Papa Francesco: il primo diritto violato è quello alla vita

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Come tradizione, dopo le feste natalizie papa Francesco ha incontrato i rappresentanti del Corpo diplomatico nell’incontro di inizio anno per lo scambio degli auguri e ha rilanciato la Dichiarazione dei diritti dell’uomo: tra i richiami fatti quello allo stop della corsa agli armamenti, le ‘colonizzazioni ideologiche’, che attentano alla vita e la tratta di esseri umani.

Nel saluto iniziale il decano del Corpo Diplomatico, Armindo Fernandes do Espírito Santo Vieira, ambasciatore di Angola, ha ringraziato il papa per aver indicato come via la speranza cristiana: “Infatti, il Santo Padre ha dedicato le catechesi dell’anno appena concluso alla speranza cristiana, tramite cui ha indicato ai cristiani, e a quanti desiderassero accogliere questo concetto, una via per la costruzione del futuro.

Con speranza nutriamo il futuro, insegna Agostino, santo e filosofo. Ciò accade nelle nostre menti, dove il tempo si annulla, mentre ricordiamo il passato e abbiamo una percezione diretta dei fatti attuali. Tuttavia, si spera credendo, e si crede realizzando: così vediamo i Suoi esempi quotidiani, come i germogli del futuro di attesa concretizzazione”.

Inoltre ha ricordato alcuni appuntamenti prossimi del papa che “possono essere considerati di particolare interesse, come il Sinodo dei Vescovi, che si riunirà per riflettere sui giovani, la fede e il discernimento ad ottobre, e la Giornata Mondiale della Gioventù, già annunciata e che si terrà all’inizio del 2019, nel Panama.

Le famiglie riceveranno ugualmente attenzione durante l’Incontro Mondiale che si terrà ad agosto. Sua Santità ha inoltre annunciato un’Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per la regione Pan-amazzonica, offrendo uno spazio senza precedenti per l’analisi sulla foresta e sui popoli originari, e rievocando temi magistralmente illustrati nell’Enciclica Laudato Si’. In tutto ciò, si evidenzia la complessità delle relazioni umane, senza trascurare il contesto più ampio, l’ambiente, dove si verificano eventi in grado di cambiare il corso della storia”.

Nel discorso ai diplomatici il papa ha evidenziato il bilancia positivo dei viaggi apostolici che ha compiuto lo scorso anno in Portogallo, Egitto, Colombia, Myanmar e Bangladesh: “In Portogallo mi sono recato pellegrino, nel centenario delle apparizioni della Madonna a Fatima, per celebrare la canonizzazione dei pastorelli Giacinta e Francisco Marto. Lì ho potuto constatare la fede piena di entusiasmo e di gioia che la Vergine Maria ha suscitato nei molti pellegrini convenuti per l’occasione”.

Lo stesso giudizio è stato espresso per gli altri viaggi: “Anche in Egitto, Myanmar e Bangladesh ho potuto incontrare le comunità cristiane locali che, sebbene numericamente esigue, sono apprezzate per il contributo che offrono allo sviluppo e alla convivenza civile dei rispettivi Paesi.

Non sono mancati gli incontri con i rappresentanti di altre religioni, a testimonianza di come le peculiarità di ciascuna non siano un ostacolo al dialogo, bensì la linfa che lo alimenta nel comune desiderio di conoscere la verità e praticare la giustizia. Infine, in Colombia ho voluto benedire gli sforzi e il coraggio di quell’amato popolo, segnato da un vivo desiderio di pace dopo oltre mezzo secolo di conflitto interno”.

Inoltre ha ribadito la difesa al diritto a vita, libertà e inviolabilità di ogni persona a 70 anni dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, ricordando che molti diritti sono violati: “Per la Santa Sede, infatti, parlare di diritti umani significa anzitutto riproporre la centralità della dignità della persona, in quanto voluta e creata da Dio a sua immagine e somiglianza.

Lo stesso Signore Gesù, guarendo il lebbroso, ridonando la vista al cieco, intrattenendosi con il pubblicano, risparmiando la vita dell’adultera e invitando a curare il viandante ferito, ha fatto comprendere come ciascun essere umano, indipendentemente dalla sua condizione fisica, spirituale o sociale, sia meritevole di rispetto e considerazione.

Da una prospettiva cristiana vi è dunque una significativa relazione fra il messaggio evangelico e il riconoscimento dei diritti umani, nello spirito degli estensori della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo”.

Ed ha sottolineato che nel corso degli anni post bellici la ‘cultura’ ha modificato i diritti: “Occorre tuttavia constatare che, nel corso degli anni, soprattutto in seguito ai sommovimenti sociali del ‘Sessantotto’, l’interpretazione di alcuni diritti è andata progressivamente modificandosi, così da includere una molteplicità di ‘nuovi diritti’, non di rado in contrapposizione tra loro.

Ciò non ha sempre favorito la promozione di rapporti amichevoli tra le Nazioni, poiché si sono affermate nozioni controverse dei diritti umani che contrastano con la cultura di molti Paesi, i quali non si sentono perciò rispettati nelle proprie tradizioni socio-culturali, ma piuttosto trascurati di fronte alle necessità reali che devono affrontare”.

Perciò il papa ha sottolineato le forme di ‘colonizzazione ideologica’: “Vi può essere quindi il rischio, per certi versi paradossale, che, in nome degli stessi diritti umani, si vengano ad instaurare moderne forme di colonizzazione ideologica dei più forti e dei più ricchi a danno dei più poveri e dei più deboli. In pari tempo, è bene tenere presente che le tradizioni dei singoli popoli non possono essere invocate come un pretesto per tralasciare il doveroso rispetto dei diritti fondamentali enunciati dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo”.

Ma difendere la vita significa anche operare per la pace: “Difendere il diritto alla vita implica pure adoperarsi attivamente per la pace, universalmente riconosciuta come uno dei valori più alti da ricercare e difendere. Eppure gravi conflitti locali continuano ad infiammare varie Regioni della terra. Gli sforzi collettivi della Comunità internazionale, l’azione umanitaria delle organizzazioni internazionali e le incessanti implorazioni di pace che si innalzano dalle terre insanguinate dai combattimenti sembrano essere sempre meno efficaci di fronte alla logica aberrante della guerra.

Tale scenario non può far diminuire il nostro desiderio e il nostro impegno per la pace, consapevoli che senza di essa lo sviluppo integrale dell’uomo diventa irraggiungibile. Il disarmo integrale e lo sviluppo integrale sono strettamente correlati fra loro. D’altra parte, la ricerca della pace come precondizione per lo sviluppo implica combattere l’ingiustizia e sradicare, in modo non violento, le cause della discordia che portano alle guerre”.

E non ha dimenticato che a causa delle guerre i popoli sono costretti a migrare: “In pari tempo, non si può dimenticare la situazione di famiglie spezzate a causa della povertà, delle guerre e delle migrazioni. Abbiamo fin troppo spesso dinanzi ai nostri occhi il dramma di bambini che da soli varcano i confini che separano il sud dal nord del mondo, sovente vittime del traffico di esseri umani.

Oggi si parla molto di migranti e migrazioni, talvolta solo per suscitare paure ancestrali. Non bisogna dimenticare che le migrazioni sono sempre esistite. Nella tradizione giudeo-cristiana, la storia della salvezza è essenzialmente storia di migrazioni. Né bisogna dimenticare che la libertà di movimento, come quella di lasciare il proprio Paese e di farvi ritorno appartiene ai diritti fondamentali dell’uomo. Occorre dunque uscire da una diffusa retorica sull’argomento e partire dalla considerazione essenziale che davanti a noi ci sono innanzitutto persone”.

Ed ha chiesto serie politiche familiari: “Purtroppo è noto come, specialmente in Occidente, la famiglia sia ritenuta un istituto superato. Alla stabilità di un progetto definitivo, si preferiscono oggi legami fugaci. Ma non sta in piedi una casa costruita sulla sabbia di rapporti fragili e volubili. Occorre piuttosto la roccia, sulla quale ancorare fondamenta solide.

E la roccia è proprio quella comunione di amore, fedele e indissolubile, che unisce l’uomo e la donna, una comunione che ha una bellezza austera e semplice, un carattere sacro e inviolabile e una funzione naturale nell’ordine sociale. Ritengo pertanto urgente che si intraprendano reali politiche a sostegno delle famiglia, dalla quale peraltro dipende l’avvenire e lo sviluppo degli Stati.

Senza di essa non si possono infatti costruire società in grado di affrontare le sfide del futuro. Il disinteresse per le famiglie porta poi con sé un’altra conseguenza drammatica, e particolarmente attuale in alcune Regioni, che è il calo della natalità. Si vive un vero inverno demografico! Esso è il segno di società che faticano ad affrontare le sfide del presente e che divengono dunque sempre più timorose dell’avvenire, finendo per chiudersi in se stesse”.

Infine ha richiamato l’importanza del diritto al lavoro: “Rincresce constatare invece come il lavoro sia in molte parti del mondo un bene scarsamente disponibile. Poche sono talvolta le opportunità, specialmente per i giovani, di trovare lavoro. Spesso è facile perderlo non solo a causa delle conseguenze dell’alternarsi dei cicli economici, ma anche per il progressivo ricorso a tecnologie e macchinari sempre più perfetti e precisi in grado di sostituire l’uomo.

E se da un lato si constata un’iniqua distribuzione delle opportunità di lavoro, dall’altro si rileva la tendenza a pretendere da chi lavora ritmi sempre più pressanti. Le esigenze del profitto, dettate della globalizzazione, hanno portato ad una progressiva riduzione dei tempi e dei giorni di riposo, con il risultato che si è persa una dimensione fondamentale della vita, quella del riposo, che serve a rigenerare la persona non solo fisicamente, ma anche spiritualmente”.

Infine ha chiesto una seria lotta al lavoro minorile: “La piaga del lavoro minorile continua a compromettere seriamente lo sviluppo psico-fisico dei fanciulli, privandoli delle gioie dell’infanzia, mietendo vittime innocenti. Non si può pensare di progettare un futuro migliore, né auspicare di costruire società più inclusive, se si continuano a mantenere modelli economici orientati al mero profitto e allo sfruttamento dei più deboli, come i bambini.

Eliminare le cause strutturali di tale piaga dovrebbe essere una priorità di governi e organizzazioni internazionali, chiamati ad intensificare gli sforzi per adottare strategie integrate e politiche coordinate finalizzate a far cessare il lavoro minorile in tutte le sue forme”.

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