Milano: mons. Delpini propone ai nonni un’alleanza contro lo ‘spavento’

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Nella diocesi di Milano, come di consuetudine del calendario ambrosiano, domenica scorsa è iniziato il tempo di Avvento, con un dialogo informale con i nonni seduti nei primi banchi del duomo. Il card Delpini ha risposto alle loro domande: “Siamo qui insieme per celebrare l’inizio dell’Avvento e il patrimonio che siete voi nonni. Anzitutto voglio dirvi che la Chiesa è vostra alleata…

Non sono nonno, quindi, non posso insegnarvi come si fa a esserlo. Credo, tuttavia, che lo scambio di esperienze possa aiutare a non disperdere quell’‘oh’ di meraviglia che, seppure scomparirà inevitabilmente”.

Uno dei nonni aderenti all’Associazione ‘Nonni 2.0’ ha posto la domanda sulla responsabilità educativa: “Un nonno che prega può dire tanto ai nostri ragazzi tanto sul pregare, sulla morte, che è un tabù, sulla sessualità, sulla fiducia nel futuro, sul fatto che siamo stati creati per la felicità Dobbiamo affrontare gli argomenti che sono censurati dalle chiacchiere quotidiane.

Anche se paiono non ascoltare, i giovani captano quello che si vuole trasmettere. Per questo dobbiamo avere fiducia. La società ha bisogno di gente che abbia tempo di impegnarsi. Essere bravi cristiani vuol dire rispondere ad alcuni bisogni anche ‘altri’ dal fare il nonno, come fare il sindaco o il volontario. Così possiamo dare a questa società un volto più solidale e fraterno.

Avere del tempo implica la responsabilità di come spenderlo. Talvolta i nostri giudizi sul presente e sulla gioventù sono uno troppo perentori e scoraggiati: coltiviamo, invece, la persuasione che il Signore attira tutti a sé. In profondità vi è più bene di quello che possiamo vedere in voi c’è tanto bene e i nipoti ne sono assetati. La bellezza, la freschezza, la verità dell’acqua fresca, alla lunga, sono più attrattive delle mode e degli artifici”.

E nell’omelia mons. Delpini ha invitato a ‘curare lo spavento’: “In effetti quello che capita è motivo di spavento. Le notizie che circolano sui nostri mezzi di comunicazione, le prospettive che sono disegnate dalle previsioni e dalle fantasie che prevedono il futuro spaventano chi le prende sul serio. Lo spavento è un assalto di paura che genera panico, smarrimento, sconcerto.

Lo spavento irrompe nella vita e quasi impedisce di pensare, di dare alle cose le giuste proporzioni; irrompe e trasforma le parole in grida, urla, lacrime, fa nascere una voglia di fuggire, di correre in qualche direzione, senza sapere dove: sarà un’uscita di sicurezza o sarà una trappola mortale?”

Ed ha cercato di fornire alcune indicazioni per affrontare la cura: “La presenza amica di Gesù chiede di farsi ‘sensibile’ nella premurosa prossimità di chi può rassicurare il bambino spaventato, l’uomo, la donna, assaliti dal panico: la mano tesa del nonno e della nonna, il sorriso incoraggiante di chi ha autorità nella comunità, del prete che presiede la comunità.

E, in un certo senso, tutti sono chiamati ad essere la presenza amica che è capace di offrire rassicurazione al fratello, alla sorella travolti dalla paura… Proprio i nonni hanno la grazia di essere quelli che ‘tengono per mano’ i loro nipoti: è la grazia di una dolcezza che può dare alla vita anche di chi è anziano una pienezza lieta, una esperienza che alimenta la stima di sé e forse può essere anche una pratica di riparazione per inadempienze e peccati che la coscienza rimprovera”.

Un’altra via per curare lo spavento è la certezza della fede: “La fede nel Signore Gesù è fondamento della speranza che fa ardere il cuore del desiderio dell’incontro: i credenti non lasciano alle spalle l’esperienza della rivelazione di Gesù come un buon ricordo, come una motivazione che spinge a fare qualche cosa di buono, come gente destinata ad abitare il tempo quasi fosse un parcheggio senza uscita. I credenti sperano l’incontro!..

I credenti non sperano in un futuro migliore, ma nella comunione compiuta. Il futuro devono costruirlo per la missione che hanno ricevuto, la comunione devono accogliere e attenderla come la grazia che viene dall’alto. I nonni, se sono saggi, si sentono più vicini all’incontro che porta a compimento la vita e ne parlano, per alimentare l’attenzione, il desiderio, la speranza anche di chi censura le ultime cose come fosse di cattivo gusto parlarne e motivo di turbamento pensarci”.

Infine, l’ultima strada per non avere paura è l’occasione di dare testimonianza: “Vivere il tempo come occasione da non perdere, anche quando le circostanze sono avverse e il contesto ostile. La tribolazione non è motivo di spavento, ma occasione per non far mancare a nessuno il Vangelo.

L’arte di cogliere l’occasione: questa è la vigilanza cristiana, la testimonianza che siamo chiamati a dare, quella parola che si aspettano i nostri giovani; la risposta alla provocazione del momento, lo splendore che l’imprevisto rivela, come quando crolla un muro e appare un tesoro sconosciuto”.

Ed al termine, ringraziando i nonni e le nonne per la presenza, mons. Delpini ha chiesto loro un impegno: “Il mio desiderio è confermare un’alleanza con voi nonni, con la vostra responsabilità educativa, per ribadire il vostro ruolo di benedizione nei confronti dei nipoti e della famiglia. Desidero raccomandare la spiritualità del nonno che è diversa, anche se sono la stessa persona, dalla spiritualità ‘della suocera’.

Vi affido un incarico: come dono di Natale, scrivete una lettera personale al nipote che vedete più in crisi, magari, un quindicenne che ha bisogno di una testimonianza vera, evitando i luoghi comuni degli auguri. Sarà il regalo più gradito: i danari li spenderanno, ma la lettera la conserveranno”.

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