Il papa invita il sindacato a lottare insieme

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‘Per la persona, per il lavoro’ è lo slogan scelto dalla Cisl per il suo XVIII Congresso il cui lungo percorso, avviato a novembre con i 1062 congressi delle federazioni territoriali di categoria, si è concluso a Roma il 1° luglio, rieleggendo come segretario generale Annamaria Furlan, la quale ha affermato:

“Questi anni sono stati caratterizzati da un disordine sociale, politico economico, ambientale che noi siamo chiamati a fare ordine riallacciando legami, recuperando quello che è stato scartato e trovando nuove strade che rispondano ai nuovi bisogni che sono l’unico modo per creare un modello sociale in antitesi con il modello nazionalista e populista che abbiamo davanti”.

Annamaria Furlan davanti alla platea dell’ultimo giorno di lavori congressuali, ha sottolineato le parole di papa Francesco: “Dobbiamo ripartire dalle solitudini che hanno caratterizzato la trasformazione del modello sociale oppure non riusciremo a fare ordine. Ripartire dunque dagli ultimi, come ci ha chiesto Papa Francesco. Le periferie esistenziali non sono luoghi lontani, basta guardarsi intorno: donne, pensionati, disoccupati, chi ha perso il lavoro ma anche chi ha paura di perderlo. Occuparsi degli ultimi significa essere tra di loro”.

Ed ha suggerito ‘un modello di comunità che si basa sul lavoro e sulla persona. Un modello di comunità di persone libere’: “La solitudine si manifesta in tanti modi. Non necessariamente perché si è soli. La solitudine della politica, la non capacità di avvertire i bisogni veri, porta anche la politica a ragionare con noi. Guardare ai bisogni degli ultimi che troviamo ogni giorno in questa società, ne sono un esempio le testimonianze rilasciate dalle tre magnifiche donne.

Nascere donna è una grande e inestimabile fortuna per tanti motivi ma soprattutto per uno: ti insegna a esternare i sentimenti e Stefania, Gloria e Lucia ci hanno fatto l’onore di trasmettere la loro esperienza portandoci ad impegnarci a togliere le donne da questo inferno. Un messaggio culturale forte, dunque, di cambiare questa società”.

Infatti nell’udienza ai partecipanti al congresso papa Francesco ha sottolineato il bel titolo: “Persona e lavoro sono due parole che possono e devono stare insieme. Perché se pensiamo e diciamo il lavoro senza la persona, il lavoro finisce per diventare qualcosa di disumano, che dimenticando le persone dimentica e smarrisce sé stesso. Ma se pensiamo la persona senza lavoro, diciamo qualcosa di parziale, di incompleto, perché la persona si realizza in pienezza quando diventa lavoratore, lavoratrice; perché l’individuo si fa persona quando si apre agli altri, alla vita sociale, quando fiorisce nel lavoro. La persona fiorisce nel lavoro.

Il lavoro è la forma più comune di cooperazione che l’umanità abbia generato nella sua storia. Ogni giorno milioni di persone cooperano semplicemente lavorando: educando i nostri bambini, azionando apparecchi meccanici, sbrigando pratiche in un ufficio… Il lavoro è una forma di amore civile: non è un amore romantico né sempre intenzionale, ma è un amore vero, autentico, che ci fa vivere e porta avanti il mondo”.

Il papa ha sottolineato che per ‘parlare’ di lavoro occorre saper apprezzare la cultura del ‘riposo’: “Per questo, insieme con il lavoro deve andare anche l’altra cultura. Perché la persona non è solo lavoro, perché non sempre lavoriamo, e non sempre dobbiamo lavorare. Da bambini non si lavora, e non si deve lavorare. Non lavoriamo quando siamo malati, non lavoriamo da vecchi. Ci sono molte persone che ancora non lavorano, o che non lavorano più.

Tutto questo è vero e conosciuto, ma va ricordato anche oggi, quando ci sono nel mondo ancora troppi bambini e ragazzi che lavorano e non studiano, mentre lo studio è il solo ‘lavoro’ buono dei bambini e dei ragazzi. E quando non sempre e non a tutti è riconosciuto il diritto a una giusta pensione – giusta perché né troppo povera né troppo ricca: le ‘pensioni d’oro’ sono un’offesa al lavoro non meno grave delle pensioni troppo povere, perché fanno sì che le diseguaglianze del tempo del lavoro diventino perenni.

O quando un lavoratore si ammala e viene scartato anche dal mondo del lavoro in nome dell’efficienza – e invece se una persona malata riesce, nei suoi limiti, ancora a lavorare, il lavoro svolge anche una funzione terapeutica: a volte si guarisce lavorando con gli altri, insieme agli altri, per gli altri”.

Inoltre ha sottolineato due parole importanti per il mondo del lavoro, profezia e innovazione: “La prima è la profezia, e riguarda la natura stessa del sindacato, la sua vocazione più vera. Il sindacato è espressione del profilo profetico della società. Il sindacato nasce e rinasce tutte le volte che, come i profeti biblici, dà voce a chi non ce l’ha, denuncia il povero ‘venduto per un paio di sandali’, smaschera i potenti che calpestano i diritti dei lavoratori più fragili, difende la causa dello straniero, degli ultimi, degli ‘scarti’…

Ma nelle nostre società capitalistiche avanzate il sindacato rischia di smarrire questa sua natura profetica, e diventare troppo simile alle istituzioni e ai poteri che invece dovrebbe criticare… Seconda sfida: l’innovazione. I profeti sono delle sentinelle, che vigilano nel loro posto di vedetta. Anche il sindacato deve vigilare sulle mura della città del lavoro, come sentinella che guarda e protegge chi è dentro la città del lavoro, ma che guarda e protegge anche chi è fuori delle mura.

Il sindacato non svolge la sua funzione essenziale di innovazione sociale se vigila soltanto su coloro che sono dentro, se protegge solo i diritti di chi lavora già o è in pensione. Questo va fatto, ma è metà del vostro lavoro. La vostra vocazione è anche proteggere chi i diritti non li ha ancora, gli esclusi dal lavoro che sono esclusi anche dai diritti e dalla democrazia”.

Infine ha invitato i delegati ad essere presenti nelle periferie: “Pensiamo al 40% dei giovani da 25 anni in giù, che non hanno lavoro. Qui. In Italia. E voi dovete lottare lì! Sono periferie esistenziali. Non lo vede lottare tra gli immigrati, i poveri, che sono sotto le mura della città; oppure non lo capisce semplicemente perché a volte, ma succede in ogni famiglia, la corruzione è entrata nel cuore di alcuni sindacalisti.

Non lasciatevi bloccare da questo. So che vi state impegnando già da tempo nelle direzioni giuste, specialmente con i migranti, con i giovani e con le donne… Abitare le periferie può diventare una strategia di azione, una priorità del sindacato di oggi e di domani. Non c’è una buona società senza un buon sindacato, e non c’è un sindacato buono che non rinasca ogni giorno nelle periferie, che non trasformi le pietre scartate dell’economia in pietre angolari. Sindacato è una bella parola che proviene dal greco ‘dike’, cioè giustizia, e ‘syn’, insieme: syn-dike, ‘giustizia insieme’. Non c’è giustizia insieme se non è insieme agli esclusi di oggi”.

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