In Italia la prima giornata dei giusti dell’umanità

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La giornata dei Giusti dell’umanità è stata istituita il 7 dicembre 2017, con l’approvazione del Senato della proposta di legge (con Milena Santerini come prima firmataria) già approvata alla Camera il 26 luglio 2017, come solennità civile. Tale ricorrenza, da celebrarsi ogni 6 marzo, è così entrata nell’ordinamento italiano.

Il punto di partenza è stata l’istituzione, nel 2012, della Giornata europea dei Giusti da parte del Parlamento Europeo. La data del 6 marzo è stata scelta perché coincide con il giorno in cui è scomparso Moshe Bejski, l’uomo che ha animato il Giardino dei Giusti di Yad Vashem in Israele.

Entrambe le ricorrenze hanno preso avvio da un appello di Gariwo, la onlus nata nel 2001 e presieduta dallo scrittore Gabriele Nissim che si occupa di diffondere le storie e il messaggio di quanti si sono battuti in difesa dei diritti e della dignità umana durante tutti i crimini della Storia.

Il concetto di ‘giusto’ nasce dalla definizione di Yad Vashem di Giusto fra le Nazioni, ossia ‘un non ebreo che, senza ottenerne un vantaggio proprio, ha rischiato la vita per salvare quella di un ebreo, anche solo uno, dall’orrore dell’Olocausto’; tale concetto è poi stato esteso fino a comprendere tutti gli uomini e le donne che, nei momenti più tragici del passato e del presente, hanno operato per difendere la vita e la dignità umana.

Quindi giusti non sono le vittime o i perseguitati, bensì coloro che agiscono per salvarli. Il luogo per eccellenza per ricordare le azioni di queste figure esemplari è il Giardino dei Giusti, uno spazio in cui vengono dedicati alberi o posati cippi in loro memoria. Per tale occasione il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha inviato un messaggio al presidente di Gariwo:

“Le storie dei giusti – cioè di donne e uomini coraggiosi, che hanno affrontato alti rischi personali per salvare vite umane dalla persecuzione di regimi sanguinari, di apparati oppressivi, di ideologie totalitarie – sono memoria viva, e continueranno a essere esempi di civiltà e di umanità a cui ispirarsi.

Trasmettere questa memoria alle generazioni più giovani è opera di straordinaria importanza, perché, come sappiamo, i germi dell’odio e della discriminazione non sono mai sconfitti una volta per tutti. L’azione educativa, a partire dalle scuole, è indispensabile per costruire il futuro”.

Il presidente di Gariwo, Gabriele Nissim, nell’editoriale per la giornata, così ha commentato la forza dei ‘giusti’ partendo dalla Cabala: “Possiamo dare molte interpretazioni all’idea della Cabala dei 36 Giusti nascosti che appaiono in ogni generazione e tengono in mano le sorti del mondo.

Secondo questa tradizione nessuno sa dove sono e loro stessi sarebbero quasi inconsapevoli del loro ruolo. In ogni caso, compiute le loro azioni, ritornerebbero al loro anonimato. Dio si affiderebbe a loro per evitare la fine dell’umanità”.

Nell’editoriale Nissim ricorda l’incontro con Moshe Bejski: “l’artefice del Giardino dei Giusti di Gerusalemme, mi raccontava invece che era molto deluso quando i salvati della Shoah tenevano nascosto il valore delle azioni dei loro salvatori, e che li redarguiva quando si dimenticavano di esprimere pubblicamente un sentimento di gratitudine.

Per lui era inconcepibile che la società non riconoscesse chi si era distinto con atti di coraggio nei momenti bui dell’umanità. Egli aveva intuito una contraddizione nella pretesa che i Giusti dovessero rimanere nascosti – come suggeriscono Marco Aurelio nei Ricordi e san Matteo nei Vangeli, perché inconsapevoli di quanto di buono avevano fatto, o perché il bene compiuto dovrebbe bastare a se stesso e portare la felicità a un essere umano.

Era persino una colpa se un uomo Giusto ricercava della riconoscenza… Moshe Bejski la pensava diversamente. Se non si dà valore all’azione di un uomo Giusto lo si lascia solo nella sua fragilità. E’ la nostra gratitudine che gli dà forza e lo aiuta a comportarsi in un certo modo. Così quando lo si riconosce in pubblico e si racconta la sua storia si crea un meccanismo di emulazione collettiva. Nulla è peggio della solitudine per un uomo di buona volontà. La nostra ingratitudine spezza in lui il gusto di operare per il Bene”.

Quindi Gabriele Nissim invita a riflettere sul bisogno dei Giusti nel mondo: “Dobbiamo invece riflettere sugli uomini Giusti che sono capaci di prevenire il Male, quando è al momento della sua genesi, quando la storia potrebbe prendere una direzione sbagliata, ma ci sono ancora tutte le condizioni per impedire una catastrofe”.

Dopo aver elencato alcuni ‘giusti’ dello scorso secolo, il presidente di Gariwo ha evidenziato il pericolo di una degenerazione dell’odio: “Ci sono però troppi segnali di una possibile degenerazione nel linguaggio pubblico, nei comportamenti delle persone, nella crescita dei nazionalismi, nelle manifestazioni di odio.

E’ forse la prima volta in cui tutto sembra improvvisamente in bilico. La gente avverte la paura di un futuro incerto, mentre la cultura del nemico si presenta nella dialettica politica e nei confronti delle minoranze. Sembra in pericolo l’idea di dialogo e di condivisione”.

Quindi ha elencato la qualità del giusto, invitando alla riflessione: “Chi risponde in modo educato, quando cresce l’odio su Facebook; chi non accetta che il vicino di casa usi parole razziste contro i migranti, presentandoli come dei sottouomini o dei nemici; chi non accetta che nelle manifestazioni per la Palestina si lancino slogan contro gli ebrei; chi condanna chi grida alle Foibe e alla vendetta politica nelle manifestazioni antifasciste; chi non accetta la rissa in politica e cerca il dialogo e la comprensione; chi non si lascia trascinare dal fascino dei nazionalismi e guarda a un Europa comune, può dare un grande contributo.

Essere Giusti e saggi oggi è molto più facile che agire in situazioni di emergenza, quando il fanatismo cambia tutte le carte e crea le condizioni della violenza politica. Forse è questa l’interpretazione più verosimile dei 36 giusti della Cabala. Sono tutti coloro che sanno prevenire il male, quando si è ancora in tempo e lo fanno normalmente nella loro quotidianità”.

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