‘Sopravvivere a Sarajevo’, la cultura come arma di resistenza

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Tra il 1992 e il 1996 la città è stata assediata dai serbi: a distanza di 20 anni il collettivo di artisti bosniaci ‘Fama Collection’ ha raccolto in un libro, le strategie adottate dagli abitanti per mangiare, dormire, vivere, intitolato ‘Sopravivvere a Sarajevo’:

“L’obiettivo era annientare la cultura, lo spirito di meticciato che, da sempre, ha caratterizzato Sarajevo. Le conseguenze le viviamo ancora oggi”. L’opera che fa parte di un più ampio progetto culturale del gruppo di artisti bosniaci Fama, che racconta la sopravvivenza della città negli anni ’90: ““Quello era il tempo delle taniche, un tempo orribile. Si doveva andare al birrificio a prendere l’acqua. Era gelida, ti si congelavano le mani. Arrivavi a casa e non avevi niente con cui scaldarti.

Se ti porti in spalla secchi d’acqua da quattro o cinque litri arrivi a casa con la schiena fradicia. Con alcune cinture avevo fatto delle cinghie da usare per trasportare le taniche. Così la mia famiglia poteva portarne più di una alla volta”.

Durante l’assedio subito da Sarajevo tra il 1992 e il 1996, il gruppo ha raccolto fotografie, testimonianze, documenti con cui ha realizzato mostre, pubblicazioni e nel 1993, in pieno assedio, ha pubblicato ‘Sarajevo: survival guide’, una sorta di guida turistica ma declinata alla sopravvivenza nella città assediata. Nel 2013 è nato Fama Collection, un archivio multimediale che si cura della pubblicazione di libri e materiali audiovisivi sulla guerra nei Balcani.

Gli autori narrano le ‘peripezie’ compiute dalla gente pur di andare a vedere in quegli anni il documentario sulla città: “Abbiamo inaugurato il festival in tre teatri contemporaneamente. E’ durato dieci giorni: abbiamo presentato 40 film provenienti da tutto il mondo e ci sono stati circa 20.000 visitatori.

Abbiamo ricevuto il supporto di registi famosi a livello internazionale, che ci hanno inviato i loro film su Vhs. Abbiamo recuperato generatori e benzina per poter proiettare i film. La gente ha rischiato la vita affrontando gli spari dei cecchini per venire al cinema. Venivano in massa. C’era un’atmosfera incredibile”.

Tra il 5 aprile 1992 e il 29 febbraio 1996 la città di Sarajevo ha subito il più lungo assedio della storia contemporanea: 1.395 giorni senza luce, senza acqua né gas. Attorno alla città le truppe serbe guidate da Mladic e Karadzic aveva puntato contro Sarajevo 260 carri armati e 120 mortai: lungo un confine di 60 chilometri c’erano 35 pezzi di artiglieria per ogni chilometro.

Dal libro emerge chiaramente che la cultura è stata fondamentale per sopravvivere, come l’acqua e il pane: “Il libro non dà un’interpretazione univoca della guerra nei Balcani ma parte dalle persone, dalla resilienza che hanno mostrato per non soccombere e rimanere sani di mente in una situazione umana impossibile… Sono passati 26 anni dall’inizio nella guerra nei Balcani e credo che sia importante trasferire ai giovani la memoria collettiva di ciò che è stato, una memoria che si basi sul processo di riconciliazione come spiegano gli artisti di Fama”.

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