Centro Astalli: un altro mondo è necessario

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Martedì 11 aprile a Roma, è stato presentato il Rapporto Annuale 2017 del Centro Astalli dal suo presidente, padre Camillo Ripamonti, che ha tracciato una fotografia aggiornata sulle condizioni di richiedenti asilo e rifugiati che durante il 2016 si sono rivolti alla sede italiana del Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati usufruendo dei servizi di prima e seconda accoglienza che l’Associazione gestisce.

Il rapporto ha evidenziato che nello scorso anno sono sbarcate in Italia 181.436 persone, di cui 25.772 minori non accompagnati. Le richieste di protezione internazionale presentate nel nostro Paese nel corso dell’anno sono state 123.000: “Ormai tutti i richiedenti asilo allo sbarco vengono distribuiti in tutte le regioni d’Italia e il sistema di accoglienza nazionale ha registrato alla fine del 2016 un totale di presenze pari a 176.554 persone.

La maggior parte di questi posti però continua ad essere offerta da centri di accoglienza straordinaria (CAS) che non sempre prevedono lo stesso livello di servizi mirati all’integrazione e soprattutto non prevedono un coinvolgimento diretto dei Comuni in cui si trovano”. Allo stesso tempo il rapporto ha sottolineato che il percorso di chi arriva in Italia è sempre più difficile:

“Spesso incontriamo persone che, ritrovandosi escluse, per un motivo o per l’altro, dai percorsi ordinari per la domanda d’asilo e l’accoglienza, sono sempre più disorientate e faticano a trovare ascolto e risposta ai loro bisogni. L’accesso alla protezione è ostacolato da oggettive difficoltà di comprensione del funzionamento del sistema per le persone arrivate da poco e spesso gravemente traumatizzate, complicato dal fatto che le procedure amministrative continuano a non essere uniformi.

Alcune di esse, inoltre, sono cambiate, senza tener del tutto conto delle conseguenze per gli interessati: si pensi ad esempio all’introduzione di codici fiscali provvisori, che ostacolano l’iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale proprio ai richiedenti protezione internazionale, che ne hanno pienamente diritto e più di altri urgenza di usufruirne. Tra l’altro l’emersione della vulnerabilità nelle fasi della primissima accoglienza è sempre più difficile, a causa dei numeri elevati di arrivi simultanei e dell’organizzazione delle procedure immediatamente successive allo sbarco, che poco spazio lasciano all’attenzione individuale”.

Secondo il Centro Astalli sono sempre molti gli ostacoli che impediscono a richiedenti e titolari di protezione internazionale di fruire effettivamente di diritti che pure sarebbero loro garantiti per legge: “Uno dei primi scogli è l’iscrizione anagrafica, che rappresenta uno dei presupposti necessari per avviare e proseguire qualsiasi percorso d’inclusione sociale, poiché consente alle persone l’accesso effettivo ai diritti sociali.

Derivano dalla residenza diritti e servizi come l’assistenza sociale, l’iscrizione nelle liste per l’assegnazione dell’alloggio di edilizia pubblica, il rilascio della carta d’identità e di altre certificazioni anagrafiche necessarie, ad esempio, al conseguimento della patente o al ricongiungimento familiare.

Dispiace prendere atto che a Roma la Pubblica Amministrazione abbia intrapreso un percorso di revisione del sistema di iscrizione anagrafica delle persone senza dimora (categoria che comprende anche i molti che vivono in un alloggio irregolare o abusivo, in sub-affitto, in occupazioni o con rapporti di locazione non regolari) che rischia di escludere nel prossimo futuro molte più persone dall’effettivo esercizio del diritto di residenza”.

In conclusione tutte le attività realizzate nello scorso anno sono state possibili grazie all’impegno di 634 volontari, che ha permesso di servire un’utenza di 30.000 persone, di cui solo 15.000 a Roma, distribuendo 58.795 pasti ed accogliendo 909 persone, di cui 234 a Roma. Il presidente del Centro Astalli, p. Ripamonti, ha tratteggiato la situazione dei richiedenti asilo in Europa: “L’accordo con la Turchia, entrato in vigore circa un anno fa, blocca ormai quasi del tutto l’ingresso all’Europa ai migranti forzati, soprattutto siriani, che arrivavano attraverso il Mediterraneo orientale.

Nel corso del 2016 è stato più volte proposto come modello per analoghi accordi con i paesi dell’Africa, inclusa la Libia. Più in generale, appare sempre più evidente il clima di chiusura che caratterizza la riflessione sull’asilo nell’Unione Europea: anche quando non si preclude del tutto l’accesso dei richiedenti asilo al territorio, si tende comunque a ridurne sempre più la possibilità di movimento e, in una parola, la libertà”.

Inoltre ha ricordato l’attentato in Egitto ai danni dei cristiani: “Il mio pensiero va poi alle vittime degli atti di terrorismo che nei giorni scorsi hanno insanguinato la Svezia e l’Egitto, ma anche a quelle di tutti gli altri eventi di terrore che continuano ripetutamente a colpire persone innocenti in molte parti del mondo. Gli attacchi terroristici sono ugualmente tragici ovunque siano commessi e spesso sono la causa che porta i migranti a bussare alle nostre porte.

Oggi più che mai è doveroso ricordare che la logica del terrore non si combatte chiudendosi e mettendo tra parentesi quel senso di umanità che è invece alla base di un futuro di pace a cui tutti abbiamo diritto”. Infine mons. Galantino ha ripreso le parole di papa Benedetto XVI e di papa Francesco, affermando che le migrazioni sono ‘segno dei tempi’:

“L’Italia, nel contesto europeo, mentre vede rallentare drasticamente la migrazione economica, fattore di sviluppo e di crescita fondamentale nel nostro Paese, con il ritorno di una emigrazione giovanile che ha superato le 100.000 persone, ha visto ancora nel 2015 e nel 2016, un flusso considerevole di migranti forzati arrivare in particolare sulle coste e nei porti della Sicilia, ma anche della Calabria, della Puglia e della Campania, in Sardegna, superiore nel 2016 del 18% rispetto al 2015. Infatti, nel 2014 sono arrivate 170.100 persone, mentre nel 2015 153.842 persone, nel 2016, fino al 31 dicembre, 181.000 persone”.

E quindi ha sottolineato anche il ‘grande movimento solidale’ per l’accoglienza sviluppatosi a seguito dell’emissione del Vademecum dei Vescovi italiani: “Al 1 giugno 2016, il numero totale degli accolti nelle quattro tipologie di strutture-realtà è di 23201. Di queste, 14358 (62%) sono ospitate nelle 714 strutture ecclesiali di prima accoglienza, 3914 (17%) nelle 257 strutture impegnate nella seconda accoglienza, 4596 (20%) in 473 parrocchie e 333 (2%) nelle 159 famiglie resesi disponili a rispondere all’appello di papa Francesco dello scorso settembre.

L’analisi della presenza degli accolti nelle 4 aree geografiche (nord, centro, sud e isole) ha permesso di calcolare la percentuale degli accolti nelle quattro tipologie di realtà/strutture, per cui i CAS del nord accolgono il 36% delle persone, quelli del centro l’11%, quelli del sud 13%, e quelli delle isole il 2%. Le strutture di seconda accoglienza accolgono a nord l’7% delle persone, al centro il3%, al sud il 4% e nelle isole il 3%. Le parrocchie accolgono a nord l’11% dei beneficiari, al centro l’1%, al sud il 2% e nelle isole il 5%”.

Il rapporto del Centro Astalli è stato dedicato ad Anthony, un giovane rifugiato del Kenya che si è tolto la vita alcune settimane fa, che nella sua lettera di addio aveva scritto: “La vita di un rifugiato non è semplice. Le sfide sono molte, tra cui la mancanza di lavoro, di una casa e della documentazione necessaria. Per me, la cosa peggiore è la sensazione di non appartenenza, di non essere umano. Quando sei un rifugiato, ti aggrappi ogni giorno alla speranza che domani sarà meglio di ieri”.

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