Ad un anno da terremoto l’impegno della Caritas nel ricostruire comunità

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Un anno fa, a partire dalla notte del 24 agosto, una scia di eventi sismici che ha seminato morte e distruzione in intere aree dell’Appennino e dell’Italia centrale. Centri storici fantasma, la ricostruzione che non decolla, detriti e paure ancora da rimuovere: eppure le popolazioni locali sono tenaci.

La realtà ecclesiale (Conferenza episcopale italiana e i suoi organismi, tra cui Caritas Italiana) in questo anno ha cercato di sviluppare scelte che guardano al futuro, delineando modi certi per contribuire alla ricostruzione delle comunità, fondata sull’identità di queste popolazioni, che vanno rese protagoniste delle scelte. Grazie alla colletta nazionale del 18 settembre 2016 e a numerosissime altre donazioni, sono finora pervenuti a Caritas Italiana oltre € 26.000.000, incluso € 1.000.000 messo subito a disposizione dalla CEI. Secondo una consolidata esperienza, sono stati promossi gemellaggi tra località terremotate e delegazioni regionali Caritas.

Contemporaneamente, Caritas Italiana si è attivata nella costruzione di luoghi polifunzionali, pensati per rendere possibili le attività religiose, culturali e aggregative delle comunità. In un anno, sono state realizzate o progettate in tutte le diocesi terremotate diverse tipologie di centri di comunità: container assemblati, prefabbricati metallici, strutture con fondamenta, in muratura, acciaio o legno.

Nella sola diocesi di Rieti, sono stati consegnati moduli abitativi a 45 famiglie di cui 12 allevatori. Ma gli interventi per gli allevatori e le piccole attività economiche vanno oltre le strutture: dopo i monitoraggi, tramite un ascolto itinerante, si stanno delineando interventi di supporto anche finanziario (prestiti, microcrediti) a progetti imprenditoriali condivisi perché costruiti insieme. Grande rilievo hanno anche gli interventi educativi e animativi, a cominciare dai campi di solidarietà, con particolare attenzione alla condizione di ragazzi e anziani, avviati un po’ ovunque nei territori terremotati.

Tutti gli interventi poggiano sul monitoraggio dei bisogni condotto da ogni diocesi, mentre è in ultimazione da parte di un’équipe universitaria l’analisi strutturale dei territori colpiti, per averne una conoscenza più completa, in modo da avviare processi mirati di ricostruzione socio-economica. Tra aiuti d’urgenza, costruzioni, progettazione sociale e sostegno alle delegazioni gemellate sono stati erogati già oltre € 6.000.000 e quasi € 13.000.000 sono stati impegnati per ulteriori costruzioni e attività di progettazione sociale.

Nel dossier la salesiana suor Alessandra Smerilli, docente alla Lumsa, affronta il terremoto dal punto di vista di una nuova ‘economia’ del territorio: “Un terremoto è un evento catastrofico: c’è un prima e c’è un dopo, l’evento è accompagnato da dolore, lutti, desolazione, paura. Lo scorso anno, di questi tempi, l’intero paese era attonito e si sentiva impotente di fronte a quanto accadeva nel centro Italia.

Con uno sguardo più distaccato, di un sociologo o di un economista, si può dire anche che un terremoto può essere un’occasione per far ripartire un territorio, per creare premesse di un nuovo sviluppo. E’ un evento che può far definitivamente morire ciò che già languiva, ma può anche aprire piste inedite per dare ossigeno alle comunità.

Con l’obiettivo di mettere a fuoco l’impatto che gli eventi sismici che hanno avuto inizio il 24 agosto 2016 hanno avuto e stanno avendo sui territori coinvolti, Caritas Italiana ha chiesto alla Scuola di economia civile e ad alcuni dottorandi della Lumsa di Roma di condurre un’analisi strutturale sulle sette province maggiormente colpite (Rieti, Perugia, Ascoli Piceno, Fermo, Macerata, L’Aquila e Teramo).

L’analisi si colloca in un contesto più ampio di lettura del territorio, momento fondamentale per l’agire delle Caritas. Infatti gli interventi rivolti a comunità locali ed ecclesiali specifiche devono tenere conto sia dei bisogni e delle problematiche, sia delle risorse e potenzialità che quei territori esprimono. E’ un aspetto importante per non vanificare, depotenziare e frammentare l’efficacia degli interventi. L’analisi strutturale è una lettura sistematica di tipo sociale, economico e socio-demografico delle province colpite dal terremoto, con lo scopo di analizzare e individuare elementi strutturali per giungere alla definizione di linee progettuali prioritarie di sviluppo”.

Per questo suor Smerilli ha chiesto un cambiamento di mentalità nel costruire nuove comunità nei luoghi del terremoto: “Un cambiamento radicale, pensato e progettato sulla base di quanto già esiste in termini di nuova economia (un’economia a servizio dello sviluppo integrale dell’uomo, capace di generare inclusione e cooperazione, senso di appartenenza, costruendo territori in cui tutti gli attori sono responsabili e attivi), è forse l’unica possibilità per fronteggiare lo spopolamento dai territori colpiti dal terremoto e il loro conseguente abbandono, rilanciando gli stessi come modelli di rinascita e di capacità di resilienza.

Quando parliamo di vocazione di un territorio, non dobbiamo fare l’errore di guardare indietro e perpetuare quello che la tradizione ha stabilito in certi luoghi; bisogna invece avere il coraggio di partire dall’esistente e guardare con occhi di futuro, nella consapevolezza che lì dove bisogna ricominciare, forse, è più facile avviare qualcosa di nuovo, scommettendo sulla forza e sulla capacità di futuro di chi è stato duramente provato dalla vita e dalla terra”.

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