Giornata dei poveri: il papa invita ad amarli con i fatti

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Papa Francesco nel messaggio di presentazione della prima Giornata mondiale dei poveri, da lui istituita al termine del Giubileo della Misericordia e che si celebra domenica 19 novembre in tutte le diocesi ha proposto il tema ‘Non amiamo a parole ma con i fatti’. Il titolo riprende un passo della Prima Lettera di Giovanni con il richiamo alla concretezza: ‘Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità’ che riecheggia quanto papa Francesco disse a Firenze ai vescovi e alla Chiesa italiana: ‘Non mettere in pratica, non condurre la Parola alla realtà, significa costruire sulla sabbia, rimanere nella pura idea e degenerare in intimismi che non danno frutto, che rendono sterile il suo dinamismo’.

In questo giorno papa Francesco ospita a pranzo nell’Aula Paolo VI ‘almeno 500 poveri’. Nel messaggio il papa commenta la lettera di san Giovanni, chiedendo ai cristiani di renderla efficace nella quotidianità: “Un tale amore non può rimanere senza risposta. Pur essendo donato in maniera unilaterale, senza richiedere cioè nulla in cambio, esso tuttavia accende talmente il cuore che chiunque si sente portato a ricambiarlo nonostante i propri limiti e peccati.

E questo è possibile se la grazia di Dio, la sua carità misericordiosa viene accolta, per quanto possibile, nel nostro cuore, così da muovere la nostra volontà e anche i nostri affetti all’amore per Dio stesso e per il prossimo. In tal modo la misericordia che sgorga, per così dire, dal cuore della Trinità può arrivare a mettere in movimento la nostra vita e generare compassione e opere di misericordia per i fratelli e le sorelle che si trovano in necessità”.

Inoltre la Chiesa non ha mai sottovalutato il ‘grido dei poveri’: “Da sempre la Chiesa ha compreso l’importanza di un tale grido. Possediamo una grande testimonianza fin dalle prime pagine degli Atti degli Apostoli, là dove Pietro chiede di scegliere sette uomini ‘pieni di Spirito e di sapienza’ perché assumessero il servizio dell’assistenza ai poveri. E’ certamente questo uno dei primi segni con i quali la comunità cristiana si presentò sulla scena del mondo: il servizio ai più poveri.

Tutto ciò le era possibile perché aveva compreso che la vita dei discepoli di Gesù doveva esprimersi in una fraternità e solidarietà tali, da corrispondere all’insegnamento principale del Maestro che aveva proclamato i poveri beati ed eredi del Regno dei cieli”. Certo, il papa ha sottolineato, che in 2000 anni di storia ci sono stati momenti in cui anche la Chiesa ha preferito la ‘mondanità’:

“Ma lo Spirito Santo non ha mancato di richiamarli a tenere fisso lo sguardo sull’essenziale. Ha fatto sorgere, infatti, uomini e donne che in diversi modi hanno offerto la loro vita a servizio dei poveri. Quante pagine di storia, in questi duemila anni, sono state scritte da cristiani che, in tutta semplicità e umiltà, e con la generosa fantasia della carità, hanno servito i loro fratelli più poveri!”

E nel messaggio il papa sottolinea il santo che ha saputo farsi povero: “Tra tutti spicca l’esempio di Francesco d’Assisi, che è stato seguito da numerosi altri uomini e donne santi nel corso dei secoli. Egli non si accontentò di abbracciare e dare l’elemosina ai lebbrosi, ma decise di andare a Gubbio per stare insieme con loro.

Lui stesso vide in questo incontro la svolta della sua conversione: ‘Quando ero nei peccati mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi, e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E allontanandomi da loro, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza di animo e di corpo’ (Test 1-3: FF 110). Questa testimonianza manifesta la forza trasformatrice della carità e lo stile di vita dei cristiani”.

Quindi il povero non è solo colui a cui serve un aiuto del volontariato, ma una persona da amare e da invitare alla nostra mensa: “Non pensiamo ai poveri solo come destinatari di una buona pratica di volontariato da fare una volta alla settimana, o tanto meno di gesti estemporanei di buona volontà per mettere in pace la coscienza.

Queste esperienze, pur valide e utili a sensibilizzare alle necessità di tanti fratelli e alle ingiustizie che spesso ne sono causa, dovrebbero introdurre ad un vero incontro con i poveri e dare luogo ad una condivisione che diventi stile di vita. Infatti, la preghiera, il cammino del discepolato e la conversione trovano nella carità che si fa condivisione la verifica della loro autenticità evangelica.

E da questo modo di vivere derivano gioia e serenità d’animo, perché si tocca con mano la carne di Cristo. Se vogliamo incontrare realmente Cristo, è necessario che ne tocchiamo il corpo in quello piagato dei poveri, come riscontro della comunione sacramentale ricevuta nell’Eucaristia”.

Infatti la povertà è un’azione costitutiva del cristiano: “Non dimentichiamo che per i discepoli di Cristo la povertà è anzitutto una vocazione a seguire Gesù povero. E’ un cammino dietro a Lui e con Lui, un cammino che conduce alla beatitudine del Regno dei cieli. Povertà significa un cuore umile che sa accogliere la propria condizione di creatura limitata e peccatrice per superare la tentazione di onnipotenza, che illude di essere immortali.

La povertà è un atteggiamento del cuore che impedisce di pensare al denaro, alla carriera, al lusso come obiettivo di vita e condizione per la felicità. E’ la povertà, piuttosto, che crea le condizioni per assumere liberamente le responsabilità personali e sociali, nonostante i propri limiti, confidando nella vicinanza di Dio e sostenuti dalla sua grazia. La povertà, così intesa, è il metro che permette di valutare l’uso corretto dei beni materiali, e anche di vivere in modo non egoistico e possessivo i legami e gli affetti”.

Spiegando le cause che inducono alla povertà, papa Francesco sottolinea nel messaggio l’allocuzione di papa Paolo VI nell’apertura della seconda sessione del Concilio Vaticano II: “Tutti questi poveri, come amava dire il Beato Paolo VI, appartengono alla Chiesa per ‘diritto evangelico’ e obbligano all’opzione fondamentale per loro.

Benedette, pertanto, le mani che si aprono ad accogliere i poveri e a soccorrerli: sono mani che portano speranza. Benedette le mani che superano ogni barriera di cultura, di religione e di nazionalità versando olio di consolazione sulle piaghe dell’umanità. Benedette le mani che si aprono senza chiedere nulla in cambio, senza ‘se’, senza ‘però’ e senza ‘forse’: sono mani che fanno scendere sui fratelli la benedizione di Dio”.

Per questo invita a celebrare la giornata anche con la preghiera e con l’azione: “Questa nuova Giornata Mondiale, pertanto, diventi un richiamo forte alla nostra coscienza credente affinché siamo sempre più convinti che condividere con i poveri ci permette di comprendere il Vangelo nella sua verità più profonda. I poveri non sono un problema: sono una risorsa a cui attingere per accogliere e vivere l’essenza del Vangelo”.

E’ un appello a contribuire in modo efficace al cambiamento della storia generando e promuovendo vero sviluppo. Un appello alla necessità di perseguire il bene comune, nella comunione e nella condivisione.

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