Una nuova grande chiesa caldea ad Erbil

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Dal sito dell’arcidiocesi caldea di Erbil il patriarca della chiesa caldea, si apprende che negli ultimi giorni di giugno Mar Louis Raphael I Sako ha consacrato con una solenne celebrazione la chiesa dei santi Pietro e Paolo nel distretto di Mar Auda ad Ankawa, il sobborgo cristiano di Erbil.

Nell’omelia il patriarca Sako ha invitato i fedeli a rimanere in patria ed a preservare l’identità caldea nelle difficili circostanze che il paese sta vivendo, e che richiedono unità di intenti e voci e non visioni ristrette o sogni irrealizzabili. Il progetto della chiesa dei santi Pietro e Paolo include lo spazio per circa 1000 fedeli, 3 sale per attività diverse, gli uffici amministrativi, 24 aule da studio, giardini e spazi interni all’aperto.

E la situazione dei cristiani in Irak ha agitato nelle scorse settimane l’opinione pubblica americana, in quanto i vescovi statunitensi, in una lettera indirizzata al segretario per la Sicurezza interna, John Francis Kelly, sono intervenuti sul paventato rimpatrio forzato in Iraq, soprattutto dal Michigan e dal Tennessee, di numerosi cattolici caldei che si sono macchiati di crimini più o meno gravi e per i quali hanno già scontato le pene loro inflitte.

Il documento è firmato dal presidente dell’episcopato, l’arcivescovo di Galveston-Houston, card. Daniel N. DiNardo, insieme ai presuli responsabili della Commissione episcopale per le migrazioni, Joe Steve Vásquez, e del Comitato giustizia e pace internazionale, Oscar Cantú. Nel testo si esprime ‘grave preoccupazione’ per la sorte di alcuni cristiani, soprattutto cattolici caldei, che in Michigan e in Tennessee sono stati indicati come destinatari di provvedimenti di deportazione:

“La restituzione delle minoranze religiose all’Iraq, senza particolari piani di protezione, non sembra coerente con le nostre preoccupazioni riguardo al genocidio e alla persecuzione dei cristiani in Iraq”. Del resto anche il governo degli Stati Uniti riconosce ampiamente come in Iraq i cristiani, insieme a tutte le altre minoranze religiose, siano vittime di persecuzione, quando non di genocidio.

Una persecuzione ‘ben documentata’, hanno scritto i vescovi, i quali ricordano come il Congresso statunitense abbia espresso ‘profonda preoccupazione’ per la situazione dei cristiani in terra irachena. Tuttavia, nonostante un tale riconoscimento l’amministrazione statunitense sta lavorando per deportare decine di cristiani in Iraq esponendoli al rischio della persecuzione: “Per decenni molti di questi cristiani hanno cercato rifugio legale negli Stati Uniti. Come altri rifugiati provenienti da vari paesi, si sono integrati nelle comunità americane”.

I cristiani caldei costituiscono una parte integrante delle diverse realtà che formano l’Iraq al cui progresso hanno grandemente contribuito attraverso le numerose scuole ed istituzioni da essi dirette, il loro apporto culturale e le loro competenze spese lavorando con altri cristiani e con i musulmani per consolidare e supportare i valori della tolleranza, della cittadinanza e della coesistenza.

Purtroppo le ondate di emigrazione che si sono succedute hanno ridotto il numero dei caldei: la guerra tra Iraq e Iran, gli anni dell’embargo, la sconfitta e la caduta del regime, il loro essere bersaglio di violenza in particolar modo da parte prima di organizzazioni criminali e successivamente da parte delle bande del Da’esh hanno portato al loro sradicamento da Mosul e dalla Piana di Ninive nel 2014, processo a cui hanno contribuito forze esterne che li hanno incoraggiati e facilitati nell’emigrazione.

Oggi i caldei sono presenti in diverse aree dell’Iraq: Bassora, Nassiriya, Wasit, Amarah, Hilla, Baghdad, Baquba, Kirkuk, Sulemaniya, Kosanjak, Armutah, Shaqlawa, Erbil, Ankawa, Karamles, Mosul, Telkaif, Batnaya, Baqofa, Tellesqof, Sharfiye, Alqosh, Ayn Sifni, Janbour, Bandwaya, Dohuk, Zakho ed Aqra, oltre a 40 villaggi interamente da loro abitati.

Purtroppo è’ praticamente impossibile fornire dati riguardanti il numero dei caldei in Iraq e le statistiche sono incerte, in quanto i dati statistici del governo iracheno risalgono al 1987 e stimavano il numero dei cristiani in 1.262.000 persone, il 4% della intera popolazione, di cui un milione di caldei ed il resto appartenenti alle altre chiese.

William Khamo Warda nella sua dissertazione di laurea ‘Protezione Internazionale delle Minoranze Irachene’ ha indicato, citando il Ministero della Pianificazione, che secondo il censimento generale del 1997 i cristiani erano 1.400.000, e che secondo le stime americane il loro numero è sceso oggi a 500.000 persone. Nello stesso 1997 l’Annuario Pontificio ha pubblicato le statistiche riguardanti i cattolici nel mondo: Caldei a Baghdad: 150.500; battezzati: 2082.

Ad essi si aggiungono 2000 persone che vivevano allora ad Hilla, Habbaniya e Baquba. Caldei a Mosul 18.920; battezzati: 345. La chiesa Siro-Cattolica (la seconda per numero di fedeli) ha due diocesi: Baghdad e Mosul. A Baghdad vivevano nel 1997 23.900 fedeli siro-cattolici; battezzati 290; mentre a Mosul ce ne erano 27.800; battezzati: 692.

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