Papa Giovanni XXIII patrono dell’esercito con alcuni dissensi

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Papa san Giovanni XXIII, martedì 12 settembre, è diventato patrono dell’esercito italiano con bolla pontificia relativa al decreto della Congregazione per il culto divino. Tale scelta non ha mancato di suscitare alcune perplessità da parte di alcune associazioni cattoliche, mentre il presidente della Cei, card. Gualtiero Bassetti, ha detto di non essere ancora ben informato:

“E’ una questione in cui non voglio entrare perché purtroppo ne sono stato informato questa mattina e vedo che ci sono state polemiche ma voglio informarmi molto bene dalla Segreteria di Stato, dalla Congregazione per il culto divino; quindi non lascio dichiarazioni su questo punto”.

Secondo don Ezio Bolis, direttore della Fondazione Papa Giovanni XXIII, in un articolo pubblicato sull’Osservatore Romano, la decisione è stata motivata per “il suo zelo, come cappellano militare, nel promuovere le virtù cristiane tra i soldati, il luminoso esempio di tutta la sua vita e il suo costante impegno in favore della pace.

In qualità di cappellano avvicina giovani di provenienza ed estrazione sociale diverse; molti di loro sono lontani dalla pratica religiosa. Egli sa trasformare l’incontro personale e quotidiano con loro in occasione di evangelizzazione”.

Nell’articolo don Bolis ha tratteggiato le doti del ‘papa buono’: “Altrettanto limpido è il suo stile tra i suoi soldati: non pretende privilegi, non rincorre sogni di gloria né facili guadagni. Il suo servizio è disinteressato, motivato soltanto dalla carità pastorale… Egli detesta la guerra, di cui conosce personalmente la crudezza, riflessa sui volti e nei corpi martoriati dei soldati che giungono agli ospedali militari dove egli presta la sua opera senza darsi un attimo di tregua. Prega e spera che giunga la fine di quella sciagura, frutto dell’egoismo umano”.

Ed ha spiegato il significato della decisione: “Proclamare san Giovanni XXIII patrono dell’esercito italiano significa ribadire il compito precipuo di questa istituzione in uno stato democratico: difendere il bene prezioso della pace imponendo la forza della legge”. Il direttore della Fondazione Papa Giovanni XXIII ha concluso l’articolo riprendendo un’udienza del 1959 ai cappellani militari: “Nell’udienza dell’11 giugno 1959, concessa all’Associazione nazionale dei cappellani militari in congedo, ricordando la propria esperienza, papa Roncalli dichiara che i cappellani militari sono ‘gli uomini della pace, che con la loro sola presenza portano serenità negli animi’.

Non si tratta di benedire armi, né di fomentare sentimenti bellicosi, al contrario. Con la sua presenza, il cappellano è chiamato a raccogliere i gemiti di chi soffre, a promuovere una forte volontà di pace, a far crescere persone che, animate da fede solida e carità sincera, combattano ogni forma di prepotenza e di ingiustizia”.

Però non sono mancate le voci critiche verso tale decisione, come quella del presidente italiano di Pax Christi, mons. Giovanni Ricchiuti: “Come Presidente della sezione italiana di Pax Christi, Movimento Cattolico Internazionale per la Pace, mi sembra irrispettoso coinvolgere come Patrono delle Forze Armate colui che, da papa, denunciò ogni guerra con l’Enciclica ‘Pacem in terris’ e diede avvio al Concilio Vaticano II che, nella Costituzione ‘Gaudium et spes’, condanna ogni guerra totale, come di fatto sono tutte le guerre di oggi”.

Tale decisione oggi è ancora più assurda in quanto l’esercito è formato da ‘professionisti’: “Ritengo assurdo il coinvolgimento di Giovanni XXIII, anche perché l’Esercito di oggi, ormato da militari professionisti e non più di leva, è molto diverso da quello della prima Guerra mondiale che, non lo possiamo dimenticare, fu definita da Benedetto XV ‘inutile strage’.

E’ molto cambiato anche il modello di Difesa, con costi altissimi (23 miliardi di euro per il 2017) e teso a difendere gli interessi vitali ovunque minacciati o compromessi. Pensare a Giovanni XXIII come Patrono dell’Esercito lo ritengo anticonciliare anche alla luce della forte ed inequivocabile affermazione contenuta nell’enciclica ‘Pacem in Terris’: ‘con i mezzi di distruzione oggi in uso e con le possibilità di incontro e di dialogo, ritenere che la guerra possa portare alla giustizia e alla pace è fuori dalla ragione – alienum a ratione’… Papa Giovanni XXIII è nel cuore di tutte le persone come il Papa Buono, il papa della Pace, e non degli eserciti”.

Anche per Giovanni Paolo Ramonda, presidente della Comunità ‘Papa Giovanni XXIII’, la scelta è una forzatura: “La Comunità Papa Giovanni XXIII, fondata da don Oreste Benzi, è sorta sul sogno di migliaia di giovani di donare la propria vita in una forma nonviolenta a servizio del Paese, nel bene comune e soprattutto nella condivisione con i più poveri, scegliendo la possibilità del servizio civile e dell’obiezione di coscienza all’uso delle armi”. G

iovanni Paolo Ramonda ha affermato che il ‘papa buono’ ha ispirato don Benzi: “Tra le nostre fonti di ispirazione c’è proprio il magistero di pace di papa Giovanni XXIII e il suo modo di operare sempre teso a favorire l’incontro e non il conflitto… Ci sembra decisamente una forzatura farlo diventare patrono di un esercito.

Ci sembrerebbe più opportuno che il Papa Buono potesse essere patrono degli operatori di pace, a partire dai tanti giovani che svolgono con noi il servizio civile nelle zone di conflitto, per ‘sanare le ferite e costruire ponti’, come ha recentemente invitato a fare papa Francesco. Preghiamo che il Signore illumini i cuori per una scelta che tenga conto del sentire dell’intero popolo di Dio”.

E nell’enciclica ‘Pacem in terris’ papa Giovanni XXIII chiedeva la messa al bando di tutte le armi: “Gli armamenti, come è noto, si sogliono giustificare adducendo il motivo che se una pace oggi è possibile, non può essere che la pace fondata sull’equilibrio delle forze. Quindi se una comunità politica si arma, le altre comunità politiche devono tenere il passo ed armarsi esse pure.

E se una comunità politica produce armi atomiche, le altre devono pure produrre armi atomiche di potenza distruttiva pari. In conseguenza gli esseri umani vivono sotto l’incubo di un uragano che potrebbe scatenarsi ad ogni istante con una travolgenza inimmaginabile. Giacché le armi ci sono; e se è difficile persuadersi che vi siano persone capaci di assumersi la responsabilità delle distruzioni e dei dolori che una guerra causerebbe, non è escluso che un fatto imprevedibile ed incontrollabile possa far scoccare la scintilla che metta in moto l’apparato bellico.

Inoltre va pure tenuto presente che se anche una guerra a fondo, grazie all’efficacia deterrente delle stesse armi, non avrà luogo, è giustificato il timore che il fatto della sola continuazione degli esperimenti nucleari a scopi bellici possa avere conseguenze fatali per la vita sulla terra. Per cui giustizia, saggezza ed umanità domandano che venga arrestata la corsa agli armamenti, si riducano simultaneamente e reciprocamente gli armamenti già esistenti; si mettano al bando le armi nucleari; e si pervenga finalmente al disarmo integrato da controlli efficaci”.

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