Il card. Parolin spiega l’attualità della Popolorum Progressio

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Per la chiusura dell’anno sociale dell’Accademia Olimpica di Vicenza il card. Pietro Parolin, segretario di stato vaticano, ha tenuto una lectio magistralis sul tema ‘La scommessa della fraternità: una riflessione a 50 anni dalla Populorum Progressio’, citando un episodio emblematico:

“Quando, nel 1519, il nostro concittadino Antonio Pigafetta, geografo, studioso di matematica e di astronomia, si trovava a Barcellona, al seguito del Nunzio Pontificio, mons. Francesco Chiericati, rimase affascinato dall’impresa della circumnavigazione del globo che Ferdinando Magellano stava organizzando. Così con l’appoggio del Rappresentante del Papa, ottenne da Carlo V il permesso di prendere parte alla spedizione.

La sua presenza sarà provvidenziale, perché dopo la morte di Magellano, avvenuta il 27 aprile 1521, nella battaglia di Mactan (nelle Filippine), insieme a una sessantina di superstiti, Pigafetta potrà portare a termine quell’incredibile impresa, dopo aver doppiato il Capo di Buona Speranza e giungendo a San Lucar presso Siviglia, il 6 settembre 1522. All’origine di quella straordinaria avventura, e di altre simili che la storia ha conosciuto, vi era un radicato atteggiamento di fiducia nella provvidenza di Dio, da una parte, e nelle capacità dell’uomo, dall’altra”.

Saltando alcuni secoli il segretario di stato ha elogiato il dinamismo culturale dei veneti: “In pari tempo, dal dinamismo culturale e dal patrimonio cristiano di queste terre si è sviluppata, nel corso dei secoli, una particolare attenzione per la promozione della persona umane per il suo inserimento in una comunità capace di garantirne i diritti e i doveri, rispettandone la dignità.

Una tale consapevolezza ha favorito la nascita di organizzazioni sociali di tipo solidale e cooperativo, che hanno lavora to con assiduità ad uno sviluppo sostenibile di questo territorio, specialmente per le fasce più deboli delle nostre comunità. Ciò è avvenuto ad ogni passaggio d’epoca: dal tempo della riforma agraria, a quello della rivoluzione industriale, fino al rilancio economico e finanziario del secondo dopoguerra”.

Ma quale è la sfida odierna a cui i cattolici sono chiamati? A tale domanda il card. Parolin ha riportato il discorso di papa Francesco ai membri della Global Foundation, il 13 gennaio scorso: “E’ inaccettabile, perché disumano, un sistema economico mondiale che scarta uomini, donne e bambini, per il fatto che questi sembrano non essere più utili ai criteri di redditività delle aziende o di altre organizzazioni.

Proprio questo scarto delle persone costituisce il regresso e la disumanizzazione di qualsiasi sistema politico ed economico: coloro che causano o che permettono lo scarto degli altri diventano essi stessi una macchina senza anima, accettando implicitamente il principio che anche loro, prima o poi, saranno scartati, quando non saranno più utili ad una società fondata meramente sull’idolo del dio denaro”.

Anche il papa san Giovanni Paolo II nel 1991 aveva la preoccupazione della diffusione dell’ideologia capitalistica: “Essa si sarebbe caratterizzata per il rifiuto di prendere in considerazione i fenomeni dell’emarginazione, dello sfruttamento e dell’alienazione umana, ignorando così le moltitudini che vivono ancora in condizioni di profonda miseria materiale e morale, ed affidandone fideisticamente la soluzione unicamente al libero sviluppo delle forze del mercato”.

Quindi la Chiesa è stata sempre attenta allo sviluppo armonico dei popoli, come è stato ben sottolineato dall’enciclica di papa Paolo VI, ‘Popolorum Progressio’: “L’osservazione di Paolo VI appare poi ancor più pertinente e profetica nell’attuale contesto planetario tanto variegato e complesso da imporre una riflessione approfondita sul significato e sulle caratteristiche di uno sviluppo che sia autenticamente umano…

Con questa enciclica, Papa Montini si colloca al culmine di un percorso, che aveva lungamente impegnato i precedenti Pontefici nell’affrontare i problemi sociali dell’epoca contemporanea, attraverso una serie di documenti che costituiscono il corpus di quella che chiamiamo comunemente Dottrina sociale della Chiesa”.

A distanza di 50 anni l’enciclica appare profetica nell’analisi della situazione: “Con la profonda lucidità di giudizio che lo ha sempre contraddistinto, Paolo VI enuclea le condizioni meno umane, che ostacolano uno sviluppo autentico, ovvero: la carenza di mezzi materiali e morali, le strutture oppressive, lo sfruttamento dei lavoratori e ‘l’ingiustizia delle transazioni’; e quelle più umane che lo facilitano”.

Ed alcuni anni dopo sempre papa Paolo VI scrisse la lettera apostolica ‘Octogesima adveniens’, in cui “il Beato Pontefice metterà ulteriormente in guardia da visioni utopistiche ed ideologiche di sviluppo, che non tengano conto della dimensione trascendente che contraddistingue l’essere umano. Di fronte ai progressi della tecnica, l’umanità ritiene di potersi facilmente affrancare da qualsiasi legame…

Alla parola fraternità, umana e soprannaturale, Paolo VI lega tre doveri: la solidarietà, la giustizia e la carità, che non rappresentano soltanto un atteggiamento virtuoso del singolo, né la regola di condotta dei rapporti interpersonali, ma vere e proprie ‘virtù sociali’, per la dimensione universale che le contraddistingue.

La solidarietà esige l’assistenza ai più deboli, ovvero che le nazioni più ricche aiutino quelle più povere; la giustizia, nella sua dimensione sociale, richiede relazioni commerciali eque fra i popoli in una cornice di parità fra i contraenti; mentre la carità nel suo respiro universale implica ‘la promozione di un mondo più umano per tutti, un mondo nel quale tutti abbiano qualcosa da dare e da ricevere, senza che il progresso degli uni costituisca un ostacolo allo sviluppo degli altri’… Nella prospettiva della fraternità comprendiamo allora il continuo richiamo di Papa Francesco a costruire ponti”.

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