Rapporto Caritas: in Italia i giovani sono poveri

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Secondo il Rapporto 2017 di Caritas Italiana su povertà giovanili ed esclusione sociale ‘il futuro di molti giovani in Italia non è serenamente proiettato verso l’avvenire’; infatti nella fascia 18-34 anni è povero 1 su 10 e il rischio povertà ed esclusione sociale tocca il 37% dei giovani italiani.

Oggi, un giovane italiano su dieci vive in uno stato di povertà assoluta. Nell’ultimo decennio l’incidenza della povertà tra i giovani (18-34 anni) è passata dall’1,9% al 10,4%. A preoccupare è la situazione dei minori: in Italia se ne contano 1.292.000 che versano in uno stato di povertà assoluta (il 12,5% del totale). E risulta particolarmente critica la condizione delle famiglie dove sono presenti tre o più figli minori per le quali l’incidenza della povertà assoluta sale infatti al 26,8%, coinvolgendo così quasi 138.000 famiglie e oltre 814.000 individui.

Secondo il Rapporto, il rischio di povertà ed esclusione sociale riguarda il 33,7% dei giovani italiani (il 6,4% in più rispetto a quanto accade nel resto d’Europa). Considerando i dati assoluti, l’Italia è il terzo Paese dell’Unione Europea ad aver incrementato il numero dei giovani in difficoltà. Infatti anche nel 2016 è continuato il trend negativo che vede aumentare in Italia l’incidenza della povertà. Secondo Caritas, in Italia vivono in uno stato di grave povertà 4.742.000 persone (il 7,9% dei residenti), un totale di 1.619.000 famiglie (il 6,3% dei nuclei familiari).

Quattro si sono rivelate le categorie più svantaggiate: i giovani (fino ai 34 anni), i disoccupati o i nuclei il cui capofamiglia svolge un lavoro da ‘operaio e assimilato’, le famiglie con figli minori e i nuclei di stranieri e misti. Nei Centri di ascolto sono oltre il 40% di nuovi utenti assistiti nel 2016, pari a 205.090 le persone accolte ed sostenute presso i 1.801 Centri di ascolto (Cda), collocati in 180 diocesi italiane, di cui si dispongono i dati.

Si è confermata anche nel 2016 la parità di genere tra uomini (49,2%) e donne (50,8%) che si sono rivolti ai Centri di ascolto, con un età media di 43,6 anni. I ragazzi tra i 18 ed i 34 rappresentano il 22,7% del totale; tra gli italiani l’incidenza scende al 10,7%, tra gli stranieri arriva invece al 31,5%. In termini complessivi rispetto alla composizione del nucleo, prevalgono le famiglie tradizionali con coniugi e figli (35,0%), seguite da quelle uni-personali (25,7%), in netto aumento rispetto al 2015.

Anche i senza dimora, che rappresentano complessivamente il 17,8% del totale, sono in crescita rispetto al 2015. Il bisogno presentato con più frequenza anche nel 2016 è stato quello della povertà economica (76,7%), seguito dai problemi occupazionali (56,8%), dai problemi abitativi (24,1%) e familiari (14,0%). In ogni caso, solo il 39,7% degli assistiti ha manifestato difficoltà relative ad un singolo problema. Chiedono viveri, vestiario, accesso alla mensa, servizi di igiene personale, poi sussidi economici per il pagamento di bollette/tasse, canoni di affitto o spese sanitarie.

Nello scorso anno Caritas Italiana ha accompagnato 125 Caritas diocesane nel percorso di presentazione, valutazione e approvazione di 191 progetti, in risposta alle povertà presenti sui territori per un intervento complessivo di € 21.500.000. I destinatari prevalenti degli interventi sono stati famiglie (27,7% dei progetti), persone senza dimora (16,7%), giovani e minori (13,6%), immigrati (12,6%) e inoccupati (10,5%).

Rispetto alla categoria minori e giovani, le progettualità di Caritas (realizzate anche al di fuori del circuito 8xmille) si sono concentrate soprattutto su minori a rischio, lotta alla dispersione scolastica e sostegno scolastico; formazione e riqualificazione professionale per ‘neet’ e disoccupati), percorsi di inclusione per rifugiati e profughi, contrasto della disoccupazione con tirocini, borse lavoro, stage.

Nelle conclusioni del rapporto don Francesco Soddu, direttore Caritas Italiana, ha sottolineato la necessità di nuove politiche sociali: “Le Istituzioni europee si impegnino non solo alla piena occupazione, ma anche a promuovere un equo funzionamento dei sistemi di protezione sociale. C’è bisogno di rinnovare e armonizzare i sistemi di welfare nazionali, patrimonio identitario della cultura europea, rafforzando le competenze e le politiche europee in materia sociale.

C’è bisogno di superare la logica dell’austerity, ispirata ad un modello economico liberista, con politiche inclusive ed egalitarie a favore dello sviluppo delle regioni periferiche e rurali. Un’azione congiunta per ridurre le diseguaglianze all’interno dei singoli Stati e tra Stati è il presupposto fondamentale per un vero processo di integrazione”.

Ed ha chiesto una particolare attenzione alla condizione giovanile: “I giovani rappresentano nel nostro Paese un anello debole della catena sociale, ma anche una grande risorsa potenziale, su cui appare necessario investire maggiormente. Da un lato, rispetto al passato, è sempre più evidente che le nuove generazioni del Paese sono state le più colpite dai recenti processi di impoverimento, durante e dopo la crisi economica.

Le basse opportunità occupazionali stanno impedendo ai giovani italiani e ai giovani europei di costruirsi un futuro, costretti continuamente a posticipare le tappe che connotano la maturità: autonomia economica, uscita dalla casa di origine, acquisto di una casa, creazione di un nuovo nucleo familiare, genitorialità.

Per questo motivo ci sembra urgente e doveroso immaginare l’allargamento delle risorse economiche a disposizione del Rei, per fare in modo di inserire anche le fasce più giovani all’interno della misura così da favorire la loro inclusione, in questa fase costruttiva e dinamica della vita. Al tempo stesso però occorrono seri e improrogabili investimenti per favorirne la loro occupazione onde evitare il pericolo, paventato già da molti, di una lost generation; giovani che, impossibilitati a lavorare, disperdono il loro capitale umano e sociale”.

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