Natale nelle zone terremotate: la speranza non tramonta

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Secondo anno natalizio nelle zone terremotate celebrato nella speranza di una rinascita, come ha sottolineato nella messa di Natale a Greccio il vescovo di Rieti, mons. Domenico Pompili:

“La greppia e il fieno sono lo spazio del mistero: niente di più, niente di meno. La vista si concentra su questo spazio disadorno, e perfino maleodorante. La mangiatoia, senza scomodare la psicanalisi, è qualcosa di più profondo, rimanda al grembo della vita, il fieno rimanda al grano, dunque all’essenziale. Sembra niente, ma è ciò che è necessario ritrovare: la distinzione tra ciò che è necessario e ciò che è superfluo, accessorio”.

Guardando al presepio di san Francesco mons. Pompili ha invitato al necessario: “Noi siamo abitualmente stregati dal superfluo mentre perdiamo di vista ciò che è veramente necessario. E cosa è necessario guardando a una mangiatoia e al fieno? E’ necessario ricordare che la vita è un dono straniante per la quale sempre e continuamente meravigliarci ogni giorno che spunta. Ci voleva un terremoto per ricordarsi che l’esistenza, la vita che ci è data, è talmente straordinaria che ogni giorno occorrerebbe ritrovarla con lo stupore di chi grato sa che ci è data una possibilità che non torna, che non passa”.

Allora il Natale è l’occasione per comprendere il senso del nostro destino: “Soprattutto oggi, mentre Dio sembra essere completamente scomparso dall’orizzonte, si fa strada insistente spesso anche tra i più giovani l’idea che si possa essere figli del caso, della sfortuna. Questo è il punto: se siamo figli del caos o del cosmo, della sfortuna o di Dio…

Di fronte alla natività e al presepe che qui Francesco ha intuito non ci resta che inginocchiarci. Non c’è da polemizzare, né da creare false forme di contrapposizione. C’è solo da inginocchiarsi davanti al bambino. Infatti, nel Cristo Dio diventa un volto e l’uomo, a sua volta, conosce il suo. Per questo a Natale è festa, per questo continuiamo a scambiarci gli auguri”.

Dalla diocesi di Ascoli Piceno, mons. Giovanni D’Ercole, ha ‘letto’ ai propri fedeli una lettera di Gesù Bambino: “Vi ricordate quello che scrive l’evangelista Luca? Sulla collina accanto a Betlemme vegliavano dei pastori facendo la guardia al gregge. Un angelo li avvolse di luce ed essi furono presi da spavento, ma li rassicurò: ‘Non temete! Vi annunzio una grande gioia per tutto il popolo; oggi vi è nato un Salvatore, che è il Messia Signore’.

I pastori si fidarono e andarono in fretta alla grotta, dove trovarono Maria, Giuseppe e il bambino che giaceva nella mangiatoia, proprio come era stato loro descritto. Ripartirono talmente felici che glorificavano e lodavano Dio per tutto quello che avevano sentito e visto. La gioia e non il piacere, che è di ben altra pasta, è il dono del mio Natale”.

Ed il vescovo ha invitato Gesù Bambino a stare sempre accanto all’umanità: “Caro Bambino Gesù, anche se ti stiamo cacciando, non te ne andare. Nonostante le apparenze, siamo in tanti disposti ad accoglierti perché per noi il racconto della tua nascita dalla vergine Maria è verità di fede che ha cambiato la nostra vita. Aiutaci a resistere alla tentazione delle mille luci che ci abbagliano facendoci diventare così miopi da non riuscire più a leggere persino dentro il nostro animo.

Regalaci la tua umiltà anche se non sembra più una virtù, poiché quando ti fai agnello mansueto, ti sbranano i lupi che circolano dappertutto. C’è chi dice che se le cose nel mondo vanno male è colpa tua perché non intervieni e qualche volta anch’io cado nel dubbio. Ma da chi possiamo andare se non da te, che sei l’unico a non tradirci mai? Penso alla tua vicenda umana che ti ha visto nascere in una stalla sperduta, fuggire in Egitto per scampare all’ira di Erode, affrontare una vita piena di opposizioni e contrasti, e morire in croce.

Sembrava un fallimento totale e invece hai vinto: sei risorto! Mi chiedo però: tu hai fatto tutto questo per noi e perché noi non lo capiamo?… Resta con noi, perché se tu ci sei, nulla ci manca e aiutaci a non dimenticarlo mai. Aiutaci a farlo comprendere anche a chi non ci crede e fa fatica ad accettarlo, perché solo così Natale è veramente il tuo e il nostro Natale”.

Invece dalla diocesi di Macerata mons. Nazzareno Marconi ha raccontato la storia di un sacerdote confessore: “Da tanti anni confessava nel santuario anche padre Pacifico, affezionato al suo confessionale vecchio stile: un po’ scomodo, un po’ in penombra, senza altri cartelli che un cartoncino con il suo nome e una lampadina rossa, che si accendeva quando il penitente si stava confessando. Una piccola lampadina sbiadita, che ricordava tanto la lampada del Santissimo. Il direttore del santuario propose anche a lui di restaurare e modernizzare il confessionale, ma padre Pacifico disse: ‘Se non disturba troppo, preferirei continuare così’ e fu esaudito”.

La storia, ha raccontato il vescovo, è che padre Pacifico era il ‘più richiesto’: “Finché il sagrestano del santuario, un uomo semplice e concreto, che ‘conosceva i suoi polli’, gli spiegò: Vede padre direttore, quando un fedele entra nel santuario non guarda i cartelli o la forma dei confessionali, ma guarda le facce di chi esce dalla confessione.

E dal confessionale di padre Pacifico, qualcuno esce commosso, altri vanno subito a inginocchiarsi davanti al Crocifisso, molti si fermano in silenzio a pregare, ma tutti hanno un volto più sereno. La pubblicità migliore la fanno i volti dei penitenti che hanno davvero incontrato la misericordia di Dio”.

Mentre dall’archidiocesi di Spoleto e Norcia, mons. Renato Boccardo si è domandato cosa tiene ‘accese le stelle’: “Oggi abbiamo bisogno di un aiuto grande per vedere nella notte e non credere che le tenebre abbiano vinto la luce; per essere certi che, dopo la notte, l’alba torna a spuntare; per alzare lo sguardo e vedere che nella notte brilla un mistero che ci riguarda. Questo mistero profondo ci dice che, quando il Figlio di Dio si è incarnato, il cammino della storia e dell’umanità è stato profondamente modificato.

La creazione tutta intera che, secondo le parole di San Paolo, geme nelle doglie del parto attendendo la piena manifestazione dei figli di Dio, ha conosciuto questa manifestazione nella persona di Gesù, il Dio fatto uomo: Dio, in Gesù Cristo, riprende a camminare con gli uomini. E’ il grande annuncio del Natale!”

Secondo mons. Boccardo il Natale rischiara l’oscurità: “La notte di Natale ci offre invece la prova contraria. Per venire a noi Dio pone un’unica condizione: ha bisogno della nostra notte, come fu quella di venti secoli fa, in territorio di Palestina. Ed è ciò che hanno ben compreso i pastori di Betlemme.

E’ perché non ne sono degni, e soprattutto perché sono intimamente persuasi di non esserlo, che Dio li ha invitati ad andare a contemplare il primogenito di Maria. Vanno e vedono. Non discutono, non sono increduli, non recalcitrano perché non capiscono, ma ascoltano il cuore. Il loro cuore li avverte che c’è qualcosa di inverosimile in quanto sta accadendo, qualcosa più grande dell’intelligenza umana, e credono alle sorprese di Dio”.

Dalla diocesi di Fabriano e Matelica mons. Stefano Russo ha raccontato un ‘Natale 4.0’: “Eppure, a pensarci bene, proprio il Natale, la più tradizionale delle feste che conosciamo, ha prodotto e continua a produrre uno sconvolgimento nella storia degli uomini che costituisce il vero ‘cambiamento d’epoca’. Per coloro che si ricordano che Natale corrisponde alla venuta del Figlio di Dio sulla terra, si apre la possibilità di fare della propria vita una continua novità. Perché se Gesù Cristo ‘abita’ nella nostra vita ecco allora che tutto cambia”.

E cambia soprattutto la relazione tra Dio ed uomo: “Attraverso Gesù Cristo viene messa in discussione quell’immagine di un Dio collocato distante da noi e che di fatto ci permette di mantenerlo lontano dalla nostra vita, relegato nella casella ‘religione’, con sopra incisa la scritta ‘da usarsi in caso di necessità’.

No! Dio si è fatto uomo come noi, per portare stabilmente nel mondo la vita della Trinità, per donarla ad ogni uomo, per rendere la nostra storia personale una straordinaria relazione d’amore con Lui. Lo posso incontrare ogni giorno, ogni istante, basta mettersi in ascolto e imparare a riconoscerlo e ad accoglierlo nella Parola, nell’eucaristia, nella comunità, nell’altro, nel povero, nelle vicende liete e tristi della vita”.

Dalla diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto, mons. Carlo Bresciani, ha invitato i fedeli a lasciar entrare Cristo nel propria vita: “C’è solo una luce che può riempire la vita di un essere umano e questa è l’amore. La luce del Natale è questa: Dio ama l’uomo, ama me, ama te, ama ognuno di noi. Solo l’amore dà senso alla vita, solo l’amore è capace di dare speranza di futuro, solo l’amore risana le ferite della vita.

C’è un Amore, quello di Dio, che non si lascia fermare da nessuna notte, nessuna tenebra lo può fermare. E’ una luce che penetra tutte le tenebre, le nostre e quelle del mondo intero. Nessun rifiuto umano lo può fermare, ma è un amore che non si impone con la forza: come ogni vero amore si offre e chiede di essere accolto”.

Ed il neo arcivescovo di Ancona e Osimo, mons. Angelo Spina, ha invitato i fedeli a riconoscere il Figlio di Dio fattosi uomo: “Il Bambino che nasce è Dio che prende un nome e un volto. Il suo nome è Gesù (Dio salva), il suo volto è quello dell’uomo, dell’umanità intera, è quello dell’Emmanuele (il Dio con noi).

Da allora Dio lo si può incontrare in ogni volto, soprattutto in quelli segnati dalla povertà, dalla sofferenza, da ogni forma di ingiustizia e di violenza per scuotere le nostre coscienze assopite come a dire: fermati, guardami, contemplami. Oggi i volti ‘scomodi’ vengono evitati, emarginati, allontanati. Viviamo chiusi in noi stessi, indifferenti ad ogni bisogno.

L’individualismo e gli accentuati egoismi trionfano. Siamo tutti personaggi affaccendati nel nostro frenetico fare, non abbiamo tempo per fermarci. Il personaggio ‘incantato’ davanti al presepe dice ad ognuno di noi: ‘Fermati e contempla, fermati ed esci dal tuo guscio. Accogli la tenerezza del Bambino Gesù che apre i suoi occhi ad ogni essere umano da considerare, da stimare, da aiutare, da amare. Se lo porti vicino ai tuoi occhi allora il tuo cuore è rinato’. E’ Natale!”

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