ISMU: la popolazione straniera si stabilizza

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Nei giorni scorsi la Fondazione ISMU ha presentato il volume che analizza la presenza della popolazione straniera in Italia, stimando che al 1° gennaio 2017 la popolazione straniera abbia raggiunto la quota di 5.958.000 presenze (regolari e non), con un aumento di 87.000 unità (+1,5%) rispetto all’anno precedente.

Un incremento dovuto soprattutto alla componente irregolare (+56.000), che registra una lieve ripresa: al 1^ gennaio 2017 ISMU stima che non sono in possesso di un valido titolo di soggiorno 491.000 stranieri (contro i 435.000 alla stessa data dell’anno precedente). L’incidenza degli irregolari sul totale della popolazione straniera presente è quindi dell’8,2%.

Per quanto riguarda le provenienze, anche per il 2016, si conferma il primato dei rumeni, che con quasi 1.169.000 residenti, rappresentano il 23,2% del totale, cui seguono circa 450.000 albanesi (8,9%) e 420.000 marocchini (8,3%). La Fondazione ISMU ha sottolineato una crescita delle acquisizioni di cittadinanza: nel 2016 si contano ben 202.000 nuovi italiani (in 4 casi su 10 si tratta di minori).

Per quanto riguarda gli arrivi, i dati quantitativi sulla presenza straniera in Italia non sembrano mettere in luce dinamiche e prospettive preoccupanti. Infatti anche se gli sbarchi sulle coste italiane sono passati da 63.000 del 2011 a 181.000 del 2016 (mentre al 4 dicembre 2017, se ne contano oltre 117.000), non siamo di fronte a un’invasione.

Anzi, in base alle stime di Fondazione ISMU, estrapolando le tendenze in atto nel periodo 2014-2016, nel prossimo ventennio si potrà assistere ad un sempre più ridotto incremento della popolazione straniera iscritta nelle anagrafi dei comuni italiani, sino a raggiungere un massimo di 5.374.000 unità alla fine del 2033 e a dar vita ad una fase di sostanziale stabilità (i residenti si assesterebbero quindi sui 5.300.000).

Sul fronte lavorativo si segnala che gli stranieri occupati nel 2016 raggiungono la cifra di 2.401.000, contro i 2.359.065 del 2015 e rappresentato il 10,5% dell’occupazione complessiva. Il lavoro immigrato resta in netta prevalenza di tipo dipendente (86,6% degli occupati rispetto al 74,8% degli italiani) e operaio 76,6% rispetto al 30,7% degli italiani). In compenso diminuisce la disoccupazione degli stranieri: nel 2017 gli stranieri senza lavoro sono 437.000, contro i 456.000 del 2015.

Una particolare attenzione merita il fenomeno dell’inattività: nel 2016 sono 1.181.000 gli stranieri inattivi in età lavorativa (ovvero tra i 15 e i 64 anni), di cui il 72% è costituito da donne. Rimangono invece stabili gli alunni stranieri presenti nel sistema scolastico italiano: nell’anno 2015/2016 gli studenti non italiani sono 814.851 (solo 643 in più rispetto all’anno scolastico precedente) e rappresentano il 9,2% del totale della popolazione scolastica.

Inoltre ISMU ha sottolineato come la dinamica degli ingressi in Italia rimane pur sempre ai livelli del recente passato, se non inferiori. La caduta del numero di iscrizioni anagrafiche ‘tradizionali/regolari’ per trasferimento dall’estero, avvenuta ininterrottamente dal 2007 al 2014, ha trovato compensazione negli arrivi non autorizzati sulle nostre coste. I dati quantitativi sulla presenza straniera in Italia non sembrano mettere in luce dinamiche e prospettive preoccupanti.

In ogni modo si osserva un cambiamento qualitativo. Passando in rassegna il panorama delle provenienze di chi è giunto sulle coste italiane nel periodo 2014-2017, le fonti ministeriali mostrano un ridimensionamento delle cittadinanze medio-orientali e una forte crescita di quelle sub-sahariane. La Siria, che alimentava nel 2014 un quarto del totale degli arrivi, è scesa al 5% nel 2015 ed è scomparsa nel 2016 tra le principali nazionalità tributarie del fenomeno. Contemporaneamente la Nigeria ha raggiunto i vertici della graduatoria (dal 5% nel 2014 al 21% del 2016, confermato dal 17% del 2017) e lo stesso vale per il Bangladesh.

I dati più recenti sugli arrivi in Italia mostrano la decisa crescita di una componente soprattutto africana, che riflette la combinazione tra guerre, regimi persecutori e condizioni di estrema miseria. Sul fronte della demografia ISMU ha sottolineato che l’immigrazione ha un ruolo importante, sia nel sostegno della natalità, sia nel ringiovanimento di una popolazione autoctona sempre più vecchia. I 69.000 nati stranieri del 2016 rappresentano il 14% del totale delle nascite.

E sempre grazie all’immigrazione l’età media dei residenti si è ridotta di un anno per entrambi i generi. Ma tali benefici non dureranno per sempre. Non è un caso che il picco di natalità raggiunto nel 2012 con 80.000 nascite si sia ridotto man mano nel tempo. Ed anche il divario tra l’età media è destinato a contrarsi: se al 1° gennaio 2017 l’età media degli stranieri è di 34,1 e quella degli italiani è di 45,9, ISMU stima che al 1° gennaio 2037 gli italiani avranno in media 49,2 anni e gli stranieri 43,1.

Per quanto riguarda il contributo degli immigrati in termini di potenziale produttivo, nel 2017 si ipotizza per la popolazione straniera un rapporto di 4 potenziali lavoratori per ogni ultra65enne (attualmente il rapporto è di 20 a 1). Per non parlare del dibattito tra welfare e immigrazione, che continua a essere acceso proprio perché le posizioni sono discordanti.

Da un lato c’è chi indica come irrinunciabili per gli equilibri del sistema pensionistico l’ingresso annuo di 140.000 lavoratori immigrati e chi aggiunge che grazie all’apporto degli immigrati si paga il vitalizio ad oltre 600.000 pensionati per lo più italiani. Dall’altro lato c’è chi, meno ottimisticamente, sottolinea come i 140.000 nuovi contribuenti che servirebbero all’equilibrio del sistema pensionistico si potrebbero trovare tra i giovani disoccupati o tra le donne inattive, senza dover ricorrere ai flussi di immigrati.

In ogni modo è evidente come € 10.000.000.000 annui versati dagli stranieri e incassati dagli enti previdenziali che li utilizzano per erogare le pensioni alla vasta platea degli attuali beneficiari (oggi quasi del tutto italiani), si configurino per lo più come un prestito. Sempre rimanendo sugli aspetti previdenziali, bisogna ricordare che nel prossimo decennio, e in quello successivo, molti stranieri avranno superato la soglia dei 65 anni.

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