastevere che le sacrestie e la sua non è stata certo la vita di un uomo tranquillo.

E’ vissuto mentre nasceva un’epoca nuova, perché il mondo stava cambiando, come oggi. Un’epoca di grandi conflitti, sia all’interno della Chiesa (protestanti contro cattolici) che all’esterno (lo scontro a Lepanto tra mondo cristiano e Islam). Caravaggio ha dipinto in modo realistico la concretezza quotidiana, ha calato la fede nel vivere, ha cercato di far capire ai contemporanei che la fede aveva a che fare con la vita, ha colto l’attimo come un fotografo”.

Dopo alcune ‘pennellate’ storiche sull’artista mons. Olivero ha descritto il quadro: “Saulo è caduto da cavallo; dovrebbero esserci concitazione, grida, imprecazioni. Invece la scena è tranquilla e Saulo, disteso su un pregiato mantello di colore rosso, sembra che stia sognando.

Il cavallo ritira la zampa per non toccarlo, quasi a giustificarsi per la caduta del padrone. Il maturo stalliere, a piedi scalzi e con le vene varicose alle gambe, si occupa più dell’animale, che cerca di tranquillizzare accarezzandolo sul muso, che del giovane caduto. Saulo ha le braccia sollevate come un Gesù Bambino nel presepe, come se fosse stato partorito un’altra volta, per questo il dipinto rappresenta una rinascita.

Saulo è caduto verso chi guarda, perciò gran parte dello spazio è occupato dal cavallo e lo spettatore si trova coinvolto nell’avvenimento in una prospettiva dal basso. E’ notte e le tenebre impediscono di vedere lo sfondo, ma c’è un raggio di luce che illumina i tre protagonisti”.

Inoltre il vescovo ha messo in relazione il dipinto con il brano del capitolo 9 degli Atti degli Apostoli, che ha ispirato il dipinto: “La società contemporanea ha accentuato l’aspetto attivo rispetto a quello passivo. Importante è fare, agire, decidere. Il mito del self made man, dell’uomo che si fa da sé, è il modello da seguire. Anche i credenti sono coinvolti in questo modo di pensare, con la convinzione che l’agire sia l’aspetto più importante della fede (andare a messa, confessarsi e comunicarsi, partecipare a qualche pellegrinaggio).

I momenti passivi, quelli della riflessione sulla propria vita, sono relegati a pause indesiderate, come la malattia o il malessere per la perdita del lavoro o di una persona cara. E’ vero che ci mancano sempre delle cose, ma siamo costantemente dentro un ventre che ci rigenera. Il cristianesimo non è un insieme di norme, una dottrina, come una qualsiasi ideologia”.

Ed a conclusione dell’incontro, a cui hanno partecipato 500 persone, il vescovo della diocesi di Pinerolo ha affermato che essere cristiani significa anche rinascere continuamente a vita nuova, come ha evidenziato la Resurrezione: “L’uomo vecchio, Saulo, è morto e ne è nato uno nuovo: Paolo.

Cosa vuol dire essere cristiano? Essere uno che è continuamente generato, credere che Dio è all’opera in me. Adesso. La gravezza della vita ci porta a volte a dimenticare i sogni che hanno caratterizzato le nostre scelte (gli studi, l’amore per una persona, la professione). Essere credenti non è una garanzia sufficiente per far andare bene le cose, ma è una forza che fa rinascere, che dà senso e gusto alla vita. Dobbiamo essere convinti che, se Dio è all’opera, possiamo rinascere”.

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