A Roma ‘una sola coperta non è sufficiente’

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‘Una sola coperta non è sufficiente per ripararsi all’aperto e con queste temperature notturne’: è stato il commento di uno degli investigatori che nei primi giorni dell’anno è intervenuto nei pressi della Stazione Tiburtina, dove giaceva il corpo senza vita avvolto in una coperta, assiderato, di un ragazzo rumeno di appena 30 anni.

Una delle migliaia di persone senza dimora che dormono in strada a Roma e che purtroppo, come tante altre, non ce l’ha fatta a causa delle temperature che nella notte scendono pericolosamente vicine allo zero. Infatti per la Caritas di Roma non è la prima vittima del freddo:

“Solo tre giorni fa a morire, anche lei assiderata, una donna senza dimora nei pressi del Parco delle Valli, quartiere Montesacro: riversa ai piedi di una panchina, senza vita, stroncata dal freddo. Se n’è accorto un passante quando ormai non c’era più nulla da fare. Una settimana prima, nel corso di controlli a margine di una partita di calcio, all’indomani del giorno di Natale, ci si era accorti di analoga sorte per un uomo che dormiva in un sacco a pelo sulla banchina del Lungotevere, all’altezza del ponte Duca D’Aosta.

A metà dicembre, invece, un cittadino nordafricano di circa 40 anni è stato trovato senza vita nei pressi della Basilica del Sacro Cuore a Termini. E ancora, a inizio dicembre, un altro senza dimora giaceva morto dentro una cabina dismessa nella Stazione Tuscolana senza ferite né segni di violenza, probabilmente deceduto a causa di un malore causato dal freddo e dall’abbandono”.

Secondo la Caritas romana la situazione della capitale è grave: “Mai come quest’anno si dispiega, invisibile e silenzioso, il dramma dei poveri che muoiono in strada a causa del freddo che l’Amministrazione Comunale sta affrontando con colpevole ritardo. I giorni passano, siamo ormai nei mesi più rigidi dell’anno ma Roma non ha ancora un piano di accoglienza adeguato per le persone senza dimora.

Che non ce la fanno e muoiono. Davanti a questi morti, che segnano la nostra città senza però mai riuscire a scuoterla veramente, a interrogarla sul perché queste vite sembrino valere meno delle altre, non ci si può stancare di chiedere attenzione”.

Inoltre la Caritas ha invitato i cittadini a non rimanere ‘assuefatti’ dalle poche righe di cronaca: “Non bastano poche righe nelle cronache locali dei quotidiani. Non si possono congedare queste morti come fossero fatalità perché i corpi non presentano ‘segni di violenza’, come se il freddo fosse una causa di forza maggiore imprevedibile e inaffrontabile. Non possiamo accettare di abbandonarci all’assuefazione perché non esiste fatalità nelle morti per il freddo delle persone senza dimora…

La povertà estrema cresce purtroppo sotto i nostri occhi e le vite stroncate dal freddo ai margini delle nostre strade sono un monito per chi governa la città e per quanti si cullano nel sonno della coscienza, illudendosi che una società intrisa di cultura dello scarto possa reggere a lungo. Sul tema della povertà estrema la politica è colpevolmente sorda e lontana da troppo tempo”.

Ed ha portato all’attenzione il caso del X Municipio di Roma, chiedendo soluzioni efficaci: “Vorremmo porre l’attenzione,in particolare, su uno dei Municipi più emblematici della Capitale, il X. In questa porzione della Città si è tornati indietro di 15 anni, quando all’inizio degli anni 2000 nella zona dei Cancelli si sperimentavano tensostrutture per l’accoglienza delle persone in strada. Allora ciò poteva rappresentare il segno di un’attenzione da parte delle istituzioni, con le prime sperimentazioni in questo territorio.

Ma oggi non più. Le risposte non possono più essere solo ‘emergenziali’, non possono essere tende, devono essere risposte tempestive, concrete e rispettose di una umanità sofferente che merita percorsi veri di reinserimento e di promozione”.

Ed ha posto alla politica domande importanti per non negare dignità alle persone povere: “Siamo per caso di fronte a un processo sempre più consapevole di negazionismo della dignità delle persone più povere? Se così fosse, quel ‘lungomuro’ che tanta propaganda politica vorrebbe rimuovere per rendere finalmente accessibile il Litorale, continua a resistere nelle nostre coscienze come barriera che impedisce il riconoscimento dell’altro povero. E’ un monito per tutti ma soprattutto per chi ci governa e per la grande moltitudine dei ‘tiepidi’ il cui silenzio assordante contribuisce al sonno della coscienza di questa parte di Roma”.

Inoltre durante la presentazione della 28^ edizione della guida ‘Dove mangiare, dormire lavarsi 2018’ la Comunità di Sant’Egidio ha fatto sulla povertà nella capitale: almeno 7.500 persone non hanno un’abitazione o dormono direttamente in strada; dei 230 posti in più progettati dal comune per evitare l’assideramento ai senza tetto ne sono stati approntati solo 40; il superamento dei campi rom partito dal Camping River è fallito; 600.000 persone anziane sole e fragili hanno bisogno di una rete di vicinato.

Sull’emergenza ‘freddo’ la Comunità di Sant’Egidio aveva sottolineato l’insufficiente azione del Campidoglio: “Il Comune anche quest’anno è in ritardo; ha predisposto una gara per 230 posti in più, ma le offerte ne hanno coperti solo 40, perché i bandi sono partiti tardi, è mancato un annuncio pubblico che andava fatto ad agosto. Le associazioni hanno i volontari e le risorse, ma non gli spazi.

E’ il comune che dovrebbe sostenere le associazioni con i beni del demanio. La Comunità ne ospita alcune decine, dall’8 dicembre assieme all’Elemosineria vaticana abbiamo riaperto la chiesa di San Callisto. Ma se si devono aprire le chiese per far dormire le persone, è la prova che le strutture sono troppo poche”.

Infatti nello scorso anno i centri della Comunità di S. Egidio di Roma e provincia hanno distribuito, alla settimana, 5 tonnellate di alimenti, 3 tonnellate di vestiti e 21.000 coperte e sacchi a pelo, 12.000 prodotti per l’igiene personale, 40.000 pacchi alimentari, 80.000 cene nella mensa di via Dandolo con 5.200 volontari e 120.000 cene in strada.

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