La Santa Sede a Venezia per un incontro tra arte e fede

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Per la prima volta la Santa Sede entra nello spazio della Biennale di Architettura di Venezia, approdando sull’isola di San Giorgio, e penetrando nell’oasi di un bosco non attraverso rappresentazioni grafiche o modelli ma con una vera e propria sequenza di cappelle. Il numero delle cappelle è simbolico, perché esprime quasi un decalogo di presenze incastonate all’interno dello spazio: sono simili a voci fatte architettura che risuonano con la loro armonia spirituale nella trama della vita quotidiana.

La Santa Sede ha incaricato dieci grandi firme dell’architettura coordinate da Francesco Dal Co: Francesco Cellini per l’Italia, Norman Foster per la Gran Bretagna, Terunobu Fujimori per il Giappone e Javier Corvalan Espinola per Paraguay. La visita alle dieci Vatican Chapels è una sorta di pellegrinaggio non solo religioso ma anche laico, condotto da tutti coloro che desiderano riscoprire la bellezza, il silenzio, la voce interiore e trascendente, la fraternità umana dello stare insieme nell’assemblea di un popolo, ma anche la solitudine del bosco ove si può cogliere il fremito della natura che è come un tempio cosmico.

Il card. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e Commissario del Padiglione della Santa Sede, ha spiegato il progetto: “Nel culto cristiano esse sono veri e propri templi, sia pure in forma minore rispetto alle cattedrali, alle basiliche e alle chiese. In esse sono inserite due componenti fondamentali della liturgia, l’ambone (o pulpito) e l’altare, cioè le espressioni della Parola sacra proclamata e della Cena eucaristica celebrata dall’assemblea dei credenti…

Per questo la visita alle dieci Vatican Chapels è una sorta di pellegrinaggio non solo religioso ma anche laico, condotto da tutti coloro che desiderano riscoprire la bellezza, il silenzio, la voce interiore e trascendente, la fraternità umana dello stare insieme nell’assemblea di un popolo, ma anche la solitudine del bosco ove si può cogliere il fremito della natura che è come un tempio cosmico”.

Ricordando i precedenti della Santa Sede a Venezia il card. Ravasi ha evidenziato la necessità di un dialogo tra arte e teologia, dopo un periodo di ‘lontananza’: “E’ un dialogo che in architettura ha già registrato tappe significative e che, a livello generale, è iniziato già a metà del secolo scorso non solo attraverso l’opera di teologi e di pastori ecclesiali sensibili ma anche nella voce dello stesso magistero ufficiale della Chiesa, a partire da Paolo VI col suo incontro nel 1964 nella Cappella Sistina con gli artisti, per procedere poi con la Lettera a loro indirizzata nel 1999 da san Giovanni Paolo II, col nuovo incontro di Benedetto XVI nella stessa Cappella Sistina nel 2009. Questo primo ingresso della Chiesa cattolica nella Biennale di Architettura di Venezia avviene sotto il pontificato di papa Francesco”.

Ed a conclusione dell’intervento il presidente del Pontificio Consiglio della Cultura ha sottolineato il valore dell’arte dato da papa Francesco nell’esortazione apostolica ‘Evangelii gaudium’: “Bisogna avere il coraggio di trovare i nuovi segni, i nuovi simboli, una nuova carne per la trasmissione della Parola, le diverse forme di bellezza che si manifestano in vari ambiti culturali, comprese quelle modalità non convenzionali di bellezza che possono essere poco significative per gli evangelizzatori, ma che sono diventate particolarmente attraenti per gli altri”.

Mentre il prof. Dal Co ha sottolineato il valore culturale della ‘cappella’: “Per la nostra cultura è usuale identificare la cappella con un ambiente ricavato per ragioni e finalità diverse all’interno di spazi religiosi più ampi e per lo più preesistenti. La pratica all’origine di questa percezione ha prodotto numerosi modelli che hanno in comune il fatto essersi formati e di appartenere sempre a uno spazio altro, ovvero a un ambiente di culto, a una cattedrale, a una chiesa o più semplicemente ad un luogo individuato per avere accolto un accadimento inusuale, oppure per essere stato individuato come meta riconosciuta.

In epoca moderna questi modelli hanno dato luogo al consolidarsi di un canone. La richiesta rivolta agli architetti invitati a costruire il Padiglione della Santa Sede ha implicato, quindi, una sfida inusuale, poiché ai progettisti è stato chiesto di confrontarsi con un tipo edilizio che non ha precedenti né modelli. Le cappelle che gli architetti hanno progettato, infatti, saranno isolate e accolte da un ambiente naturale del tutto astratto, connotato unicamente dal suo emergere dalla laguna e dal suo aprirsi sull’acqua”.

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