Il papa nella giornata dei poveri ricorda il peccato di omissione

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Nella prima giornata dei poveri papa Francesco ha ricordato che ognuno ha qualcosa da donare, anche colui che sembra senza niente agli occhi del mondo: “Abbiamo la gioia di spezzare il pane della Parola, e tra poco di spezzare e ricevere il Pane eucaristico, nutrimenti per il cammino della vita. Ne abbiamo bisogno tutti, nessuno escluso, perché tutti siamo mendicanti dell’essenziale, dell’amore di Dio, che ci dà il senso della vita e una vita senza fine. Perciò anche oggi tendiamo la mano a Lui per ricevere i suoi doni”.

Commentando la parabola dei talenti il papa ha sottolineato l’azione educativa nella responsabilità di ognuno: “Infatti, da Padre amorevole ed esigente qual è, ci responsabilizza. Vediamo che, nella parabola, a ogni servo vengono dati dei talenti da moltiplicare. Ma, mentre i primi due realizzano la missione, il terzo servo non fa fruttare i talenti; restituisce solo quello che aveva ricevuto… Questo servo riceve in cambio parole dure: ‘malvagio e pigro’.

Che cosa non è piaciuto al Signore di lui? In una parola, forse andata un po’ in disuso eppure molto attuale, direi: l’omissione. Il suo male è stato quello di non fare il bene. Anche noi spesso siamo dell’idea di non aver fatto nulla di male e per questo ci accontentiamo, presumendo di essere buoni e giusti. Così, però, rischiamo di comportarci come il servo malvagio: anche lui non ha fatto nulla di male, non ha rovinato il talento, anzi l’ha ben conservato sotto terra. Ma non fare nulla di male non basta.

Perché Dio non è un controllore in cerca di biglietti non timbrati, è un Padre alla ricerca di figli, cui affidare i suoi beni e i suoi progetti. Ed è triste quando il Padre dell’amore non riceve una risposta generosa di amore dai figli, che si limitano a rispettare le regole, ad adempiere i comandamenti, come salariati nella casa del Padre”.

Il ‘servo onesto’ è colui che sa investire i propri utili e non commette il peccato di omissione: “L’omissione è anche il grande peccato nei confronti dei poveri. Qui assume un nome preciso: indifferenza. E’ dire: ‘Non mi riguarda, non è affar mio, è colpa della società’. E’ girarsi dall’altra parte quando il fratello è nel bisogno, è cambiare canale appena una questione seria ci infastidisce, è anche sdegnarsi di fronte al male senza far nulla. Dio, però, non ci chiederà se avremo avuto giusto sdegno, ma se avremo fatto del bene”.

Ed allora alla domanda su come si può ‘piacere’ a Dio il papa risponde: “Nel povero Gesù bussa al nostro cuore e, assetato, ci domanda amore. Quando vinciamo l’indifferenza e nel nome di Gesù ci spendiamo per i suoi fratelli più piccoli, siamo suoi amici buoni e fedeli, con cui Egli ama intrattenersi… Lì, nei poveri, si manifesta la presenza di Gesù, che da ricco si è fatto povero. Per questo in loro, nella loro debolezza, c’è una ‘forza salvifica’.

E se agli occhi del mondo hanno poco valore, sono loro che ci aprono la via al cielo, sono il nostro ‘passaporto per il paradiso’ Per noi è dovere evangelico prenderci cura di loro, che sono la nostra vera ricchezza, e farlo non solo dando pane, ma anche spezzando con loro il pane della Parola, di cui essi sono i più naturali destinatari. Amare il povero significa lottare contro tutte le povertà, spirituali e materiali.

E ci farà bene: accostare chi è più povero di noi toccherà la nostra vita. Ci ricorderà quel che veramente conta: amare Dio e il prossimo. Solo questo dura per sempre, tutto il resto passa; perciò quel che investiamo in amore rimane, il resto svanisce”. Ed anche nell’Angelus il papa ha sottolineato che la paura mina il rapporto di fiducia con Dio:

“Questo servo non ha col suo padrone un rapporto di fiducia, ma ha paura di lui, e questa lo blocca. La paura immobilizza sempre e spesso fa compiere scelte sbagliate. La paura scoraggia dal prendere iniziative, induce a rifugiarsi in soluzioni sicure e garantite, e così si finisce per non realizzare niente di buono. Per andare avanti e crescere nel cammino della vita, non bisogna avere paura, bisogna avere fiducia”.

Secondo il papa la giusta interpretazione della parabola rivela la nostra ‘idea’ di Dio: “Non dobbiamo pensare che Egli sia un padrone cattivo, duro e severo che vuole punirci. Se dentro di noi c’è questa immagine sbagliata di Dio, allora la nostra vita non potrà essere feconda, perché vivremo nella paura e questa non ci condurrà a nulla di costruttivo, anzi, la paura ci paralizza, ci autodistrugge.

Siamo chiamati a riflettere per scoprire quale sia veramente la nostra idea di Dio… Gesù ci mostra la generosità e la premura del Padre in tanti modi: con la sua parola, con i suoi gesti, con la sua accoglienza verso tutti, specialmente verso i peccatori, i piccoli e i poveri, come oggi ci ricorda la 1ª Giornata Mondiale dei Poveri; ma anche con i suoi ammonimenti, che rivelano il suo interesse perché noi non sprechiamo inutilmente la nostra vita.

E’ segno infatti che Dio ha grande stima di noi: questa consapevolezza ci aiuta ad essere persone responsabili in ogni nostra azione. Pertanto, la parabola dei talenti ci richiama a una responsabilità personale e a una fedeltà che diventa anche capacità di rimetterci continuamente in cammino su strade nuove, senza ‘sotterrare il talento’, cioè i doni che Dio ci ha affidato, e di cui ci chiederà conto”.

Ed al termine ha pranzato insieme a 1500 poveri: “Prepariamoci per questo momento insieme. Ognuno di noi, con il cuore pieno di buona volontà e di amicizia verso gli altri, condividere il pranzo e augurandoci il meglio gli uni agli altri”.

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