Papa Francesco ha invitato i colombiani a gettare le reti

Condividi su...

Nel primo giorno della visita colombiana papa Francesco in un tweet ha chiesto passione e riconciliazione: “Vi incoraggio a confidare nel Signore, l’unico che ci sostiene e ci incoraggia per contribuire alla riconciliazione e alla pace”, come ha scritto nel Libro d’oro, dopo la preghiera all’immagine di Nostra Signora di Chiquinquirá: “Da questa Cattedrale chiedo all’Immacolata Vergine Maria di non smettere di guidare e di prendersi cura dei propri figli colombiani e di guardare sempre con i loro occhi misericordiosi”.

Ed incontrando i membri del direttivo CELAM (Consiglio Episcopale Latinoamericano che raggruppa i Vescovi delle 22 Conferenze Episcopali dell’America Latina e dei Caraibi) papa Francesco ha sottolineato che la Chiesa non è un’organizzazione aziendale o non governativa: “Non si può, pertanto, ridurre il Vangelo a un programma al servizio di uno gnosticismo di moda, a un progetto di ascesa sociale o a una visione della Chiesa come burocrazia che si autopromuove, né tantomeno questa si può ridurre a un’organizzazione diretta, con moderni criteri aziendali, da una casta clericale”.

Il papa ha incentrato il discorso sulla ‘cattolicità latinoamericana’ richiamando l’eredità pastorale di Aparecida: “E l’occasione mi è propizia per incoraggiare i recenti sforzi per poter esprimere tale sollecitudine collegiale mediante il ‘Fondo di Solidarietà della Chiesa Latinoamericana’. Quattro anni fa, a Rio de Janeiro, ho avuto l’opportunità di parlarvi dell’eredità pastorale di Aparecida, ultimo evento sinodale della Chiesa Latinoamericana e dei Caraibi.

In quella circostanza sottolineavo la permanente necessità di imparare dal suo metodo, basato essenzialmente sulla partecipazione delle Chiese locali e in sintonia con i pellegrini che camminano in cerca del volto umile di Dio che volle manifestarsi nella ‘Vergine pescata nelle acque’ e che si prolunga nella missione continentale, la quale vuol essere non la somma di iniziative programmatiche che riempiono le agende e disperdono anche energie preziose, bensì lo sforzo per porre la missione di Gesù nel cuore della Chiesa stessa, trasformandola in criterio per misurare l’efficacia delle strutture, i risultati del lavoro, la fecondità dei ministri e la gioia che essi sono capaci di suscitare. Perché senza gioia non si attira nessuno”.

Richiamando la Costituzione dogmatica ‘Lumen Gentium’ papa Francesco ha ribadito che c’è n gioco la salvezza di Cristo: “Questa deve arrivare al cuore dell’uomo con la forza di interpellare la sua libertà, invitandolo a un esodo permanente dalla propria autoreferenzialità verso la comunione con Dio e con i fratelli. Dio, quando parla all’uomo in Gesù, non lo fa con un generico richiamo come a un estraneo, né con una convocazione impersonale alla maniera di un notaio, né con una dichiarazione di precetti da eseguire come fa qualsiasi funzionario del sacro. Dio parla con la voce inconfondibile del Padre che si rivolge al figlio, e rispetta il suo mistero perché lo ha formato con le sue stesse mani e lo ha destinato alla pienezza”.

Quindi la sfida della Chiesa è parlare all’uomo: “La Chiesa è la comunità dei discepoli di Gesù; la Chiesa è Mistero e Popolo, o meglio ancora: in essa si realizza il Mistero attraverso il Popolo di Dio. Perciò ho insistito sul discepolato missionario come una chiamata divina per questo oggi complesso e carico di tensioni, un ‘permanente uscire’ con Gesù per conoscere come e dove vive il Maestro”.

Ed ha invitato a non dimenticare Aparecida e Medellin: “Aparecida è un tesoro la cui scoperta è ancora incompleta. Sono sicuro che ognuno di voi scopre quanto si è radicata la sua ricchezza nelle Chiese che portate nel cuore. Come i primi discepoli mandati da Gesù nel suo progetto missionario, anche noi possiamo raccontare con entusiasmo ‘tutto quanto abbiamo fatto’. Tuttavia, è necessario stare attenti. Le realtà indispensabili della vita umana e della Chiesa non sono mai un monumento ma un patrimonio vivo.

Risulta molto più comodo trasformarle in ricordi di cui si celebrano gli anniversari – 50 anni di Medellín!, 20 di Ecclesia in America!, 10 di Aparecida! Invece è un’altra cosa: custodire e fare scorrere la ricchezza di tale patrimonio (patermunus) costituiscono il munus della nostra paternità episcopale verso la Chiesa del nostro Continente”.

Poi ha chiesto ai vescovi di non tradire la speranza dei giovani: “Vi prego di vigilare sulla concretizzazione della speranza, e permettetemi di ricordarvi alcuni dei suoi volti già visibili in questa Chiesa latinoamericana. La speranza in America Latina ha un volto giovane Si parla spesso dei giovani, si declamano statistiche sul continente del futuro; alcuni riportano notizie sulla loro presunta decadenza e su quanto siano assopiti, altri approfittano del loro potenziale come consumatori, non pochi propongono loro il ruolo di manovalanza dello spaccio e della violenza.

Non lasciatevi catturare da simili caricature sui giovani. Guardateli negli occhi e cercate in loro il coraggio della speranza. Non è vero che sono pronti a ripetere il passato. Aprite loro spazi concreti nelle Chiese particolari a voi affidate, investite tempo e risorse nella loro formazione. Proponete programmi educativi incisivi e obiettivi da realizzare, chiedendo loro, come i genitori chiedono ai figli, di mettere in atto le loro potenzialità ed educando il loro cuore alla gioia della profondità, non della superficialità”.

Poi ha spiegato la scelta della prossima giornata mondiale della gioventù a Panama: “Ho pensato proprio a Panama, l’istmo di questo continente, per la giornata Mondiale della Gioventù 2019, che sarà celebrata seguendo l’esempio della Vergine che proclama: ‘Ecco la serva’ e ‘avvenga per me’ (Lc 1,38).

Sono sicuro che in ogni giovane si nasconde un ‘istmo’, nel cuore di tutti i nostri ragazzi c’è un pezzo di terreno stretto e allungato che si può percorrere per condurli verso un futuro che solo Dio conosce e a Lui appartiene. Tocca a noi presentare loro grandi proposte per suscitare in essi il coraggio di rischiare insieme c Dio e di rendersi, come la Vergine, disponibili”.

Ed infine il papa non ha dimenticato il ‘volto femminile’ della Chiesa: “La speranza in America Latina ha un volto femminile. Non è necessario che mi dilunghi per parlare del ruolo della donna nel nostro continente e nella nostra Chiesa. Dalle sue labbra abbiamo imparato la fede; quasi con il latte del suo seno abbiamo acquisito i tratti della nostra anima meticcia e l’immunità di fronte ad ogni disperazione.

Penso alle madri indigene o ‘morenas’, penso alle donne delle città con il loro triplo turno di lavoro, penso alle nonne catechiste, penso alle consacrate e alle così discrete ‘artigiane’ del bene. Senza le donne la Chiesa del continente perderebbe la forza di rinascere continuamente. Sono le donne che, con meticolosa pazienza, accendono e riaccendono la fiamma della fede”.

Ha concluso l’incontro invitando i vescovi ad avere passione: “Se vogliamo servire, come CELAM, la nostra America Latina, dobbiamo farlo con passione. Oggi c’è bisogno di passione. Mettere il cuore in tutto quello che facciamo. Passione del giovane innamorato e dell’anziano saggio, passione che trasforma le idee in utopie praticabili, passione nel lavoro delle nostre mani, passione che ci trasforma in incessanti pellegrini nelle nostre Chiese come, permettetemi di ricordarlo, san Toribio di Mogrovejo, che non si installò nella sua sede: di 24 anni di episcopato, 18 li passò nei paesi della sua diocesi. Fratelli, per favore, vi chiedo passione, passione evangelizzatrice”.

Dopo l’incontro con i vescovi papa Francesco è salito sulla ‘papamobile’ non blindata e tra il sole e un po’ di pioggia ha percorso le strade, attorniato da un’immensa folla festante, fino a giungere nel parco ‘Simon Bolivar’ (dove aveva celebrato anche papa san Giovanni Paolo II) per celebrare la prima messa in territorio boliviano, invitando i fedeli ad essere ‘costruttori della pace, promotori della vita’.

Nell’omelia ha invitato i fedeli ad andare nel mare aperto come ha fatto Gesù: “Secondo un’antica interpretazione cristiana, il mare rappresenta anche l’immensità dove convivono tutti i popoli. Infine, a causa della sua agitazione e oscurità, esso evoca tutto quello che minaccia l’esistenza umana e che ha il potere di distruggerla”. Poi con parole di un innamorato si è rivolto al popolo colombiano, invitandolo alla riconciliazione:

“Noi possiamo invischiarci in discussioni interminabili, fare la conta dei tentativi falliti ed elencare gli sforzi finiti nel nulla; come Pietro, sappiamo cosa significa l’esperienza di lavorare senza nessun risultato. Anche questa Nazione conosce questa realtà, quando per un periodo di sei anni, al suo inizio, ebbe 16 presidenti e pagò caro le sue divisioni; anche la Chiesa in Colombia ha fatto esperienza di impegni pastorali vani e infruttuosi…, però come Pietro, siamo anche capaci di confidare nel Maestro, la cui Parola suscita fecondità persino là dove l’inospitalità delle tenebre umane rende infruttuosi tanti sforzi e fatiche”.

Concludendo l’omelia papa Francesco ha invitato i colombiani a ‘fare rete’: “C’è bisogno di chiamarci gli uni gli altri, di mandarci dei segni, come i pescatori, di tornare a considerarci fratelli, compagni di strada, soci di questa impresa comune che è la patria. Bogotá e la Colombia sono, nel medesimo tempo, riva, lago, mare aperto, città attraverso la quale Gesù è passato e passa, per offrire la sua presenza e la sua parola feconda, per farci uscire dalle tenebre e portarci alla luce e alla vita.

Chiamare gli altri, tutti, perchè nessuno rimanga in balìa delle tempeste; far entrare nella barca tutte le famiglie, santuario di vita; fare spazio al bene comune al di sopra degli interessi meschini o particolari, farsi carico dei più fragili promuovendo i loro diritti”.

Free Webcam Girls
151.11.48.50