Mons. Delpini: la Chiesa è profezia della città santa

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“Alla contemplazione dell’opera di Dio deve ispirarsi il nostro cammino di Chiesa nel tempo” è l’invito di mons. Delpini alla diocesi ambrosiana nella sua prima lettera pastorale ‘Vieni, ti mostrerò la sposa dell’Agnello’, incentrata sulla sinodalità, affinché essa non sia “uno slogan ripetuto per moda e disatteso per scoraggiamento, ma ciò che dà forma a tutta la vita della Chiesa, perché sia profezia della città santa”.

Il titolo rimanda alla ‘Gerusalemme nuova’ dell’Apocalisse, mentre la lettera pastorale ne riporta il testo dal 21,1 al 22,5 offrendolo alla ‘sosta contemplativa’ dei fedeli, magari in ‘tempo di Avvento’, e con l’avvertenza che la contemplazione non rimanga esterna ed estranea ai tempi, ai luoghi, alle sfide della vita ordinaria:

“E’ un rischio denunciato e contrastato da decenni dagli arcivescovi, ed è un rischio che anch’io vorrei denunciare e contrastare, chiedendo a tutti di appassionarsi alla vocazione a essere pietre vive di una Chiesa che sia segno della Gerusalemme nuova”. Nelle prime pagine la lettera traccia un ritratto affascinante di Chiesa a partire dal passo citato dell’Apocalisse: una ‘Gerusalemme nuova’ che non sorge come ‘impresa umana’ o ‘esercizio di potere’ e non è frutto dell’ ‘efficienza organizzativa’, ma della presenza e dell’opera di Dio.

La lettera va al cuore della sfida della sinodalità, con parole lucide anche nel riconoscere fallimenti e fatiche. La sinodalità è ‘opera dello Spirito’ e ‘disciplina dell’agire pastorale’ non di rado contraddette da ‘individualismo, protagonismo, inerzia, rassegnazione, mutismo, confusione’, mentre nelle comunità si è tentati di ‘dividersi in fazioni e di isolarsi in aggregazioni autoreferenziali’.

Iniziando la sua prima lettera pastorale mons. Delpini ha ringraziato i fedeli per l’accoglienza mostrata nei suoi confronti: “Fratelli, sorelle, desidero ancora salutarvi, benedirvi, ringraziarvi per le attenzioni, la cordialità, la preghiera che hanno accompagnato l’inizio del mio ministero in questa santa Chiesa ambrosiana.

Vi raggiungo solo ora con queste indicazioni pastorali per l’anno che già si è avviato. Immagino che l’appassionata diligenza e l’efficienza organizzativa che caratterizzano le nostre comunità abbiano già determinato i temi e i calendari, programmato interventi e iniziative. Mi presento quindi con discrezione e rispetto, ma invito a considerare le indicazioni che offro come un punto di riferimento che può anche richiedere qualche semplificazione dei calendari e qualche concentrazione più evidente sulle priorità indicate”.

Riprendendo le tracce pastorali dei suoi predecessori, dalla missione di mons. Montini nel 1957 fino al card. Scola, mons. Delpini sottolinea la separazione tra la fede e la vita: “Alla contemplazione dell’opera di Dio deve ispirarsi il nostro cammino di Chiesa nel tempo. Il rischio di lasciare la contemplazione circoscritta a un tempo che sta fuori dal tempo del vissuto quotidiano e in un luogo che è separato, come un recinto sacro, dagli ambienti della vita ordinaria continua a insidiare i discepoli di Gesù.

E’ un rischio che anch’io vorrei denunciare e contrastare, chiedendo a tutti di appassionarsi alla vocazione a essere pietre vive di una Chiesa che sia un segno della Gerusalemme nuova”. La contemplazione deve suscitare la sinodalità, che deve innervare la Chiesa ambrosiana: “E’ doveroso declinare un’attenzione che deve dare forma a tutta la vita della Chiesa, perché sia profezia della città santa. La sinodalità infatti è opera dello Spirito che dei molti fa una cosa sola…

Quale docilità allo Spirito, quali attitudini virtuose, quali esercizi ascetici rendono praticabile l’esercizio della sinodalità a uomini e donne tentati da individualismo, protagonismo, inerzia, rassegnazione, mutismo, confusione? Insomma si deve raccogliere un richiamo alla conversione”.

Tale conversione diventa azione pastorale nella sinodalità: “La sinodalità è una disciplina dell’agire pastorale. Ci si deve domandare: quale metodo, quali procedure, quali forme istituzionali rendono praticabile l’esercizio di un discernimento e di un agire sinodale a comunità tentate di delegare, di sottrarsi a responsabilità, di preferire il lamento all’impegno, di essere impazienti e insofferenti, di dividersi in fazioni e di isolarsi in aggregazioni autoreferenziali? Insomma, si devono intraprendere percorsi di formazione, per tutti: clero, consacrati e laici”.

Nella sinodalità un ruolo importante per il vescovo è quello rivestito dai laici, che rischiano di essere ‘soffocati’ dal ‘clericarismo’: “Forse i laici hanno preferito la delega e la lamentela all’assunzione di responsabilità e a percorsi adeguati di formazione? Forse i preti hanno esercitato il loro magistero in modo personalistico e autoritario temendo la corresponsabilità dei laici? Forse la complessità delle procedure si è rivelata così faticosa da scoraggiarne la pratica? Mi riferisco in particolare ai Consigli pastorali, specie ai Consigli pastorali decanali”. In questo il vescovo chiede consiglio per un nuovo ‘stile di vita’ per rendere più efficace l’annuncio della Parola di Dio.

Inoltre nella lettera pastorale una particolare attenzione è rivolta alla pastorale giovanile, in vista del prossimo Sinodo dei vescovi, con la proposta di ‘scuola di preghiera e percorso vocazionale’: “La scelta dei diversi stati di vita deve essere accompagnata con sapienza e autorevolezza dagli adulti della comunità, così da favorire le decisioni definitive per la vita matrimoniale o le forme di speciale consacrazione. La comunità degli adulti infatti deve pensarsi come comunità educante”.

Un altro punto focale della Lettera riguarda l’uso degli strumenti delle comunicazioni sociali: “Nella complessità del nostro tempo coloro che condividono la mentalità e i sentimenti di Cristo hanno la responsabilità di testimoniare come la fede diventi cultura, proponga una vita buona, desiderabile per tutti, promettente per il futuro del Paese e dell’Europa.

Nella conversazione quotidiana, nell’uso saggio degli strumenti di comunicazione della comunità (stampa parrocchiale, Avvenire con Milano Sette, Il Segno, Radio Marconi, chiesadimilano.it, ChiesaTV, centri culturali, sale della comunità, social, ecc.) i discepoli del Signore condividono, argomentano, approfondiscono quella visione dell’uomo e della donna, del mondo e della vita che si ispira al Vangelo, che si lascia istruire dal magistero della Chiesa e dalla ricerca personale”.

Un ulteriore tema centrale della Lettera riguarda il rapporto tra i cristiani e la città dell’uomo, invitando i credenti al ‘pensare politicamente’: “I cristiani non possono sottrarsi al compito di praticare abitualmente il discernimento in una metropoli che deve raccogliere la sfida di declinare in modo nuovo il tesoro della tradizione ambrosiana…

Gli ambiti di questa declinazione sono quelli della generazione (famiglia, figli, nonni), della solidarietà (logica di inclusione, a partire dalle tante periferie che le nostre società generano), dell’ecologia integrale (legando dentro il concetto della cura ambiente e uomo, mondo e società, produzione e risposta ai bisogni), del dialogo (come incontro e reciproca contaminazione, secondo la logica del meticciato, tra culture, religioni), del primato della trascendenza (per non perdere la radice mistica che ogni religione richiama, senza la quale non c’è fondamento al legame sociale, al vivere insieme, come ricorda l’esortazione apostolica di papa Francesco Evangelii gaudium), della sinergia tra i vari soggetti, secondo la logica della pluriformità nell’unità, che in questo caso è anche la logica della sussidiarietà”.

Infine mons. Delpini richiama le tre priorità per il nuovo anno pastorale, identificate anche alla luce della ‘visita pastorale feriale’ voluta e aperta dal card. Angelo Scola. La prima consiste nella ‘cura per la celebrazione della Messa domenicale’ e la preghiera feriale, consapevoli che ‘la comunità dei discepoli del Signore vive del rapporto con il Signore’.

La seconda consiste nel riconoscimento della vita come grazia, vocazione, missione, che deve impegnare la ‘comunità educante’ anzitutto verso i giovani e con uno sguardo al prossimo Sinodo dei vescovi. La terza priorità riguarda ‘la responsabilità di testimoniare come la fede diventi cultura, proponga una vita buona, desiderabile per tutti, promettente per il futuro del Paese e dell’Europa’, e di declinare ‘in modo nuovo il tesoro della tradizione ambrosiana’.

Perciò mons. Delpini invita i cristiani al discernimento come prassi abituale, in particolare negli ambiti della generazione, della solidarietà, dell’ecologia integrale, del dialogo, del primato della trascendenza, della sinergia fra i soggetti sociali nella logica della sussidiarietà.

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