Mons. Napolioni esorta ad imitare sant’Omobono

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Lunedì 13 novembre Cremona ha festeggiato il patrono sant’Omobono ed, in vista della giornata mondiale dei poveri, mons. Antonio Napolioni, ha letto una lettera che il patrono cremonese ha scritto al proprio popolo: “Caro Vescovo Antonio e diletta Chiesa di Cremona, sono proprio felice.

Sapete perché? Chiudendo il Giubileo della Misericordia, papa Francesco ha istituito la Giornata mondiale dei poveri, che celebrerete per la prima volta domenica prossima, XXXIII del tempo ordinario, e ha chiesto alle comunità cristiane di creare nella settimana precedente ‘tanti momenti di incontro e di amicizia, di solidarietà e di aiuto concreto’. Ho pensato a voi, che da tempo coronate la mia festa proprio con una ‘settimana della carità’”.

Nella ‘lettera’ mons. Napolioni, offrendo la propria voce al santo, ha sottolineato la passione del patrono per i poveri: “Il Papa cita S. Francesco d’Assisi, la cui fama è certo giunta anche in Argentina, e non mi offendo se non si ricorda di me, anche se è importante riconoscere cosa la grazia è capace di fare anche nei laici, nei mercanti, nelle diverse età della vita.

Nel cielo di Dio, io non mi stanco di raccontare a tutti della ricchissima tradizione di solidarietà che colpisce chi entra nella nostra città, che alcuni giudicano lenta e pigra, mentre invece pullula di iniziative umili e concrete a fianco di tante forme di povertà, sofferenza, disagio, spesso assai più complesse di quelle dei miei tempi. Vedo che non si stancano uomini e donne della Caritas diocesana e delle tantissime realtà di volontariato e servizio, cattolico e laico, che la circondano”.

E raccontando della propria vita ha narrato come essa sia stata cambiata dalla misericordia di Dio: “L’amore totale di Dio, che dona se stesso in un inesauribile flusso di misericordia, dice ancora il Papa nel suo messaggio, ‘può arrivare a mettere in movimento la nostra vita e generare compassione e opere di misericordia per i fratelli e le sorelle che si trovano in necessità’.

Sì, anche la mia vita stava diventando arida, con il cuore che si chiude e non genera… ma vi assicuro che lo scambio d’amore, tra Dio e l’uomo, tra noi e gli altri, può cambiare la realtà, cominciando dai nostri sentimenti e giudizi, rendendo possibile quella conversione che per sola devozione e sforzo di volontà invece non avviene”.

Ed ha raccontato come è avvenuta la sua conversione alla carità: “So che guardate a me come modello e patrono, e questo mi onora ed imbarazza. Ma vorrei proprio testimoniare a voi che è sempre possibile la ‘conversione al primato della carità’. Io l’ho scoperto da adulto, comprendendo davanti al Crocifisso cosa è decisivo per la vita e per l’eternità, e qual è la missione essenziale di ogni cristiano e dell’intera Chiesa.

Prego per voi, per te vescovo, per i preti e i cristiani che con te oggi fanno la Chiesa cremonese, che si specchia nel Vangelo di Gesù per diventare come Lui la vuole, anche riconoscendosi tentata di ripiegarsi nostalgicamente e di irrigidirsi nella paura. Siate certi che Omobono condivide il pensiero coraggioso del Papa, quando dice che ‘i poveri non sono un problema: sono una risorsa a cui attingere per accogliere e vivere l’essenza del Vangelo’.

Tutti i poveri, non solo chi è privo dei beni materiali necessari per vivere, ma anche chi è schiavo dell’avidità che abbrutisce l’anima. Non solo è povero chi è vittima della violenza, ma ancor più misero è chi la compie. Perché la miseria del peccatore è la povertà radicale di tutti noi”.

Quindi ha invitato ad una conversione culturale: “Sempre la società, quella delle cento torri di una volta come quella del vostro mondo globalizzato, è chiamata ad una conversione culturale e morale. Non troverete scampo nell’indifferenza, davanti agli sconvolgimenti che premono anche alle vostre porte. Io ero mercante, ed ho scoperto che solo un’economia della solidarietà e una politica del bene comune possono tenere a bada interessi pericolosamente in conflitto e ricondurli sui sentieri della convivenza pacifica”.

Inoltre ha ricordato che in Paradiso ci sono due ‘personaggi’ locali (Mons. Bonomelli e don Mazzolari), che hanno amato i poveri: “Tra i grandi pastori che hanno guidato la nostra Chiesa, mons. Bonomelli vi ricorda che, nella lettera pastorale del 1898 su ‘La beneficenza’, già rimarcava gli obblighi rispettivamente di carità e di giustizia, che sempre sfidano le coscienze e impegnano le istituzioni. Ogni tanto, sento un vocione che cerca sempre di convertire tutti al primato della carità.

E’ don Primo Mazzolari che ripete: ‘il povero viene fuori dalla nostra miseria umana, come Gesù. Il povero è Gesù. Se non ci son più poveri, non c’è neanche Gesù…’. Dunque state tranquilli, non è un’invenzione di papa Francesco il desiderio di diventare una ‘Chiesa povera per i poveri’, se la terra padana è stata sempre battuta dai piedi di chi annuncia il Vangelo con le opere e non solo con le parole.

La Chiesa mi venera come santo, ma uomini santi come Omobono non vengono dal nulla, non nascono a caso. Sono invece la risposta libera e cosciente, e non immaginate anche quanto faticosa, all’invito che Dio, creandoci e salvandoci, rivolge a tutti i suoi figli. Appunto, il frutto di una profonda conversione, che riporta la vita sui sentieri sicuri ed esigenti della Parola di Dio e della Sua legge”.

Ed infine ha esortato la propria Chiesa a seguire il Vangelo con gioia: “La vera carità è così, fatta di atteggiamenti umani e virtuosi, che fanno trasparire l’uomo delle Beatitudini, il volto stesso di Gesù, portatore della tenerezza di Dio Padre tra gli uomini. Che bella una Chiesa che si comporta così, appassionata per il suo Signore vivente nel mondo, sapendo quanto Egli ama questo mondo.

Delicata nel non spegnere lo stoppino dalla fiamma smorta, attenta a riconoscere la voce di Dio nel grido di chi soffre e a non lasciarlo inascoltato. Anche i vostri rapporti personali, quelli più intimi e quotidiani, possono ritrovare salute e novità praticando verbi così dolci, umili, veramente cristiani. Questo è lo stile di vita e di fede, di Chiesa e di società, che urge per tutti.

Solo così si tesse e rammenda il tessuto vivo delle nostre comunità, spesso dilaniate da divisioni e perciò incapaci di testimonianza credibile al Dio Padre di tutti. Parola di sarto! Avete sentito? Anche San Paolo vi invita a farlo seminando con larghezza… non con tristezza né per forza, mentre il Vangelo chiama alla fiducia in Colui che veste così l’erba del campo. Questa è stata la mia gioia”.

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