Papa Francesco: la riconciliazione è futuro

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“La riconciliazione si consolida con il contributo di tutti, permette di costruire il futuro e fa crescere la speranza”: con questo tweet papa Francesco ha invitato i colombiani alla pace, concludendo la giornata con un ‘grande’ incontro di preghiera per la riconciliazione nazionale davanti ad una folla desiderosa di mettere alle spalle, senza dimenticare, un tratto di storia pieno di violenza.

Prima della veglia, al termine della messa, papa Francesco ha espresso la sua vicinanza spirituale ai messicani colpiti dal terremoto in diversi regioni del Messico così come alle popolazioni sotto gli effetti dell’uragano Irma negli Stati Uniti e i Caraibi: “In questo momento, desidero manifestare la mia vicinanza spirituale a tutti coloro che soffrono le conseguenze del terremoto che ha colpito il Messico la scorsa notte, provocando morti e ingenti danni materiali. Assicuro la mia preghiera per coloro che hanno perso la vita e per le loro famiglie.

Inoltre, seguo da vicino lo sviluppo dell’uragano Irma che sta colpendo la zona dei Caraibi lasciando dietro di sé numerose vittime e ingenti danni materiali, come pure causando migliaia di sfollati. Li porto nel mio cuore e prego per loro. A voi chiedo di unirvi a queste intenzioni; e, per favore, non dimenticatevi di pregare per me”.

Davanti a molta gente papa Francesco si è detto felice, perché desiderava molto questo incontro: “Voi portate nel vostro cuore e nella vostra carne le impronte della storia viva e recente del vostro popolo, segnata da eventi tragici ma anche piena di gesti eroici, di grande umanità e di alto valore spirituale di fede e di speranza.

Vengo qui con rispetto e con la chiara consapevolezza di trovarmi, come Mosè, su una terra sacra. Una terra irrigata con il sangue di migliaia di vittime innocenti e col dolore lacerante dei loro familiari e conoscenti. Ferite che stentano a cicatrizzarsi e che ci addolorano tutti, perché ogni violenza commessa contro un essere umano è una ferita nella carne dell’umanità; ogni morte violenta ci ‘diminuisce’ come persone”.

Al centro della celebrazione è stato posto ‘Cristo mutilato’ di Boyayà, segno eloquente della guerra civile, proveniente dalla parrocchia ‘San Paolo Apostolo’ di Bellavista. Il ‘Cristo mutilato’ è quello che resta di una statua che era presente nella chiesa di Bojayá, villaggio dello stato pacifico del Chocó, come ha spiegato all’Agenzia Sir il direttore del segretariato Caritas-Pastorale sociale della Chiesa colombiana, mons. Héctor Fabio Henao Gavi:

“Qui 15 anni fa, nel 2002 scoppiò una bomba lanciata dalle Farc. La chiesa era piena, morirono in tutto 72 persone, i superstiti fuggirono nella foresta. E’ un massacro rimasto nella storia della Colombia, uno dei punti più feroci cui giunse il contrasto tra guerriglia, paramilitari ed esercito”. Durante la celebrazione il papa ha pregato anche affinché l’umanità si possa riconciliare con il creato e si rispettino i diritti dei popoli autoctoni indigeni, spiegando il significato della sua presenza, quella di essere accanto al popolo:

“Io sono qui non tanto per parlare ma per stare vicino a voi e guardarvi negli occhi, per ascoltarvi e aprire il mio cuore alla vostra testimonianza di vita e di fede. E, se me lo permettete, vorrei anche abbracciarvi e piangere con voi, vorrei che pregassimo insieme e che ci perdoniamo, anch’io devo chiedere perdono, e che così, tutti insieme, possiamo guardare e andare avanti con fede e speranza”.

Il papa ha ascoltato in silenzio quattro testimonianze di chi ha subito le violenze e di chi le ha perpetrate, in special modo da parte di ex soldati delle Farc e da reparti paramilitare, l’uno accanto all’altro, vittima e carnefice, cercando di ‘perdonare l’imperdonabile’. Testimonianze che fa rivivere un passato che la Bolivia cerca di superare attraverso scuole di educazione di pace attraverso lo sport e l’educazione. Dopo ogni testimonianza è stata accesa una candela ed eseguito un canto di pace.

Nel salutare il papa l’arcivescovo di Villavicencio, mons. Oscar Urbina Ortega, ha detto: “Ora comprendiamo che non esiste una vera conversione del cuore che non produce risonanza sociale e politica. Ecco perché la riconciliazione è offerta a tutti. Questo pomeriggio vogliamo, in un semplice gesto, scoprire che la riconciliazione tra i colombiani è un processo, non solo un obiettivo o uno stato perfetto, perché non possiamo mai dire che l’abbiamo raggiunto e meno che non possiamo raggiungere. E’ il senso itinerante della riconciliazione.

Il desiderio del popolo colombiano di superare le sofferenze causate da forme diverse di violenza come il sequestro, l’estorsione, lo spostamento, la scomparsa forzata, l’assunzione forzata, le minacce alla vita e agli assassini hanno distrutto i progetti di vita di migliaia di famiglie e comunità. Ripensare la vita di tante vittime richiederà tempo.

La ricerca e lo sforzo permanente di ascoltarci, di perdonarci e di riprovare a capirci, saranno le basi per generare una cultura della fraternità. Il Signore ci permetta di ricevere dal cuore del pastore un seme fruttuoso affinché l’albero del perdono, della giustizia, della riconciliazione e della pace possa fiorirsi in questa terra”.

Quindi la riconciliazione è un processo che richiede tempo ed impegno, come ha sottolineato il papa: “Ci siamo riuniti ai piedi del Crocifisso di Bojayá, che il 2 maggio 2002 assistette e patì il massacro di decine di persone rifugiate nella sua chiesa. Questa immagine ha un forte valore simbolico e spirituale. Guardandola contempliamo non solo ciò che accadde quel giorno, ma anche tanto dolore, tanta morte, tante vite spezzate e tanto sangue versato nella Colombia degli ultimi decenni. Vedere Cristo così, mutilato e ferito, ci interpella.

Non ha più braccia e il suo corpo non c’è più, ma conserva il suo volto e con esso ci guarda e ci ama. Cristo spezzato e amputato, per noi è ancora ‘più Cristo’, perché ci mostra ancora una volta che è venuto a soffrire per il suo popolo e con il suo popolo; e anche ad insegnarci che l’odio non ha l’ultima parola, che l’amore è più forte della morte e della violenza. Ci insegna a trasformare il dolore in fonte di vita e risurrezione, affinché insieme a Lui e con Lui impariamo la forza del perdono, la grandezza dell’amore”.

Il papa, chiedendo espressamente un gesto di pace, ha ringraziato chi ha testimoniato queste storie di ‘sofferenza e di amarezza’, richiamando il salmo 85, ‘Amore e verità s’incontreranno, giustizia e pace si baceranno’: “Grazie, Signore, per la testimonianza di coloro che hanno inflitto dolore e chiedono perdono; di quanti hanno sofferto ingiustamente e perdonano. Questo è possibile con il tuo aiuto e la tua presenza… ed è già un segno enorme che tu vuoi ricostruire la pace e la concordia in questa terra colombiana”.

Ed ha chiesto di spezzare la catena dell’odio: “Dobbiamo spezzare questa catena che appare ineluttabile, e ciò è possibile soltanto con il perdono e la riconciliazione”. Il papa ha ringraziato chi ha testimonianza la possibilità di un cambio della propria vita: “C’è speranza anche per chi ha fatto il male; non tutto è perduto. E’ certo che in questa rigenerazione morale e spirituale dei carnefici la giustizia deve compiersi…

Risulta difficile accettare il cambiamento di quanti si sono appellati alla violenza crudele per promuovee i loro fini, per proteggere traffici illeciti e arricchirsi o per credere, illusoriamente, di stare difendendo la vita dei propri fratelli. Sicuramente è una sfida per ciascuno di noi avere fiducia che possano fare un passo avanti coloro che hanno procurato sofferenza a intere comunità e a tutto un paese. E’ chiaro che in questo grande campo che è la Colombia c’è ancora spazio per la zizzania… Fate attenzione ai frutti: abbiate cura del grano e non perdete la pace a causa della zizzania”.

Però una vera riconciliazione esige la verità: “E’ una sfida grande ma necessaria. La verità è una compagna inseparabile della giustizia e della misericordia. Unite, sono essenziali per costruire la pace e, d’altra parte, ciascuna di esse impedisce che le altre siano alterate e si trasformino in strumenti di vendetta contro chi è più debole. La verità non deve, di fatto, condurre alla vendetta, ma piuttosto alla riconciliazione e al perdono”.

Ma come si fa a raccontare la verità? Il papa lo ha spiegato: “Verità è raccontare alle famiglie distrutte dal dolore quello che è successo ai loro parenti scomparsi. Verità è confessare che cosa è successo ai minori reclutati dagli operatori di violenza. Verità è riconoscere il dolore delle donne vittime di violenza e di abusi. Vorrei, infine, come fratello e come padre, dire: Colombia, apri il tuo cuore di popolo di Dio e lasciati riconciliare. Non temere la verità né la giustizia. Cari colombiani: non abbiate timore di chiedere e di offrire il perdono. Non fate resistenza alla riconciliazione che vi fa avvicinare, ritrovare come fratelli e superare le inimicizie.

E’ ora di sanare ferite, di gettare ponti, di limare differenze. E’ l’ora di spegnere gli odi, rinunciare alle vendette e aprirsi alla convivenza basata sulla giustizia, sulla verità e sulla creazione di un’autentica cultura dell’incontro fraterno”. Infine ha posto le intenzioni della popolazione davanti all’immagine di Cristo di Bojarà con una preghiera:

“O Cristo nero di Bojará, che ci ricordi la tua passione e morte; insieme con le tue braccia e i tuoi piedi ti hanno strappato i tuoi figli che cercarono rifugio in te. O Cristo nero di Bojará, che ci guardi con tenerezza e con volto sereno; palpita anche il tuo cuore per accoglierci nel tuo amore. O Cristo nero di Bojará, fa’ che ci impegniamo a restaurare il tuo corpo.

Che siamo tuoi piedi per andare incontro al fratello bisognoso; tue braccia per abbracciare chi ha perso la propria dignità; tue mani per benedire e consolare chi piange nella solitudine. Fa’ che siamo testimoni del tuo amore e della tua infinita misericordia”. L’incontro si è concluso con la preghiera di san Francesco recitata comunitariamente.

Il papa ha affidato il popolo alla protezione della Madonna ed il popolo ha ricambiato il proprio amore: “Santo Padre, la Colombia ti ama”, mentre un gruppo di bambini regalava una pianta della pace. Terminata la celebrazione il papa si è soffermato in preghiera presso la Croce della Riconciliazione.

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