P. Cantalamessa invita alla lotta per la bellezza

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Padre Raniero Cantalamessa ha concluso le prediche di Quaresima nella Cappella Redemptoris Mater in Vaticano, alla presenza di Papa Francesco e della Curia Romana con la meditazione sul frutto dello Spirito Santo, continuando l’esegesi della Lettera ai Romani di san Paolo: “Sant’Agostino, nelle Confessioni ci narra il posto che questo brano ebbe nella sua conversione. Era giunto ormai a un’adesione quasi totale alla fede. Ma c’era una cosa che lo tratteneva: la paura di non riuscire a vivere casto. Viveva, come si sa, con una donna senza essere sposato”.

E sentendo leggere le parole di san Paolo sant’Agostino si convinse della certezza di Dio: “Interpretò tali parole come un invito di Dio e, avendo a portata di mano il libro delle Epistole di san Paolo, lo aprì a caso, deciso a considerare come volontà di Dio la prima frase sulla quale il suo sguardo fosse caduto.

La parola sulla quale cadde il suo sguardo fu, appunto, quella della Lettera ai Romani che abbiamo appena ricordato. Dentro di lui brillò una luce di sicurezza (lux securitatis), che fece scomparire tutte le tenebre dell’incertezza. Sapeva ormai che, con l’aiuto di Dio, poteva essere casto”.

Nel brano della lettera presa in considerazione p. Cantalamessa ha preso in considerazione la santificazione dell’uomo attraverso il ‘dominio di sé’: “Il termine greco originale, che traduciamo con “dominio di sé” è enkrateia. Esso ha una gamma di significati molto ampia; si può esercitare, infatti, il dominio di sé nel mangiare, nel parlare, nel trattenersi dall’ira…

Qui, però, come, del resto, quasi sempre nel Nuovo Testamento, esso sta a significare il dominio di sé in una sfera ben precisa della persona e cioè nell’ambito della sessualità. Lo desumiamo dal fatto che, poco sopra, elencando le ‘opere della carne’, l’Apostolo chiama porneia, cioè impurità, la cosa che si oppone al dominio di sé (è lo stesso termine da cui deriva ‘pornografia’!)”.

Secondo il predicatore della Casa Pontificia il termine significa anche ‘vendersi’: “I termini usati da san Paolo ci dicono, dunque, che sono possibili, verso il proprio corpo e la propria sessualità, due atteggiamenti contrapposti, uno frutto dello Spirito e l’altro opera della carne; uno virtù e l’altro vizio.

Il primo atteggiamento è conservare il dominio di sé e del proprio corpo; il secondo è, invece, vendere o alienare il proprio corpo, cioè disporre della sessualità a proprio piacimento, per scopi utilitaristici e diversi da quelli per i quali è stata creata; un fare dell’atto sessuale un atto venale, anche se l’utile non è sempre costituito dal denaro, come nel caso della prostituzione vera e propria, ma anche dal piacere egoistico fine a se stesso”.

Quindi san Paolo invita a non vendere il corpo perché è destinato alla Resurrezione: “Il nostro corpo è destinato alla risurrezione; è destinato a partecipare, un giorno, alla beatitudine e alla gloria dell’anima. La purezza cristiana non si basa sul disprezzo del corpo, ma al contrario sulla stima grande della sua dignità.

Il Vangelo, dicevano i Padri della Chiesa nel combattere gli gnostici, non predica la salvezza ‘dalla’ carne, ma la salvezza ‘della’ carne. Coloro che ritengono il corpo una ‘veste estranea’, destinata a essere abbandonata quaggiù, non possiedono i motivi che ha il cristiano per conservarla immacolata”.

Quindi la bellezza del corpo risponde alla sua purezza: “Nel suo insieme, questo aspetto della vita cristiana determina quello che il Nuovo Testamento, in modo speciale, le Epistole pastorali, chiama la ‘bellezza’ o il carattere ‘bello’ della vocazione cristiana, che, fondendosi con l’altro tratto, quello della bontà, forma l’ideale unico della ‘buona bellezza’, o della ‘bella bontà’.

La tradizione cristiana, chiamando la purezza la ‘bella virtù’, ha raccolto questa visione biblica, che esprime, nonostante gli abusi e le accentuazioni troppo unilaterali che pure ci sono stati, qualcosa di profondamente vero. Purezza, anche nel linguaggio comune, è sinonimo di bellezza!”

Questa purezza del bello è uno stile di vita: “Tale purezza è uno stile di vita, più che una singola virtù. Ha una gamma di manifestazioni che va al di là della sfera propriamente sessuale. C’è una purezza del corpo, ma c’è anche una purezza del cuore che rifugge, non solo dagli atti, ma anche dai desideri e dai pensieri ‘brutti’.

C’è poi una purezza della bocca che consiste, negativamente, nell’astenersi da parole oscene, da volgarità e insulsaggini e, positivamente, nella sincerità e schiettezza del parlare, cioè nel dire: ‘sì, sì e no, no’, a imitazione dell’Agnello immacolato ‘nella cui bocca non si trovò inganno’… San Paolo usa un’immagine molto suggestiva per indicare questo stile di vita nuovo: dice che i cristiani, nati dalla Pasqua di Cristo, devono essere degli ‘azzimi di purezza e di sincerità’”.

In questo senso la purezza non è contrapposta alla carità: “La parola di Dio, lungi dal contrapporre purezza e carità, le collega invece strettamente tra di loro… Purezza e amore del prossimo stanno tra loro come dominio di sé e donazione agli altri. Come posso donarmi, se non mi possiedo, ma sono schiavo delle mie passioni?

E’ una illusione quella di credere di poter mettere insieme un autentico servizio ai fratelli, che richiede sempre sacrificio, altruismo, dimenticanza di sé e generosità, e una vita personale disordinata, tesa tutta a compiacere se stessi e le proprie passioni. Si finisce, inevitabilmente, per strumentalizzare i fratelli, come si strumentalizza il proprio corpo”.

Allora la purezza presuppone il rinnovamento: “A me preme, infatti, di scoprire e trasmettere cosa Dio vuole da noi cristiani in tale situazione. Dio ci chiama alla stessa impresa alla quale chiamò i nostri primi fratelli di fede: a ‘opporci a questo torrente di perdizione’.

Ci chiama a far risplendere di nuovo, davanti agli occhi del mondo, la ‘bellezza’ della vita cristiana. Ci chiama a lottare per la purezza. A lottare con tenacia e umiltà; non necessariamente a essere, tutti e subito, perfetti. Oggi c’è qualcosa di nuovo che lo Spirito Santo ci chiama a fare: ci chiama a testimoniare al mondo l’innocenza originaria delle creature e delle cose. Il mondo è sprofondato molto in basso; il sesso (è stato scritto) ci è salito al cervello a tutti.

Occorre qualcosa di molto forte, per rompere questa specie di narcosi e di ubriacatura di sesso. Occorre ridestare nell’uomo la nostalgia di innocenza e di semplicità che egli porta struggente nel suo cuore, anche se tanto spesso ricoperta di fango”.

Ed ecco l’invito finale a risanare il cuore: “Dobbiamo cominciare con il risanare la radice che è il ‘cuore’, perché è da lì che esce tutto ciò che inquina veramente la vita di una persona. Diceva Gesù: ‘Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio!’. Essi vedranno veramente, cioè avranno occhi nuovi per vedere il mondo e Dio, occhi limpidi che sanno scorgere ciò che è bello e ciò che è brutto, ciò che è verità e ciò che è menzogna, ciò che è vita e ciò che è morte. Occhi insomma come quelli di Gesù.

Con quale libertà Gesù poteva parlare di tutto: dei bambini, della donna, della gestazione, del parto… Occhi come quelli di Maria. La purezza non consiste più, allora, nel dire ‘no’ alle creature, ma nel dire a esse ‘sì’; sì in quanto creature di Dio che erano, e restano, molto buone’”.

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