Milano: Avvento con i collaboratori familiari

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Nella quinta domenica dell’Avvento ambrosiano mons. Delpini ha invitato i collaboratori familiari, assistenti domestiche, colf e badanti, ringraziandoli del lavoro che svolgono: “Penso che sia un segno dovuto ringraziarvi a nome della città di Milano per quello che fate e che siete”. Don Alberto Vitali, responsabile dell’Ufficio per la Pastorale dei Migranti, in apertura ha sottolineato come stia cambiando non solo la società, ma anche la Chiesa in terra ambrosiana:

“Ci lamentiamo che i nostri bimbi non sappiano più le preghiere, ma un parroco mi ha detto che alcuni piccoli del suo oratorio conoscono l’Ave Maria in ucraino perché è stata la collaboratrice a insegnarla, non la mamma o la nonna”. Poi alcune colf hanno portato la propria testimonianza; mons. Delpini ha ringraziato loro per una “presenza che è provvidenziale per coloro che hanno limiti di età e di salute. Penso che sia un segno dovuto ringraziarvi a nome della città di Milano per quello che fate e che siete. Per questo vi ho invitato”.

Quindi l’arcivescovo ha invitato i fedeli ad annunciare la fraternità: “Chi sei tu? La domanda invito alla fraternità. Forse a molti non interessa un gran che della persona che lavora in casa, che sostituisce i figli nell’accudire i genitori, che si dedica giorno e notte a persone che si rendono insopportabili con le loro pretese e il loro stare male. Ma la convocazione per questa celebrazione dice che la Chiesa, in nome di Dio, pone la domanda: ‘Chi sei?’ come un invito alla fraternità, come una promessa di fraternità”.

La seconda parola è di ‘consolazione’: “perché immagino che lasciare il proprio Paese e le famiglie, le radici, le feste della vostra chiesa, sia una ferita. Il bisogno di lavoro vi ha convinto ad affrontare dei sacrifici, magari facendovi sentire stranieri in una terra che ha lingua, abitudini e un clima diverso. Ma in chiesa non dovete sentirvi mai stranieri: il Duomo è la casa di tutti i milanesi e voi lo siete. Qui, come ogni chiesa della Diocesi, è casa vostra”.

Quindi ha invitato ad essere ‘voce’: “Sono voce le assistenti familiari/badanti che abitano talora per anni e anni nelle case di persone anziane e malate. Sono la voce che invita a raddrizzare la via: pongono infatti domande. Che società state costruendo? Quale posto hanno gli anziani nella terra famosa nel mondo per la sua operosità e ricchezza?

Come sono i legami familiari? Quale rispetto si pratica delle leggi che regolano il lavoro e i contratti con chi viene da altri paesi? Sono giuste queste leggi? La voce che grida nel deserto pone domande, non perché voglia giudicare, ma perché vuole collaborare a raddrizzare le vie, a sognare un mondo migliore, migliore di quello da cui si parte, migliore di quello in cui si arriva”.

Una terza parola ha il sapore di una richiesta: “Dovete aiutarci perché, al vostro interno, avete dei valori e ricchezze nel modo di pregare, di avere cura degli anziani e dei bambini, mentre talvolta la fretta, i ritmi del lavoro e della famiglia, fanno dimenticare ai milanesi di antica origine come si faccia tutto questo. Il confronto tra culture diverse e differenti modi di vivere la preghiera e la fede, può aiutare a comprendere e conservare ciò che condividiamo come figli di Dio, migliorandoci a vicenda”.

Ed infine un invito alla Chiesa di essere ‘voce’: “La voce della Chiesa non invita a rendere diritte le vie del Signore come se avesse la presunzione di essere la città ideale che può solo insegnare agli altri. La Chiesa diventa voce perché riconosce il bisogno di riconciliazione, la chiamata alla comunione che è ancora chiamata alla conversione:

le divisioni che sono tra noi, la frattura tra la parola che ascoltiamo e la vita che viviamo, l’incomunicabilità e l’indifferenza che complicano la vita delle comunità sono destinatarie della voce che chiama a rendere diritte le vie del Signore, perché il Natale che viene ci trovi un popolo più unito, più lieto, appassionati di una fraternità più cordiale e universale”.

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