Il papa all’America Latina chiede cooperazione

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Nell’ultimo giorno di giugno papa Francesco ha ricevuto una delegazione dell’IILA, un organismo internazionale italo-latinoamericano che comprende Argentina, Bolivia, Brasile, Cile, Colombia, Costa Rica, Cuba, Ecuador, El Salvador, Guatemala, Haiti, Honduras, Italia, Messico, Nicaragua, Panama, Paraguay, Perù, Repubblica Dominicana, Uruguay e Venezuela e le cui finalità sono tra le altre la promozione dello sviluppo e l’assistenza tra i Paesi che lo compongono, in occasione del 50^ anniversario della nascita.

Per l’occasione il papa ha sottolineato i tre elementi che possono aiutare l’organizzazione. Per prima cosa l’individuazione delle potenzialità: “I paesi dell’America latina sono ricchi di storia, cultura, risorse naturali; inoltre la loro gente è «buona» e solidale con gli altri popoli. Ciò è stato comprovato in occasione delle recenti calamità naturali, per come si sono aiutati a vicenda, dando esempio a tutta la comunità internazionale.

Tutti questi valori sociali sono presenti, ma devono essere apprezzati e potenziati. Nonostante questi beni del continente, l’attuale crisi economica e sociale ha colpito la popolazione e ha prodotto l’incremento della povertà, della disoccupazione, della diseguaglianza sociale, come pure lo sfruttamento e l’abuso della nostra casa comune. E questo a un livello tale che non avremmo immaginato dieci anni fa.

Di fronte a questa situazione c’è bisogno di un’analisi che tenga conto della realtà delle persone concrete, la realtà del nostro popolo. Questo ci aiuterà a renderci conto delle necessità reali che esistono, come pure ad apprezzare la ricchezza che ogni persona e ogni popolo porta in sé”.

Il secondo aspetto riguarda il coordinamento per abbattere le disuguaglianze: “Davanti a un mondo globalizzato e sempre più complesso, l’America Latina deve unire gli sforzi per far fronte al fenomeno dell’emigrazione; e gran parte delle sue cause avrebbero potuto essere affrontate già da molto tempo, ma non è mai troppo tardi. L’emigrazione è sempre esistita, però negli ultimi anni si è incrementata in un modo mai visto prima.

La nostra gente, spinta dalla necessità, va in cerca di ‘nuove oasi’, dove poter trovare maggiore stabilità e un lavoro che garantisca maggiore dignità alla vita. Ma in questa ricerca, molte persone subiscono la violazione dei propri diritti; molti bambini e giovani sono vittime della tratta e sono sfruttati, o cadono nelle reti della criminalità e della violenza organizzata.

L’emigrazione è un dramma di divisione: si dividono le famiglie, i figli si separano dai genitori, si allontanano dalla terra d’origine, e gli stessi governi e i Paesi si dividono davanti a questa realtà. Occorre una politica congiunta di cooperazione per affrontare questo fenomeno. Non si tratta di cercare colpevoli e di eludere la responsabilità, ma tutti siamo chiamati a lavorare in maniera coordinata e congiunta”.

L’ultimo suggerimento riguarda la promozione, specialmente della ‘cultura del dialogo’: “I cittadini che hanno meno risorse sono i primi a notare la corruzione che esiste nei diversi strati sociali e la cattiva distribuzione delle ricchezze. So che molti Paesi lavorano e lottano per realizzare una società più giusta, promuovendo una cultura della legalità. La promozione del dialogo politico è essenziale, sia tra i diversi membri di questa Associazione, sia con i Paesi di altri continenti, in modo speciale con quelli dell’Europa, per i legami che li uniscono.

In questa collaborazione e in questo dialogo si colloca la diplomazia come strumento fondamentale e di solidarietà per raggiungere la pace. Il dialogo è indispensabile; ma non il ‘dialogo tra sordi’! Si richiede un atteggiamento recettivo che accolga suggerimenti e condivida aspirazioni. Capacità di ascolto. E’ uno scambio reciproco di fiducia, che sa che dall’altra parte c’è un fratello con la mano tesa per aiutare, che desidera il bene di entrambe le parti e vuole rafforzare i legami di fratellanza e amicizia per progredire su vie di giustizia e di pace”.

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