Padre Cantalamessa: l’obbedienza è grazia

Condividi su...

“In una società in cui ognuno si sente investito del compito di trasformare il mondo e la Chiesa, la Parola di Dio invita a trasformare se stessi, il mondo che è dentro di noi”: lo ha detto padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia, durante la meditazione quaresimale che ha pronunciato alla Pontificia Università Lateranense, sul tema ‘La conversione: non conformatevi allo spirito del mondo’:

“Andare verso gli ultimi, i sofferenti è un modo per non conformarsi al mondo, è un andare dove il mondo non vuole andare”. Padre Cantalamessa ha spiegato che “non bisogna prendere le distanze dal mondo perché la materia è cattiva, ma perché il mondo passa, è transitorio”.

Commentando la lettera di san Paolo ai Romani, padre Cantalamessa ha sottolineato la virtù dell’obbedienza: “San Paolo tratta di un aspetto particolare dell’obbedienza che era particolarmente sentito nel momento in cui scriveva e, forse, dalla comunità cui scriveva. Era il momento in cui stava maturando, in seno al giudaismo palestinese, la rivolta zelota contro Roma che si concluderà, pochi anni dopo, con la distruzione di Gerusalemme.

Il cristianesimo era nato dal giudaismo; molti membri della comunità cristiana, anche di Roma, erano ebrei convertiti. Il problema se obbedire o no allo stato romano si poneva, indirettamente, anche per i cristiani”.

Per san Paolo l’obbedienza allo stato presuppone l’obbedienza al Vangelo: “L’obbedienza allo stato è una conseguenza e un aspetto di un’obbedienza ben più importante e comprensiva che l’Apostolo chiama ‘l’obbedienza al Vangelo’. Il severo ammonimento dell’Apostolo mostra che pagare le tasse e in genere compiere il proprio dovere verso la società non è solo un dovere civile, ma anche un dovere morale e religioso. E’ una esigenza del precetto dell’amore del prossimo.

Lo stato non è una entità astratta; è la comunità di persone che lo compongono. Se io non pago le tasse, se deturpo l’ambiente, se trasgredisco le regole del traffico, io danneggio e mostro di disprezzare il prossimo. Su questo punto noi italiani (e forse non solo noi) dovremmo rivedere e aggiungere qualche domande ai nostri esami di coscienza tradizionali”.

In questo senso il predicatore della Casa pontificia ha sottolineato l’obbedienza di Cristo: “La grandezza dell’obbedienza di Gesù, oggettivamente si misura ‘dalle cose che patì’ e soggettivamente dall’amore e dalla libertà con cui obbedì. In lui rifulge in grado sommo l’obbedienza filiale.

Anche nei momenti più estremi, come quando il Padre gli porge il calice della passione da bere, sulle sue labbra non si spegne mai il grido filiale: ‘Abbà! Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?’, esclamò sulla croce; ma aggiunse subito, secondo Luca: ‘Padre, nelle tue mani affido il mio Spirito’ Sulla croce, Gesù ‘si abbandonò al Dio che lo abbandonava’ (qualsiasi cosa si intenda con questo abbandono del Padre). Questa è l’obbedienza fino alla morte; questa è ‘la roccia della nostra salvezza’”.

Ed infatti attraverso il battesimo l’obbedienza è una grazia: “L’obbedienza è dunque, per la vita cristiana, qualcosa di costitutivo; è il risvolto pratico e necessario dell’accettazione della signoria di Cristo. Non c’è signoria in atto, se non c’è, da parte dell’uomo, obbedienza. Nel battesimo noi abbiamo accettato un Signore, un Kyrios, ma un Signore ‘obbediente’, uno che è diventato Signore proprio a causa della sua obbedienza, uno la cui signoria è sostanziata di obbedienza.

L’obbedienza qui non è tanto sudditanza quanto piuttosto somiglianza; obbedire a un tale Signore è somigliargli, perché è proprio per la sua obbedienza fino alla morte che egli ha ottenuto il nome di Signore che è al di sopra di ogni altro nome. Scopriamo, da ciò, che l’obbedienza, prima che virtù, è dono, prima che legge, è grazia. La differenza tra le due cose è che la legge dice di fare, mentre la grazia dona di fare.

L’obbedienza è anzitutto opera di Dio in Cristo, che poi viene additata al credente perché, a sua volta, la esprima nella vita con una fedele imitazione. Noi non abbiamo, in altre parole, solo il dovere di obbedire, ma abbiamo ormai anche la grazia di obbedire!”

L’obbedienza, inoltre, fa riscoprire l’importanza della Parola di Dio: “La riscoperta dell’importanza dell’obbedienza a Dio è una conseguenza naturale della riscoperta della dimensione pneumatica, accanto a quella gerarchica, della Chiesa e del primato, in essa, della parola di Dio.

L’obbedienza a Dio, in altre parole, è concepibile solo quando si afferma, come fa il Concilio Vaticano II che lo Spirito Santo ‘guida la Chiesa alla verità tutta intera, la unifica nella comunione e nel ministero, la istruisce e dirige con diversi doni gerarchici e carismatici, la abbellisce dei suoi frutti, con la forza del Vangelo fa ringiovanire la Chiesa, continuamente la rinnova e la conduce alla perfetta unione con il suo Sposo’.

Solo se si crede in una ‘Signoria’ attuale e puntuale del Risorto sulla Chiesa, solo se si è convinti nell’intimo che anche oggi, come dice il salmo, ‘parla il Signore, Dio degli dei, e non sta in silenzio’, solo allora si è in grado di comprendere la necessità e l’importanza dell’obbedienza a Dio.

Essa è un prestare ascolto al Dio che parla, nella Chiesa, attraverso il suo Spirito, il quale illumina le parole di Gesù e di tutta la Bibbia e conferisce a esse autorità, facendone canali della vivente e attuale volontà di Dio per noi”.

Infine ha sottolineato che è un’obbedienza inclusiva: “L’obbedienza a Dio è l’obbedienza che possiamo fare sempre. Di obbedienze a ordini e autorità visibili, capita di farne solo ogni tanto, tre o quattro volte in tutto nella vita, parlando di obbedienze di una certa serietà.

Di obbedienze a Dio, invece, ce ne sono tante. Più si obbedisce, più si moltiplicano gli ordini di Dio, perché egli sa che questo è il dono più bello che può fare, quello che fece al suo diletto Figlio Gesù. Quando Dio trova un’anima decisa a obbedire, allora egli prende in mano la sua vita, come si prende il timone di una barca, o come si prendono in mano le redini di un carro.

Egli diventa sul serio, e non solo in teoria, ‘Signore’ cioè colui che ‘regge’, che ‘governa’ determinando, si può dire, momento per momento, i gesti, le parole di quella persona, il suo modo di impiegare il tempo, tutto. Ho detto che l’obbedienza a Dio è qualcosa che si può fare sempre”.

Free Webcam Girls
151.11.48.50